Il mitico Serafino, al secolo Giuseppe Serafini, con indosso la maglia della nostra Nazionale, che posa per una foto-ricordo con altri tifosi. Serafino – col suo faccione e la sua inconfondibile stazza, arrivò a pesare anche 200 chili! – è stato uno dei personaggi più folkloristici del nostro Paese lungo tutti gli Anni ’70 e non v’era nessuno (soprattutto tra gli adepti del Pallone) che non lo conoscesse: se qualcuno di voi non ne ha mai sentito parlare, chieda a suo padre. Serafino fu una sorta di “el Bombo” ante litteram, in un’epoca in cui il turismo sportivo (che oggi pare essere diventato una moda) era di là da venire. Il Nostro si spostava al seguito della squadra azzurra (con la RAI che non lesinava divertite inquadrature e primi piani) ed era sempre presente nelle partite di cartello del massimo campionato oltre che naturalmente nelle Coppe europee, e nelle finali qualora l’occasione fosse stata storica e imperdibile. Fu il primo ad esercitare, realmente, la professione di “tifoso”, anche sulla scorta di collette e inviti a pranzo e cena che non mancarono mai. Venne addirittura assoldato dalla squadra rosanero del Palermo (nella persona del presidentissimo Renzo Barbera) per risollevare l’umore e lo spirito dei tifosi delle aquile siciliane in un periodo in cui il Movimento Ultras italiano conosceva i suoi primi e più significativi vagiti. Serafino era un vero spasso, con la sua contagiosa allegria rappresentava lo spettacolo nello spettacolo e la sua figura va ad inserirsi perfettamente in un contesto socio-sportivo paradigma di un’epoca senz’altro più genuina e spensierata. Lo ricordo anch’io, seppur fossi molto piccolo e dunque i ricordi siano abbastanza e per forza di cose sfocati. La sua notorietà lo portò ad essere invitato ad ogni incontro di cartello, anche in Serie B e nelle serie minori, tanto da assurgere ad evento nell’evento; addirittura ebbe l’onore d’una “caricatura” nell’album Calciatori Panini edizione ’74-75. Mi ricordo di lui in una partita di cartello del Campobasso a cui assistetti, piccolissimo, portato da mio padre (non saprei dire l’anno, comunque fine-Anni ’70 e di sicuro la vecchia Serie C1) e di come si parlasse della sua presenza al vecchio stadio Romagnoli come qualcosa di sensazionale. “Oh, c’è pure Serafino!” mormorava entusiasta e divertita la folla, ed era come se dicesse “Oh, c’è pure la Madonna!”… All’epoca bastava poco per divertirsi e per sentirsi – adulti e bambini – parte integrante d’un mondo calciofilo scevro di qualsivoglia limitazione, quando un personaggio come Serafino univa (seppur a livello smaccatamente folkloristico e festaiolo) le persone… Sono altresì convinto che se si verificasse oggi un fenomeno del genere, subito troveremmo il modo di dividerci e criticare, in un’epoca, la nostra, in cui tra TV spazzatura e social network si piange e diventa argomento di discussione anche la morte di una zanzara. Furono quegli Anni ’70, insieme al decennio successivo, tra i più belli del nostro sport preferito, sotto ogni frangente. Serafino: poesia e malinconia d’un Calcio al contempo perduto e immortale che mi considero fortunato nel poter anche solo ricordare.

Luca “Baffo” Gigli.