È una storia di intrecci, di destini, di esultanze e di ricordi. Sintetizzare Spal-Frosinone in un semplice aforisma significherebbe esattamente narrare e romanzare questi elementi. Tempo fa scrissi un articolo proprio sulla compagine ferrarese, ricordando il mio strano rapporto con essa. Un rapporto figlio dell’album Panini, di quello “strano” nome per un ragazzino alle prime armi con il calcio e di quello stemma che al centro vedeva un cerbiatto zompettante. Curioso come a distanza di due decenni i biancazzurri incappino ultimamente spesso nel mio cammino. Ma l’ho detto, è una storia di destini. È al fato non si può controbattere, né dire di “no”.
Il presidente Walter Mattioli – specie protetta nel pallone dei Lotito e degli Zamparini, ma anche degli Agnelli e dei Pallotta – sembra quasi approfittare del caldo sole primaverile mentre sfila sul manto verde del Paolo Mazza. La prima giornata di ora legale sembra esser capitata appositamente di concerto con questa sfida fondamentale per il campionato delle due formazioni e il numero uno spallino vuol festeggiarla con l’ennesima passerella da offrire a chi negli anni ha reso grande il club.
“E dai Mezzini facci un gol, la Curva Ovest te lo chiede in coro” è il motivetto che risuona al passaggio sotto al settore popolare di Massimo Mezzini, uno che da queste parti ricordano come rapace bomber sotto la guida dell’indimenticato Gibì Fabbi. Storia e leggenda del calcio italiano. Padre spirituale di molti calciofili che con le sue immagini, le sue espressioni e la sua signorilità sono cresciuti interpretando il pallone come una religione e innamorandosi dei suoi colori e dei suoi odori. Mezzini attualmente è il secondo di Marino, proprio al Frosinone. “Un incrocio di destini, in una strana storia” avrebbe detto De Gregori nella sua “Il bandito e il campione”.
Anche Giorgio Zamuner è legato alla storia degli estensi per il campionato 1991/1992, quello che sancì il doppio salto dalla C2 alla cadetteria e anche per lui scrosciano gli applausi. Questa di deliziare i tifosi con vecchie glorie è un’idea che trovo intelligente, oltre che nostalgicamente bella. Dà l’opportunità a intere generazioni di venire a contatto. Regala la chance al nonno di raccontare al nipote chi sia stato questo o quell’altro giocatore, permettendo alla storia e alla tradizione calcistica di tramandarsi. Si abusa spesso della frase “di padre in figlio”, si dovrebbe fare di più affinché ogni società la facesse sua con iniziative a tema. Un tifoso che non conosce la propria storia rischia di essere soltanto un punto marginale del puzzle che dovrebbe comporre un quadro colorato, bello e unico a rappresentanza di ogni squadra italiana.
Le ore di sonno sulle mie spalle sono ovviamente poche, anche se il solito viaggio in pullman non mi ha sfiancato più di tanto (sarà l’abitudine). Prima di accedere allo stadio posso concedermi un giro per la bella Ferrara. Una città che trabocca di vita, storia e cultura. E – quest’oggi – di sciarpe giallazzurre. Sì, perché il pubblico ciociaro ha voluto rispondere “presente” all’appello, staccando quasi tutti i 1.100 biglietti messi a disposizione per il settore ospiti. Quello numerico – va detto per onestà – è un aspetto che lontano dal Matusa ha un po’ caratterizzato in negativo i laziali negli ultimi anni, ma oggi la presenza è di quelle che passeranno agli annali nella storia recente del Frosinone. Complice anche il fatto che la partita si disputi di domenica (quando ci parlano delle famiglie allo stadio, di voler riempire le gradinate e di altre simili amenità si ricordassero bene che anche un giorno come il sabato è penalizzante per il tifoso).
La Serie B è – in ordine di importanza – il primo spot per il nostro calcio. C’è poco da fare.
Signore, signori, anziani e ragazzi uniscono le proprie camminate verso lo stadio. Diversi angoli della città sono imbandierati e tutto ad un tratto la “spallite acuta” sembra aver nuovamente fatto breccia nel cuore dei ferraresi. Sì, ok, i tifosi occasionali stanno ad ogni latitudine e in ogni dove. Ma si capisce che c’è anche altro. La Società Polisportiva Ars et Labor è radicata nel territorio e rientra – di fatto – nella cultura popolare. Come il Castello. Come gli Estensi. La Spal ha dato notorietà a Ferrara. Pensate che io abbia conosciuto prima la squadra o la città? Domanda superflua. Risposta ancor più inutile. Il “pallonaro” è così. Ignorante per vocazione, culturalmente erudito per necessità.
Le stradine che circondano il Mazza fanno fatica a contenere la moltitudine di persone che girovagano entusiaste. Per l’occasione una parte della Gradinata è stata “addirittura” riaperta. Ottocento posti polverizzati dopo poche ore, con tanto di file cominciate la notte prima. Insomma, per qualcuno sarà anche una moda (come avviene un po’ dappertutto in questi casi) ma si fa fatica a non ammettere che a molti – probabilmente – è bastato solo l’input giusto. Io credo che non vadano biasimati. Se usciamo un secondo dalla “logica ultras” comprendiamo quanto i risultati abbiano incidenza nel seguito. È così ovunque, soprattutto in un’epoca come la nostra, dove la visione dello stadio come “sfogatoio” è andata man mano scemando e tanti cervelli sono stati assorbiti da altre discutibili priorità che la società ci offre.
Spal-Frosinone potrebbe valere uno spicchio di Serie A. Anche in virtù del pareggio maturato al Bentegodi tra Verona e Pisa nell’anticipo. Un “pensiero stupendo” a cui neanche il più ottimista dei tifosi spallini si sarebbe mai avvicinato fino a qualche mese fa. Un obiettivo, chiaro e dichiarato, per i giallazzurri. Figlio di una programmazione e di una società che ormai da anni è riuscita a imporre il proprio modo di fare calcio scalando la piramide calcistica senza fretta ma con costanza. Tassello dopo tassello: il miglior modo forse per non essere risucchiati da questo buco nero (soprattutto economicamente) rappresentato dal calcio italiano. Per questo è una partita dalle tante sfaccettature.
“Grida insieme a noi, la nostra fede è grande come il sole” dice un coro della Curva Ovest. È un invito che in questa stagione hanno raccolto in tanti. Ed è un invito che viene rilanciato da tutti quei cartoncini poggiati sui seggiolini dell’intero stadio. Il Mazza dovrà realizzare una coreografia: tutti e tre i settori popolati da tifosi. Lo anticipo subito: la riuscita sarà pressoché perfetta, davvero poco da dire. Un colpo d’occhio eccezionale e stilisticamente gagliardo. La fumogenata che seguirà sarà l’epilogo naturale a cotanta bellezza scenografica. Promossi a pieni voti. Puntuale e battenti come i tamburi che per oltre novanta minuti ne scandiranno i cori trascinandosi dietro il battito di mani di tutti i presenti.
Per completare una giornata così intensa però c’è bisogno anche dell’ultimo elemento che a mio modo di vedere rende una sfida tra ventidue giocatori una partita di calcio: la tifoseria ospite. Abbiamo già detto dell’esodo frusinate in terra emiliana. Si dispongono nella tribuna che attualmente costituisce il settore ospiti facendo subito sfoggio dei proprio bandieroni. Sì, è vero, tra loro mancano storici marchi del tifo ciociaro come Vecchio Leone e Uber Alles (i quali non hanno aderito alla tessera del tifoso) e questo influisce nella moria numerica di cui sopra, ma in occasioni come queste il senso di appartenenza e l’entusiasmo riescono a far emergere l’attitudine al tifo di gente che comunque ha un concetto di stadio fortunatamente ancora indietro di qualche anno. Un concetto che spinge a sostenere gli undici in campo non solo dalla curva ma anche dagli altri settori. E, di conseguenza, chi solitamente al Matusa occupa i Distinti o le Tribune Laterali oggi si apposta gomito a gomito con gli ultras, sposandone gli sforzi per far cantare e contribuendo al bello spettacolo che si consuma anche da parte ciociara. L’unione fa la forza, mi pare chiaro.
Rifletto, guardo e faccio le mie considerazioni mentre le squadre scendono in campo. Se la tifoseria di casa mette in scena uno spettacolo coreografico impeccabile, anche nel settore ospiti fa capolino una coreografia ben pensata: bandierine e telone. Semplice ma d’effetto. Sfido chiunque a trovare partite di Serie A con una simile cornice di pubblico. E quando parlo di “cornice” non intendo solo spettatori passivi intenti a guardare Diretta.it o commentare la fase di transizione di questo o quall’altro giocatore, ma persone che prendono attivamente parte allo spettacolo. Ecco, se questo cercavate benvenuti a Spal-Frosinone.
Ammetto che non amo molto fare la cronaca del tifo. Si rischiano di dire sempre le stesse cose senza mai dare spunti nuovi e fuori dagli schemi. Tuttavia se devo commentare la prestazione ferrarese posso soltanto dire che è difficile trovarle pecche; possibilmente la Ovest è andata anche meglio dell’ultima volta che la vidi, contro l’Avellino. Gli ultras vengono seguiti a menadito, quasi come profeti. La cosa è davvero bella a vedersi. In alcuni casi anche le tribune cantano i cori partiti dalla curva e pure sullo 0-2 nessuno si sogna di serrare le ugole e disperarsi. Si potrà dire: “Beh, vedi un po’. Secondi in B dopo oltre quarant’anni, ci mancherebbe che non cantano”. Ok, posso anche essere d’accordo. Ma non è così scontato. Pensiamo a squadre che fanno la Serie A e debbono taroccare i dati sull’affluenza al “proprio” stadio per raccontare una verità che non esiste, oppure a tifoserie che non riuscirebbero a svegliarsi dal proprio torpore neanche se arrivassero in finale di Champions League.
Se su fronte ferrarese le “hit” dell’anno come “Amarti ancora” rimbombano poderose, nel settore ospiti ci si dà un gran da fare per non venir sopraffatti. Ed il risultato è buono. Incentivato ancor più nel secondo tempo dalle due reti di Ariaudo e Ciofani che fanno letteralmente impazzire di gioia il pubblico giallazzurro, che corona la bella giornata con la classica sciarpata.
La sconfitta non sembra minimamente scalfire i sogni spallini. La Ovest chiama a gran voce i giocatori sotto al settore per ringraziarli e incitarli ancora. Sebbene i festeggiamenti siano tutti per i tifosi del Frosinone. Tre punti importantissimi, che potrebbero incidere molto nell’economia del finale di questo campionato e che rendono dolcemente allegra la strada del ritorno.
Ancora fa fatica a svuotarsi il Mazza. Ancora giovani e anziani si godono le gradinate prima di tornarsene a casa. Il calcio è cambiato molto e rivedere anche solo per trenta secondi l’emozioni stampate sui volti degli anziani tifosi è una gioia incommensurabile. Tutto cozza tremendamente con quella litania che viene propagata dagli altoparlanti prima della partita: “È vietato questo, è vietato quell’altro, i trasgressori verranno puniti col Daspo…”.
Chi ha ancora un minimo di libertà d’azione e di tifo la sfrutti per rendere gli stadi degli impareggiabili teatri di folklore e passione.
Simone Meloni