Per degli episodi risalenti al 9 aprile 2009, a più di 5 anni di distanza, è cominciato il processo a venti persone per gli scontri durante Reyer Venezia-Crabs Rimini, gara che all’epoca si giocava nel contesto del campionato di LegaDue di Basket. Il bello è che il giudice monocratico di Venezia ha stabilito subito un altro rinvio al 24 novembre prossimo. Quando si dice cominciare bene.
In barba alla giustizia che avanza così lentamente, con responsabilità ed estraneità ai fatti tutte da dimostrare, tanto per l’accusa che per la difesa, ovviamente i venti rinviati a giudizio sono immediatamente stati sottoposti a daspo, fin dai giorni successivi a quegli incidenti. Dunque anche se qualcuno dimostrerà la sua totale innocenza di fronte alle accuse mossegli, avrà comunque già scontato il proprio provvedimento di interdizione dalle manifestazioni sportive. È questa l’assurdità e l’anomalia tutta italiana, la grave sospensione dei diritti Costituzionali che, invece, sancirebbero la presunta innocenza fino a prova contraria. Tutto, ovviamente, senza che nessun politico, salottiero da tv o presunto difensore della democrazia nemmeno si interroghi su ciò, tanto se non si tocca i loro padroni o amichetti di merenda, piuttosto che di partito, non interessa a nessuno. Così, a partire dalle erosioni su erosioni ai diritti dei “folk devils”, degli indifendibili ultras o affini, poi passano a negare altri diritti ad altre categorie sociali e la cosa sembrerà ormai normale, quasi un’abitudine.
Ad ogni buon conto, giusto per tornare alla notizia in sé, al netto delle versioni della stampa locale che si profonde in giudizi morali e sembra sapere già tutto di un processo non ancora celebrato, curioso il fatto che il coinvolgimento in questi scontri travalichi i confini della pallacanestro per includere anche il calcio, visto che i tre veneziani a cui è stata notificata la sanzione amministrativa precedente al processo (nonché “sputtanati” con nome e cognome sui giornali manco fossero destinatari di una condanna definitiva per narcotraffico o pedofilia) sono riconducibili ai “Gate 22”, disciolto gruppo allora al seguito della squadra di calcio; stesso discorso per diversi dei 17 riminesi, anche loro legati agli ultras al seguito della compagine calcistica romagnola. In verità il dato risulta singolare soprattutto per i lettori meno informati delle due realtà che, da sempre, hanno avuto forti contiguità tra i movimenti ultras cittadini del basket e del calcio. In entrambe le fazioni vi erano soggetti già sottoposti a daspo, ma limitatamente alle gare di calcio, cosa che ha permesso loro di muoversi liberamente in quel frangente ma, al contempo, è costato loro un maggior dazio da pagare in termini di anni di diffida piuttosto che in obbligo di firma.
Ovviamente cercheremo di restare aggiornati e di aggiornarvi sui fatti, anche se di questo passo rischieremo di parlare di storia antica e reperti fossili allorquando i giudici saranno stati in grado di compiere il loro lavoro. Un processo così lungo, non sarebbe già di per sé una negazione della giustizia e dello stato di diritto? Domanda retorica, come sopra: le leggi in questo paese si riscrivono o si interpretano per gli amici, si applicano per tutti gli altri figli di nessuno. O addirittura si inaspriscono pure: aspettiamo Alfano e il suo pacchetto di leggi che ricalcano altre leggi già esistenti, per ulteriore conferma.
Matteo Falcone.