Non poteva che essere uno spareggio l’epilogo dell’avvincente Girone H della Serie D. Un raggruppamento che quest’anno ha dato grandi soddisfazioni, sia in termini calcistici che curvaioli. Sfide infuocate (quando non sono intervenuti i soliti divieti a rovinare la festa), vecchie rivalità ritornate in auge, curve gremite e una lotta al vertice che fino a poche giornate dal termine vedeva ancora diverse squadre impegnate alla rincorsa di una Cavese che ha tenuto botta fino alla gara del Fanuzzi, quando il Brindisi è riuscito a raggiungerla e conquistare – in virtù delle successive vittorie nell’ultima giornata – il pass per uno spareggio che si preannuncia storico. Questa la dovuta premessa prima di parlare proprio del match che ha deciso la regular season, in un ambiente che per tanti versi ha ricordato il calcio italiano di un paio di decenni fa.

La primavera incombe e anche sulla Puglia il sole cerca di farsi sentire, sebbene in questa domenica di inizio maggio gran parte della Penisola sia funestata dagli ultimi scampoli di pioggia e vento. Dopo anni di anonimato e campionati sofferti, Brindisi è tornata a sognare e per l’occasione il tam-tam del “Tutti allo stadio”, foraggiato dalla curva e rilanciato sui social, ha finito per produrre un sold-out che profuma d’antico. La speranza di battere la Cavese e poter sperare seriamente in una C che manca ormai da tanti anni è legittima, così già diverse ore prima del fischio d’inizio in città si respira un bel clima di attesa.

Avevo avuto modo di visitare Brindisi nella mia prima sortita al Fanuzzi, qualche settimana fa, contro il Fasano. Una giornata che mi aveva dato modo di conoscere più approfonditamente questo centro così importante per la storia del Sud Italia e non solo. Ma anche l’occasione per tastare con mano la struttura di una tifoseria che negli ultimi anni è indubbiamente cresciuta in fatto di tifo, mantenendo inalterata la sua fama di curva ruvida e “rognosa” da affrontare. Poca pubblicità, sostanza e sicuramente una base importante per puntare al professionismo anche sul fronte del pubblico. Poi oggi, dall’altra parte della barricata, ci sono quei cavesi che per tanti hanno fatto scuola e che, di certo, rappresentano ancora un modello a tuttotondo per il tifo italiano e la sua essenza. Sono passate generazioni, sono cambiati striscioni ed è mutato – giocoforza – il modo di andare allo stadio, ma gli ultras metelliani restano una certezza in fatto di presenza e sostegno. Ergo: gli ingredienti per una delle sfide più belle della stagione ci sono tutti. E non verranno disattesi.

Come sempre il viaggio verso Brindisi è tutt’altro che agevole. Si taglia in due l’Italia, passando attraverso gli Appennini, venendo ricoperti da un paio di grandinate e si sbuca in riva all’Adriatico di buonora. La città è concentrata sull’evento e di tanto in tanto spunta qualcuno con la sciarpa al collo o la bandiera in mano. Un qualcosa che è sempre piacevole vedere, in ogni città e per qualsiasi squadra. Chi è cresciuto con il mito del pallone come unico diversivo nel weekend, chi da perverso appassionato la sera andava a vedere tutti i risultati sul Televideo – dalla Serie A ai dilettanti – chi ha sfogliato l’Almanacco Panini per imparare a memoria i nomi degli stadi e le denominazioni delle società, sa a cosa mi riferisco. Il profumo di queste domeniche ti prende per mano e ti riporta indietro. Di molto. Addirittura mi sembra di risentire il dolce sapore delle alzatecce di inizio anni 2000, per andare a vedere qualche derby in giro per l’Italia e scoprire, con palpitazione, colori, usi e costumi del posto. Senza troppa programmazione. Meno social di ora, sicuramente. Ma anche tutto più genuino.

Attorno all’impianto brindisino c’è un gran viavai quando manca ancora un’ora e mezza al fischio d’inizio. Addirittura si cominciano a sentire i primi cori ritmati dal tamburo provenire dalla Curva Sud. Il chioschetto che vende prodotti da street food locali è una gioia per gli occhi, ma soprattutto uno specchio della semplicità di queste categorie. Non ci sono centri commerciali, non ci sono paninerie dove un pezzo di salsiccia rancida e vecchia costa anche 7 Euro, e soprattutto non ci sono tutti quei tifosi 3.0 che si rompono la testa guardando il cellulare per capire le statistiche di questo o quell’altro giocatore e farsi un’idea su come disporre la propria formazione in vista del Fantacalcio (uno dei mali moderni di questo sport che ha afflitto buona parte dei supporter italiani). Mi dispiace per tutti quelli che vorrebbero sedili pelle e consegne Glovo durante il match, ma a queste latitudini – suppur con tante contaminazioni – ancora si può parlare di calcio per la gente.

Qualcuno dirà: sì ma Brindisi per anni ha avuto una media spettatori ben inferiore. Vero, ma è altrettanto vero che andare a fare le pulci sui numeri vuol dire infilarsi in un tunnel senza uscita. Salvo qualche rara eccezione, il nostro Paese ha subito un brusco calo del pubblico negli ultimi decenni. Gente che si è allontanata dagli stadi per tutti i motivi che ben sappiamo, dalla repressione alla poca credibilità di questo sport. Ciononostante bisogna prendere il meglio, bisogna godersi il bello di queste giornate e vedere il loro un grande riscatto per tutti coloro i quali amano un certo tipo di stadio e un certo tipo di pubblico. Resta, inoltre, l’indubbia dimostrazione d’amore di una città per la propria squadra. La certificazione di quanto la maglia con la V sia riconosciuta e amata, malgrado tutto. Quando denigriamo le nostre piazze e la nostra provincia, ricordiamoci sempre che anche nel tanto incensato estero spesso e volentieri è difficile trovare la moltitudine di tifoserie che ancora abbiamo in Italia in ogni categoria, anche negli ultimi livelli. Dove spesso e volentieri mancano persino le strutture per giocare.

Tornando alla gara del Fanuzzi: una volta ritirato l’accredito posso appropinquarmi agli ingressi. Il pre partita, come detto poc’anzi, è di quelli importanti. Con gli ultras di casa che stanno ampiamente scaldando i motori a suon di cori, manate e fumogeni. Lo stadio si sta riempiendo e mi rammarico nel pensare che persino un impianto bello e ben fatto come questo, oggi avrebbe difficoltà nel disputare un campionato di B e, probabilmente, anche di C. Le regole stringenti attuate dopo i fatti di Piazza San Carlo a Torino – dove nel 2017 tre persone persero la vita in mezzo alla calca, a margine della finale di Champions tra la Juve e il Real Madrid -, l’isteria collettiva legata all’ordine pubblico, l’ignavia di molte istituzioni sportive e l’inadeguatezza di molti impianti (ai quali per anni non è stata data neanche un’ordinaria manutenzione), hanno reso il nostro Paese un vero e proprio Cubo di Rubik se si parla di gestione e organizzazione degli eventi pubblici.

Quando anche i supporter cavesi guadagnano l’ingresso al proprio settore, la sfida si può dire già aperta. Malgrado manchi ancora parecchio all’avvio delle ostilità. Tra le due fazioni regnerà una totale indifferenza, sebbene la fase di riscaldamento già sia un piacevole banco di prova per il confronto che da lì a poco si renderà davvero avvincente.

I brindisini hanno optato per una coregrafia tanto semplice quanto bella. E soprattutto impossibile da sbagliare. Una grande fumogenata, seguita da una cartata prima e da sciarpe e bandiere poi. Le fondamenta dello stile italiano in pochi passaggi. Ben fatti e davvero notevoli. Non me ne voglia nessuno, ma rispetto a sfavillanti scenografie realizzate a computer, o anche a cartoncini disposti alla buona, con risultati spesso davvero inguardabili, questa è la vera “panacea di tutti i mali”. E poi volete mettere? L’odore acre che si leva e che per qualche minuto ricopre il campo, non ha eguali! Anche perché dall’altra parte i supporter campani non si fanno pregare, accendendo anch’essi diversi fumogeni biancoblu a corollario di una bellissima sciarpata blufoncé. Senza fare troppa retorica, ma solo vedere quest’accoglienza riempie il cuore di gioia. Perché è sintomo di quanto il seme del tifo organizzato, della sua essenza e della sua tradizione, non sia svanito completamente. Ma, semmai, si celi spesso dietro a stupide restrizioni o – ammettiamoli – atti autolesionisti del mondo curvaiolo. Ma di tanto in tanto, quasi scientificamente, riesce fuori e ci ricorda perché buona parte del mondo ancora veda l’Italia come la culla della passione pallonara.

La palla circola per il campo e le squadre hanno dissotterato l’ascia di guerra. Il che rende sempre problematico realizzare foto e video a causa dei movimenti, tarantolati, degli allenatori. L’importanza della partita si avverte e le azioni di attacco vengono seguite con il classico pathos da finale, il che rende tutto molto italiano. Al contempo i lanciacori delle due curve spingono le rispettive folle a cantare, con risultati più che egregi. Da ambo i lati le manate rappresentano un vero e proprio marchio di fabbrica, rendendo i due settori veri e propri muri umani. I tamburi vengono percossi da mani esperte e di tanto in tanto torce e fumogeni fanno capolino, venendo sapientemente lasciati in terra. Siamo pur sempre nell’epoca del proibizionismo su certe cose!

Insomma, la sostanza c’è ed è corroborata anche dalla qualità. La passione invece delinea il suo scenario al minuto 69′, quando Sirri porta il Brindisi in vantaggio. Il Fanuzzi esplode in un urlo liberatorio, con la squadra che corre sotto la Sud a festeggiare. I cavesi rimangono testé storditi, per poi rimboccarsi le maniche e cercare di dar vigore ai propri ragazzi, nella bolgia di uno stadio che adesso più che mai sente vicina l’impresa. Le tribune seguono la curva, con i megafonisti che tirano fuori i cori giusti – quelli popolari, quelli che si fanno da una vita nei nostri stadi – per farsi seguire. Impatto di altissimo livello, con la contrapposizione umorale che giustamente tiene banco, sebbene i metelliani – da ultras quali sono – cerchino di superare l’enpasse, dando voce a tutto il proprio orgoglio.

Al triplice fischio c’è chiaramente giubilo per la compagine di casa, che aggancia ufficialmente i campani al primo posto. Le squadre raggiungono i rispettivi settori e, seppur con animi contrapposti, ricevono gli applausi dei propri sostenitori. Tra le fila blufoncé si continua imperterriti in un “terzo tempo” che mette in evidenza diversi cori per il movimento ultras, una piccola fumogenata e una bella sciarpata, eseguita prima di abbandonare il settore. Il degno finale per una sfida che ha acceso i riflettori su due tifoserie di gran valore, meritevoli di tali palcoscenici e degne rappresentati di questo campionato al cardiopalma.

Come fatto intuire, al momento in cui scrivo questo articolo si sta scegliendo la sede per lo spareggio. L’ultima giornata è stata già disputata. Tuttavia la fibrillazione a Cava de’ Tirreni e Brindisi è ai massimi livelli, con le due città pronte a organizzare pullman e macchine per affollare i settori che verranno loro assegnati. Questa gara è stata un degno prologo, sicuramente una pubblicità ammaliante. Il promemoria di ciò che siamo stati e di ciò che dobbiamo cercare di essere come movimento ultras italiano. L’intensità permeata dalle due curve, la partecipazione degli ottomila presenti. Il colore e la voglia di far festa. Ma anche la tristezza e la delusione. Una concetrazione di stati d’animo che riassume appieno ogni minimo battito del cuore di chi vive per questo sport, ma soprattutto per la casacca che rappresenta la propria città.

Il primo atto di Brindisi-Cavese è terminato. Ora tutti attendono il gran finale. Che si alzi il sipario e nessuno provi a imporre idiote limitazioni, come consuetudine per questo Paese.

Catello Onina