Sono sempre stato convinto che i libri di storia e le visite guidate non siano sufficienti per inquadrare a fondo un popolo. Se, infatti, di un determinato territorio, se ne vogliono decifrare gli usi, i costumi e la simbologia, a mio avviso, è sempre consigliato frequentare lo stadio di quel posto, in quanto esso, soprattutto nei settori popolari, rappresenta l’agglomerazione più naturale di tutte le culture e sottoculture createsi nel corso degli anni.

Trovandomi così in vacanza nei Paesi Baschi, la mia attenzione, non può che non concentrasi sull’atteso match tra l’Athletic Bilabo e l’Atlètico Madrid. Tralasciando i particolari puramente calcistici, come i nomi o il valore dei diversi campioni presenti sul rettangolo di gioco, da un’analisi a trecentosessanta gradi del match, riesco ad apprendere diversi aspetti culturali, politici e storici di notevole importanza.

L’Athletic Bilbao, infatti, è una società completamente radicata con il suo territorio e con la sua gente e rappresenta forse il vanto più grande nella lotta per l’indipendentismo basco. Per tutte le ore che precedono dell’incontro, non c’è un balcone, un bar o un ristorante della città che non esibisca con orgoglio i vessilli dell’Euskadi. Tutti i quartieri della città, si riempiono a poco a poco di gente di ogni età ed estrazione sociale, rigorosamente dotati di maglia e sciarpa del club.

Quella con l’Atletico Madrid, poi è una partita del tutto particolare, per due ordine di fattori: primo perché il club madrileno nacque agli inizi del 900’ per mano di studenti baschi che ne fecero una società satellite del club di Bilbao; secondo, poi, ma non per ordine di importanza, perché  il periodo di resurrezione dei colchoneros, è stato rappresentato, in piena epoca franchista, dalla fusione con la squadra dell’Aviazione Militare di Madrid. L’undici di Simeone, quindi viene identificato dai tifosi baschi come un qualcosa che rappresenta uno stretto legame con quel Generalissimo Franco che provò in ogni modo e maniera a creare una Spagna unica ed unita, sopprimendo le pretese di indipendenza delle autonomie locali.

Giunto all’esterno dello stadio, scruto subito le differenze con il “sistema calcio italiano”; non esistono, infatti, le famose zone di prefiltraggio e la biglietteria è regolarmente aperta fino al fischio di inizio, con la possibilità di acquistare il tagliando di ingresso senza fornire alcun documento o dato anagrafico.

Una volta entrato, individuo subito i gruppi organizzati locali, che prenderanno posto nella parte in basse a sinistra della Curva Nord, i Piratek e la più famigerata Herri Norte, tifoseria contraddistinta da una dichiarata lotta ad ogni forma di razzismo e fascismo. L’ingresso delle squadre, sarà accompagnato da una sciarpata alla quale parteciperanno tutti i 50.000 mila spettatori presenti e dall’esposizione di uno striscione molto significativo: “Solo hay un Athletic y es el di Bilbao” (C’è solo un Atletico ed è quello di Bilbao”).

Sul fonte opposto, purtroppo resto deluso dall’assenza del Frente Atletico Madrid, frangia notoriamente legata all’estrema destra nazionalista. La presenta ospite sarà così rappresentata da poche decine di spettatori non appartenenti ai gruppi organizzati.

Chiedendo un po’ in giro e studiando anche la loro fanpage ufficiale, apprendo che sussiste una dura contestazione nei confronti del Presidente Cereo, reo, a loro avviso, di voler sostituire lo scudo storico dell’Atlètico con uno stilizzato, frutto del calcio moderno, che tutto dimentica e tutto cancella.

Il tifo che posso documentare è un concetto molto diverso dal nostro: infatti, mentre tre bandieroni, di grande e pregevole fattura, vengono sventolati per tutta la partita, i cori sono sporadici e molto secchi, essendo lanciati talvolta anche dagli altri settori dello stadio, così come sono quasi assenti i battimani. Sotto questo aspetto, resto dell’idea che molte partite dilettantesche del calcio italiano offrano emozioni ed un impatto più rilevante.

Giorgio Germani.