Si gioca di venerdì pomeriggio al “Manuzzi” la gara tra il Cesena e la Ternana. Questa volta c’entra meno lo “spezzatino” da calcio moderno, visto che è la ricorrenza della festività di Tuttisanti la causa del giorno poco canonico.
Mi accosto a questa gara senza troppe aspettative: calcisticamente ci sono pure dei buoni motivi di interesse, il Cesena di Pierpaolo Bisoli è una squadra nuova, rinata dal derelitto naufragato dalla Serie A, e veleggia con fiducia nelle acque alte della classifica, con la speranza nemmeno troppo remota, visto il buon gioco espresso, di riprendersi quella massima serie così malamente salutata. La Ternana è la più facile delle avversarie, visto che arranca e si ritrova a solo un punto dalla zona retrocessione, ma sappiamo benissimo che il calcio non è poi una scienza esatta. Non sono comunque questi gli aspetti che fanno gola a me o ai nostri lettori, ragione per cui, guardando alle questioni prettamente ultras, non ho troppe speranze di vedere un grande confronto sugli spalti.
Dei ternani non so tantissimo, non li vedo da secoli, e da quel che vedo e leggo, mi sono fatto l’idea che il loro zoccolo duro resista recalcitrante alla tessera del tifoso. Sempre con il conforto delle immagini di altri nostri corrispondenti, come per esempio nella loro trasferta a Varese, ho visto solo poche persone, senza particolari segni che li contraddistinguessero come ultras (pochi, per lo più seduti, senza bandiere o stendardi di alcun tipo), al che mi viene da pensare che non abbiano nemmeno avuto o voluto sottoscrivere “Away” o altre “tessere per non tesserati”, l’ultimo paradosso nostrano a cui, volenti o nolenti, in tanti hanno deciso di adeguarsi pur di tornare in trasferta.
Varcate le soglie dello stadio, la mia confusione aumenta: i ternani ci sono, sono davvero in buon numero e ne continuano ad arrivare altri per un totale che, alla fine, si attesterà a naso sulle 4-500 unità. Fin da subito, seppur ancora con una partecipazione limitata, alzano cori che non lasciano tanti dubbi sulla loro identità e nemmeno sulla scarsa stima che hanno dei padroni di casa, i quali ovviamente ricambiano le cordialità. Verranno poi esposti anche una serie di striscioni, per lo più nell’anello superiore visto che in basso c’è la pubblicità che li oscura, alcuni dei quali (vado sempre con la mia labile memoria) dovrebbero avere il loro non indifferente peso nella storia del tifo delle Fere, come “Menti Perdute”. Se su quest’ultimo posso far confusione, c’è poco da sbagliarsi di fronte alla pezza “Curva Est” che richiama alla presenza ufficiale del principale settore ultras ternano.
Sul come e sul perché ci siano, sinceramente, non ne so nulla e credo che ormai, visti i tempi storici, sia un esercizio di retorica del tutto fine a sé stesso andare a vedere se hanno questa o quell’altra tessera. Qualcuno all’interno del mondo ultras ne fa anche una questione di “celholunghismo”, credendosi meglio degli altri solo perché ha la tessera B e non la tessera A. Personalmente, s’è inteso, non ho tanto in simpatia nessuna di queste, nemmeno nelle loro versioni invasellinate, ma è un parere del tutto mio che vale come il due alla briscola, a maggior ragione che sono un singolo, che i gruppi hanno ben altre logiche e che per sopravvivere, prima di tutto, hanno bisogno di vivere lo stadio. Qualcuno, alla prima alba, si riempiva la bocca con “Ci togliete dagli stadi, ci trovate nelle strade”, che fine abbiano fatto la stragrande maggioranza di questi, l’hanno visto tutti: o sciolti o costretti a rimangiarsi la propria parola. Come disse Tony Montana, due cose contano a questo mondo, la parola e le palle, per cui la prossima volta, dopo il “no al sabato”, “no alla pay-tv”, “no allo spezzatino”, “no al biglietto nominale”, “no alla tessera”, ecc., fossi in qualunque degli ultras italiani ci penserei tre miliardi di volte prima di pronunciare l’ennesimo “no” solo per moda o per omologarmi al resto del mondo che dice a chiacchiere di essere non omologato e poi cambia più bandiere di Clemente Mastella.
Bando alle polemiche generiche, torniamo allo specifico. Il tifo rossoverde è chiaramente di impronta ultras: cantano, lo fanno con buona continuità, anche se la potenza degna della loro proporzione numerica, la raggiungono solo in quei momenti topici quando anche il resto dei presenti si unisce al sostegno della parte centrale.
Molte volte è tutta una questione di aspettative: non ti aspetti nulla e anche quel poco che trovi ti meraviglia, al contrario, conoscendo i padroni di casa e la loro indubbia qualità, il loro primo tempo è sinceramente deludente nel ritmo e nella potenza. Il quadrato centrale canta senza sosta, sia chiaro, ma solo poco dopo il 30’ alzano la voce in maniera perentoria con il tormentone “Che bello è quando esco di casa…”. Nel frattempo si erano già fatti notare per una sciarpata, anche se “notare” non è proprio la parola giusta, visto che per la scarsa collaborazione vocale del resto del settore, quasi non me ne sono accorto e per poco non mi facevo scappare la possibilità di immortalare il bellissimo tocco di colore. Come detto, il colore in sé c’è, la sciarpata è ben eseguita e partecipata, e vederla fa senza dubbio bene agli occhi e al cuore, in tempi in cui la sciarpa sembra essere diventata per tanti un residuato dei tempi della Prima Guerra Mondiale.
L’altro elemento di novità, di cui sapevo ma che ancora non avevo avuto modo di osservare dal vivo, è lo spostamento dei casuals cesenati in Gradinata, lato settore ospiti. Trattasi dei ragazzi che nella Mare erano soliti riconoscersi dietro la pezza “Sempre Noi”, anche se in questo nuovo percorso, almeno adesso come adesso, non hanno niente che li identifichi visivamente se non la loro presenza a quadrato. Si faranno sentire solo in qualche occasione sporadica, ritagliandosi spazio nei momenti di silenzio dello stadio con cori secchi a favore della propria squadra o con un paio di cori offensivi verso i vicini ospiti, con i quali per un po’ battibeccano. Con il passare del tempo finiranno per sfilacciarsi e non li sentirò più. Poca cosa per quel che riguarda il tifo propriamente detto, ma questo gruppo ha sempre mostrato di avere ben altre velleità che non cantare, per cui ci sta pure.
La prima frazione finisce con pochi sussulti e con un nulla di fatto in campo. Anche sugli spalti la verve iniziale è andata scemando nei minuti. Diciamo che entrambe le tifoserie hanno fatto la loro parte senza strafare. Facendo un parallelo con il campo, direi che anche la contesa del tifo è sul pari, seppur abbia preferito i ternani, vuoi anche per il discorso delle aspettative già fatto in precedenza, rispetto alle quali i padroni di casa arrivavano in credito e gli ospiti in debito, e l’ho già detto che questo non è obbligatoriamente un vantaggio, anzi, spesso il contrario.
La seconda frazione ricomincia al piccolo, piccolissimo trotto: il filo conduttore è lo stesso, ma il livello, la potenza è ancora ed ulteriormente inferiore. La svolta al 55’, quando il Cesena trova la via del goal con il neo-entrato Tabanelli e la Curva Mare esplode, si libera e comincia finalmente a tifare in maniera decente, con ottima potenza e partecipazione. Ed anche con un tamburo, se le mie orecchie non mi ingannano.
Per la fretta di prendere la macchinetta, sballo inavvertitamente le impostazioni della stessa e finisco per perdermi un bel battimani “a ripetere” tra le due metà della Mare. Poi è la volta di una seconda sciarpata sulle note di “Romagna mia”, ancora una volta ben riuscita, anzi, ancora meglio della prima perché questa volta il sottofondo sonoro è davvero buono. Lo stesso coro viene poi trascinato ancora per un paio di minuti, nel frattempo i ternani, un po’ fiaccati dal goal, un po’ oscurati dal buon momento dei tifosi avversari, smetteranno di farsi sentire e si noteranno al massimo per lo sventolio di un paio di bandieroni, che già nella prima frazione avevano spesso e volentieri colorato il cielo di rossoverde.
Al 74’ la Ternana trova il pareggio proprio sotto il settore occupato dai suoi tifosi. Esultanza smodata dei tifosi e anche della squadra: l’autore della rete, scalciando per sfogo un cartellone pubblicitario, finisce per sfondarlo ed incastracisi dentro. Da qui in poi i rossoverdi alzano il tono facendosi sentire con un paio di cori secchi, in particolare “Fere Fere” è un vero e proprio boato. I cesenati scalano la marcia, ma continuano ad esserci e farsi sentire.
Con il passare dei minuti, con il perdurare dell’equilibrio in campo, anche il livello della contesa sugli spalti va assestandosi verso un sostanziale pareggio tra le parti in causa. Si arriva così al triplice fischio finale senza che nulla cambi, né per quello che riguarda la partita in campo e né per il confronto fra le due tifoserie. Rispetto al primo tempo, i padroni di casa sono stati senza dubbio più degni dei loro standard abituali, mettendo in mostra non solo il proprio colore ma facendosi valere anche con la voce. I rossoverdi ospiti, invece, hanno confermato quanto di buono già fatto vedere nella frazione precedente, raggiungendo picchi non indifferenti nei momenti subito successivi alla marcatura della propria squadra, tra l’altro con un classico goal dell’ex Lauro.
Rinuncio agli ultimi 5 minuti di gara per dribblare il traffico dell’uscita e tornare a casa senza patimenti: è stata una bella partita, con due tifoserie che hanno fatto vedere ottime cose, per cui vado via davvero soddisfatto e qualche minuto in meno non scalfisce le buone sensazioni lasciatemi da entrambe.
Matteo Falcone.