Arrivo con qualche mese di ritardo, sperando tuttavia di fare un piacere agli amanti del genere “estero”.

La mia breve sortita ceca per assistere a Viktoria Plzen-Roma mi regala l’opportunità di fare doppietta, mettendo per la prima volta piede all’Eden Arena di Praga, dove si svolgerà l’ultima partita del Girone E dell’Europa League tra lo Slavia e lo Zenit, con i praghesi bisognosi di un successo per suggellare il passaggio del turno al cospetto di una compagine russa già qualificata come prima.

È una sfida tra gente dell’Est e questo, già di suo, la rende un interessante mix di ingredienti piccanti. Non è una sorpresa, dunque, la scena che vedo arrivando nei pressi dello stadio: un gruppetto di supporter russi, forse sbagliando strada, viene accerchiato da alcuni tifosi locali. Ne nasce una piccola rissa, sedata dalla polizia qualche istante più tardi.

La veste esterna dell’Eden Arena ha un aspetto alquanto asettico, fatto salvo per la presenza del negozio di Tribuna Sever (Tribuna Nord), quello degli ultras locali. Come succede in molti stadi dell’Est, infatti, il tifo organizzato gestisce uno store parallelo a quello del club, impensabile da noi visti quali sono generalmente i rapporti tra club e ultras. Non è una caso che in Italia si sia sempre preferito il baracchino all’esterno della curva, salvo rari casi. Tra l’altro anche la quantità di merce venduta è ben differente, tanto che non penso di avanzare una grande illazione affermando che a queste latitudini riescano anche ad alzarci bei soldini.

La nuova Eden Arena è stata aperta al pubblico nel 2008, al termine di un percorso a dir poco sofferto, che ha visto lo Slavia peregrinare in vari impianti cittadini per quasi mezzo secolo.

In origine l’impianto dei Sešívaní (i cucitori) era quello ubicato nella zona di Letnà, attualmente ancora utilizzato dallo Sparta. Nel 1950 il club lo abbandonò, spostandosi nel nuovo Stadio Eden, in zona Vršovice. Vent’anni più tardi si cominciò a parlare della costruzione di una nuova casa per lo Slavia, da erigere nello stesso luogo della precedente. I lavori iniziarono solo nel 1990, mentre dal 1989 la società si era momentaneamente trasferita al Ďolíček, stadio del Bohemians.

Il crollo del socialismo, con la Rivoluzione di Velluto che investì l’ex Cecoslovacchia dando il la alla costruzione di nuovi equilibri geopolitici, rallentò moltissimo l’opera e lo Slavia fu costretto a un ulteriore trasloco temporaneo, presso lo Stadio Evžen Rošický, una struttura polivalente situata sulla collina di Petřín, raggiungibile con una funicolare. Un impianto dalla capienza sufficiente ma scomodo per l’afflusso dei tifosi, con una ingombrante pista d’atletica e distante – anche e soprattutto a livello sentimentale – dalla zona e dal campo che per decenni aveva visto le gesta del club biancorosso.

Nel frattempo i lavori del nuovo stadio Eden vennero completamente annullati e lo Slavia tornò presso il vecchio impianto, dovendo sostituire la vecchia tribuna orientale abbattuta nel 1989 con una struttura provvisoria. Nel 2000 la struttura fu dichiarata inagibile e i Sešívaní  dovettero tornare a
Petřín. Tre anni più tardi il vecchio Eden venne totalmente abbattuto e solo nel 2006 i lavori per la costruzione di un nuovo impianto riuscirono a partire, terminando nel 2008, anno in cui l’attuale casa dello Slavia venne inaugurata con una partita tra vecchie glorie e studenti di Oxford.

Con i suoi 13 campionati cecoslovacchi e i 4 campionati cechi conquistati, i biancorossi sono il secondo club più titolato del Paese, dopo lo Sparta. Una rivalità che affonda le radici alle origini del calcio nazionale e che dà vita al match più sentito della Repubblica Ceca.

L’Eden Arena al suo interno appare come un impianto basico, senza troppe esagerazioni stilistiche o pacchiani giochi di colori sulle gradinate. I seggiolini, tutti rossi, restituiscono una bella immagine di compattezza e con l’avvicinarsi del calcio d’inizio le gradinate vanno man mano riempiendosi.

Così come il settore ospiti, che alla fine farà registrare quasi il tutto esaurito. Un ottimo dato se si pensa alla distanza, ai costi del viaggio e all’importanza – tutt’altro che fondamentale – del risultato per lo Zenit.

Più di qualche tifoso ospite staziona nei settori adiacenti a quello ospite, seguendo la gara in piedi e creando qualche problemino con i vicini praghesi al momento dei due gol dello Slavia. I supporter di San Pietroburgo, infatti, non sembrano apprezzare le scene di giubilo dei dirimpettai e in tutta risposta decidono di dar luogo alle proprie rimostranze. Serviranno vari interventi degli steward per sedare gli animi.

Effettivamente anche gli occupanti del settore ospiti sembrano avere un po’ di prurito alle mani, considerando la quantità di seggiolini staccati e lanciati in campo senza nessun motivo valido. Proprio per il gusto di farlo.

Al contempo va però sottolineata la loro bella prestazione corale. Per tutti i 90′ gli ultras dello Zenit danno vita davvero a un bel tifo: tante manate, un paio di sciarpate e voce tenuta sempre in alto. Sicuramente la miglior tifoseria russa vista da me all’opera sinora. Come da tradizione, tantissimi sono i canti nazionalisti, tra cui distinguo chiaramente la celebre “Katiuscia”, celebre brano sovietico composto durante la Seconda Guerra Mondiale (che in realtà per i Russi è la Grande Guerra Patriottica) e dedicato a una fantomatica ragazza (Katiuscia, per l’appunto) che attende il ritorno del suo uomo al fronte.

Sì, lo so che per noi suona come una contraddizione: i nazionalisti che cantano una canzone sovietica (da noi la stessa base è utilizzata per un’aria sinistrorsa come “Fischia il vento”). Ma già in passato, parlando degli ultras dello Spartak con le effigi di Lenin, spiegai come per i russi le cose siano un po’ diverse e collochino queste icone tra quelle dei padri della Nazione.

E la curva dello Slavia? Beh, occorre dire che il movimento ultras ceco non è di sicuro tra i più fiorenti d’Europa. Anche se le realtà praghesi, per ovvie ragioni, rappresentano forse la sua migliore espressione.

Il blocco centrale della Tribuna Sever sostiene tutto sommato in maniera continua la squadra, mettendosi in mostra con qualche torcia ai gol e con una bella coreografia nel secondo tempo. La passione e la tradizione che questa squadra incarna nella Capitale ceca sono ovviamente un fattore determinante per riscaldare le gradinate e l’esultanza finale, con la squadra a festeggiare il passaggio del turno sotto la curva, è davvero bella a vedersi.

Immortalate le ultime scene di giubilo, nonché l’abbraccio tra lo Zenit e il suo popolo in versione trasferta, posso riporre la macchinetta, restituire la pettorina e dirigermi verso il tram che mi riporterà al centro della bellissima Praga.

Fa freddo ma c’è ancora voglia e tempo per una piccola passeggiata lungo la Moldova, da dove si possono osservare i magici contorni illuminati di questa città.

Simone Meloni