Non sempre andare ad una partita è sinonimo di organizzazione in anticipo. Metti una tranquilla Domenica pomeriggio in giro, un po’ di spesa, e poi uno sguardo alla vicina pista sul ghiaccio, per dare un’occhiata alla partita di serie B nazionale di hockey tra Como e Pergine. Proprio qua avviene lo stacco fra una domenica ordinaria, scandita anche dalla pausa del campionato di serie A e dall’anticipo della serie C al Sabato, e l’ennesima giornata a bordo campo, o a bordo pista, per seguire la propria passione.
Arrivo alla pista di Casate al termine del primo periodo della partita. Mi accorgo già da prima di avere a vista l’impianto che c’è un qualche abbozzo di tifo, ovviamente ospite, visto che gli spettatori dell’Hockey Como sono regolarmente poche decine. Dall’esterno si vede tutto, dato che la pista di Casate, in estrema periferia sud di Como, è praticamente all’aperto e senza mura, nonostante superficie di gioco e spalti abbiano una copertura in lamiera.
Tempo di stabilire che gli ultras del Pergine sono in discreto numero, che la partita è ancora lunga, e che pur rimanendo fuori dai cancelli il mio teleobiettivo può riprendere tutto senza difficoltà, e riprendo la macchina, cinque minuti di strada, e infine eccomi di ritorno con tutta l’apparecchiatura fotografica. Mi posiziono dove mi ero già prefissato, e comincio a scattare, vedendo il settore di mio interesse e quasi nulla in campo, se non qualche legnata qua e là.
Il tifo dei circa 30 ragazzi di Pergine è veramente chiassoso, goliardico e colorato. I cori vengono tenuti a lungo, le bandiere sono tante, il biancorosso spicca. Non c’è un attimo di pausa nel sostegno, che ha risalto in un impianto buio, freddo sia climaticamente che nell’atmosfera. Non posso non ammirare questi ragazzi che dalla lontana provincia di Trento, di Domenica sera, si sono sobbarcati questo “viaggio di piacere” per una seconda (terza?) divisione nazionale, non proprio il top. Buono anche il numero, se si pensa a Pergine e ai suoi 20.000 abitanti (anche se la famosa Valsugana, di cui Pergine è capoluogo, ne raccoglie più del doppio). Non vedo neanche il tabellone del punteggio, capisco solo che gli ospiti sono in vantaggio e che, sotto ai miei occhi, hanno segnato una rete. Uno dei ragazzi che si trova in una panchina dietro di me mi si avvicina e mi chiede se la squadra ospite è svizzera (e certo, che non lo sapete che Como gioca nel campionato svizzero?). Il periodo finisce, i ragazzi vicino a me se ne sono andati, e decido di aspettare anche la terza frazione di gioco. Poi uno degli addetti si muove a compassione e mi fa entrare a bordo pista per scattare le mie foto nella parte restante della partita. Far pena può avere i suoi evidenti vantaggi.
Ora ho tutto di fronte a me: il punteggio, la tribuna e le due “curve” (le virgolette ci stanno tutte), la fatiscenza dell’impianto, e le belle divise delle squadre, blu con begli accenni giallo e rossi per il Como, bianca e rossa per il Pergine. A proposito del Como, squadra dal discreto passato in serie A, impossibile non notare la sponsorizzazione della Ambrosoli Miele della vicina Ronago (paese di estrema frontiera con la Svizzera), e nel contempo ignorare la presenza in campo, nelle fila dei Lariani, di due ragazzi dal cognome Ambrosoli. Ovviamente le due cose coincidono, ma guai a pensare che i due ragazzi siano favoriti dal loro cognome (e dalla relativa parentela)!
La partita, nonostante la categoria e lo scarso rilievo dell’hockey in Italia, è assolutamente godibile. La presenza degli Ultras Pergine è un valore aggiunto, anche perché i ragazzi sugli spalti non passano certo inosservati: si mettono a petto nudo quasi tutti (col tipico freddo novembrino sommato a quello del ghiaccio), fanno battimani con le scarpe, tifano di spalle, saltellano, esultano agli altri due gol a loro favore. Veramente lodevoli. Incassano anche i tre punti ottenuti col 4-6 della loro squadra sul modesto Como, che comunque ha lottato fino all’ultimo secondo. La perla finale è l’esultanza della loro squadra sotto al settore, e non poteva mancare una “torcetta” ad illuminare l’impianto.
Tifo e goliardia: uno dei ragazzi di Pergine va in campo a petto nudo e si porta sotto la curva come fosse un giocatore, scivolando a più riprese sul ghiaccio, tra l’ovazione del suo gruppo. Poi gli ultras, nonostante la partita sia finita, restano a cantare, cantando proprio “resteremo a cantare per tutta la notte” sulle note di “Rotta per casa di Dio”. Gli vengono pure spente le luci, ma loro non hanno nessuna fretta di tornare a casa.
Stefano Severi.