La prima giornata di Lega Pro consegna subito una delle partite più attraenti e uno dei nuovi avversari pronti ad affrontare il Lecce al “Via del Mare”. Lecce-Fidelis Andria è un inedito che manca da molti anni al calcio pugliese e nazionale, e l’entusiasmo del pubblico di casa dopo il cambio di proprietà contribuisce alla migliore cornice possibile. Non si può dire lo stesso per i tifosi andriesi, limitati nella discesa nel Salento a poco più di 350 unità a causa di problemi con vecchie e nuove tessere del tifoso (il minuscolo è d’obbligo) e il no della questura salentina alle ultime tessere preparate dalla società Andriese. Chi si era già premunito di biglietto però, farà tutt’altro che una brutta figura al cospetto di una sontuosa Curva Nord, esaurita già poche ore prima del match. Niente male per una partita d’esordio della vecchia Serie C, specialmente se si pensa ai numeri di realtà che vivono nell’Olimpo del calcio italiano.

Come ormai è consuetudine al “Via del Mare”, i tifosi ospiti si posizionano nella parte inferiore dello spicchio loro destinato, presentandosi ben compatti dietro agli stendardi della Nord andriese esposti sull’inferriata (Brigata, Drunk Group e Vecchio NBG su tutti).

Dall’altra parte la Curva Nord ribollente d’entusiasmo presenta le solite pezze. Lo striscione d’apertura al campionato giallorosso è come sempre d’impatto. I Leccesi palesano il loro credo, costante e coerente, nel non piegarsi alla repressione con la solidarietà ai loro diffidati: “Oggi più di ieri dei nostri diffidati orgogliosi e fieri… Non mollate!”.

All’ingresso in campo delle squadre, il cuore pulsante del tifo leccese si colora con tantissime bandierine che coprono la parte più calda del settore, ritmato da un coro assordante e ben mantenuto per almeno tre volte. Dall’altra parte si presentano bene anche gli andriesi, già caldi nel prepartita con i soliti sfottò.

Un discorso a parte merita il minuto di silenzio ordinato dalla Lega Calcio dopo il ritrovamento del corpo del piccolo Aylan, profugo siriano, sulla spiaggia di Bodrum in Turchia. Il costume tutto italiano di accompagnare il raccoglimento con sonori applausi è un po’ lo specchio di un paese (ancora una volta il minuscolo è d’obbligo) che per ricordare ha bisogno di posa, rumore, quasi “a palesare” un dolore che il più delle volte è finto. In più, sicuramente per un errore di comunicazione avviato anche da questi poco consoni applausi, il minuto di raccoglimento è stato interrotto dagli sfottò andriesi.

Il tifo della Curva Nord è poderoso soprattutto nei cori lunghi, ben scanditi, ben accompagnati da stendardi e bandiere e tenuti in vita nel modo migliore, con il supporto anche delle parti laterali del settore. Gli andriesi si difendono con cori secchi ed il gol, nonostante l’ovvia esplosione dello spicchio, non cambia i decibel e l’andazzo generale del tifo. Gli ospiti saltano sull’“Io tifo Andria” e squarciano un po’ il mare dei decibel del cuore leccese al 41’ con un secco “Andria” ben scandito. In conclusione di primo tempo la Nord di casa, impassibile alle provocazioni degli ospiti durante la partita, ricorda anche Fabio, ultras del Torino scomparso: “Fabio Nero ultras anche all’Inferno”.

L’inerzia del match, con l’Andria dominatrice del campo per 0-2, sposta un po’ verso gli ospiti, sempre più compatti, l’ago della bilancia del tifo. Gli andriesi entusiasti sfoderano una bella prestazione con “Un giorno all’improvviso”, la Nord risponde in concomitanza con il momento migliore sul campo del Lecce, arrivato dopo il temporaneo 1-2, rendendo ancora una volta una bolgia il “Via del Mare”.

La partita perde di vigore, l’Andria va in controllo e gli animi si scaldano all’1-3 finale quando, dopo il cucchiaio di Strambelli, l’undici ospite esulta con il “trenino” (l’esultanza del Bari anni ’90 per antonomasia), senza però spostare più di tanto la storia del tifo.

Al fischio finale dal settore leccese s’intonano cori contro la Tdt, con chiaro riferimento agli ospiti, mentre gli andriesi si godono la gioia di un debutto da urlo, senza mancare di rivangare il passato ai dirimpettai con un “Incubo” dai colori giallorossi, una sorta di fotocopia di un vecchio cimelio di guerra.

Testo di Gabriele De Pandis.
Foto di Michel Caputo.