Domenica 23 aprile, al Palasport “Gianni Asti” di Torino (che per molti torinesi rimane il “PalaRuffini”, dal nome del parco in cui si trova l’impianto), è in programma la partita tra la Basket Torino e la Fortitudo Bologna, valevole per la quarta giornata del “Girone Blu” della serie A2 di pallacanestro.

Diversi sono i fattori che potrebbero disincentivare dal recarsi al palazzetto: ad esempio, la collocazione della partita nel bel mezzo di un possibile “ponte”, la cervellotica formula della seconda divisione del campionato italiano di basket ed il recente calo di interesse per le sorti della squadra locale, da qualche anno impantanata nelle sabbie della A2.

Se è vero, infatti, che a Torino la passione cestistica è pronta ad accendersi alla prima occasione – come ha dimostrato anche la presenza di un folto pubblico alle recenti fasi finali della Coppa Italia –, negli ultimi anni si è però affievolito quell’entusiasmo che aveva accompagnato la risalita della gloriosa Auxilium sino alla prima divisione, culminata nel 2018 con la vittoria della Coppa Italia e bruscamente conclusasi col fallimento del 2019.

Ma l’arrivo nel capoluogo piemontese di una squadra dal passato importante, al cui seguito si muove sin dal 1970 il più longevo gruppo ultras italiano di pallacanestro – la “Fossa dei Leoni” – non può non stuzzicare l’interesse dell’appassionato di sport e, soprattutto, di tifo.
Ecco, dunque, che vale la pena di mettersi in coda per i controlli all’ingresso, la cui lentezza ha purtroppo contaminato anche gli impianti dove si praticano sport diversi dal calcio.

Volgendo lo sguardo, dentro l’impianto, alle due tifoserie, salta subito all’occhio la divisione dei tifosi di Torino tra le due curve del palazzetto. Quella storica, intitolata all’ex allenatore Dido Guerrieri, dove si posiziona, in una cinquantina di unità, il gruppo “1989”, erede degli storici “Rude Boys”; e quella opposta, dove si colloca il gruppo “011 T.S.N.”, nato nell’estate 2022 e composto anch’esso da una cinquantina di persone.

Appena in tempo per la “palla a due” giungono i sostenitori della Fortitudo (si vocifera di un ritardo per problemi tecnici al pullman noleggiato per la trasferta), i quali entrano nel palazzetto alla spicciolata. Nel settore ospiti si contano complessivamente una sessantina di persone: non sono i numeri dei tempi d’oro, ma, alla luce della difficile situazione sportiva che la Fortitudo sta vivendo, non c’è da stupirsi.
La spiegazione dell’ingresso scaglionato è presto data: nei primi minuti di gioco la squadra viene contestata per i deludenti risultati dell’ultimo periodo. Lo striscione esposto dalla tifoseria bolognese recita infatti così: “Il vostro mancato impegno merita il nostro silenzio”.
Inizialmente, pertanto, il tifo è appannaggio esclusivo dei due gruppi locali, i quali sventolano bandieroni gialloblu e cantano con impegno. Tuttavia, il frastuono dei tamburi sovrasta spesso il supporto vocale, a tratti un po’ flebile.

Dopo una decina di minuti il gruppo della Fossa – eterogeneo dal punto di vista anagrafico (nelle prime file si vedono sia facce “da vecchia guardia” sia giovani leve) – si compatta dietro lo striscione ed inizia a tifare, agevolato dall’ottimo inizio della squadra.
Il tifo degli ospiti, alcuni dei quali a torso nudo, rimane costante e viene condotto senza fronzoli, con frequenti battimani ed un unico tamburo, che lascia il giusto spazio al preponderante sostegno vocale.
Sempre nel primo tempo la Fossa espone lo striscione “Pino leone per sempre”: non può infatti mancare il ricordo per chi non c’è più, come avviene anche col coro che verrà intonato per “il postino” Massimino.

Nel secondo tempo la Fortitudo subisce progressivamente la rimonta di Torino, ma la circostanza sembra quasi stimolare il tifo degli ospiti: il coro “per amore, solo per amore, Fortitudo lotta con il cuore” viene cantato a lungo dal settore fortitudino con un misto di orgoglio e di rabbia per l’ennesima sconfitta che viene a delinearsi.

Nel frattempo il pubblico locale, guidato dalle due curve, si accende per il sorpasso di Torino nel punteggio della partita. Alcuni boati fanno seguito alle numerose triple messe a segno dal mattatore della serata, lo statunitense naturalizzato iracheno DeMario Mayfield: siamo lontani dai decibel di una decina d’anni fa, ma s’intravede qualche sprazzo di rinnovato entusiasmo.

Una bellissima scena ha luogo durante gli ultimi minuti dell’incontro: un bambino (all’apparenza di sei o sette anni) con indosso la maglia della Fortitudo si avvicina – accompagnato dal papà – al settore ospiti. Il gesto fa breccia nei sentimenti della Fossa: poco più tardi un ragazzo del gruppo, non potendo uscire dall’area ospiti, chiede ad un poliziotto del “cordone” di chiamare quel bambino. Quest’ultimo raggiunge di nuovo la soglia del settore ospiti, dove gli viene regalata una sciarpa della Fossa: per il giovanissimo fortitudino sarà certamente un battesimo ultras da ricordare.

A partita conclusa le due curve torinesi, galvanizzate dalla vittoria, si prodigano in ripetuti insulti ai virtussini: invettive ovviamente apprezzate dai tifosi della Fortitudo. Che però non danno sfoggio di particolare entusiasmo: consapevoli di aver fatto ancora una volta la loro parte, ripiegano lo storico striscione e si avviano all’uscita. La “morale”, ancora una volta, sembra essere una sola: la Fossa meriterebbe di più.

Paolo Alberto Reineri