Nella lista degli stadi italiani che mi mancano spiccava il Carotti di Jesi. Negli ultimi anni ho scoperto con un certo stupore di avere diverse mancanze per quanto riguarda le Marche, così approfittando dei bei gironi di Serie D che negli ultimi anni hanno caratterizzato quest’area, mi sto rifacendo alla grande.

Approfitto del posticipo serale per seguire nel pomeriggio la gara tra Matelica e Maceratese. Arrivo a Jesi quando mancano due ore all’inizio del match e già in città si respira un’aria frizzantina. Oltre all’importanza del match in chiave promozione, con i padroni di casa matematicamente salvi e il Fano che nelle ultime giornate ha rosicchiato diversi punti alla capolista, ciò che tiene banco è lo storico gemellaggio tra le due tifoserie che nel prepartita si ritrovano in un locale di Jesi per bere e mangiare insieme.

Negli ultimi anni si è sempre più creduto che il gemellaggio, come il tamburo e i bandieroni per qualche casuale neofita del movimento, sia un qualcosa di disonorevole e troppo folkloristico per appartenere alle logiche di chi deve recitare il ruolo di duro e puro, poco incline a stringere la mano dell’avversario perchè troppo impegnato a nascondersi dietro la sua tenuta ufficiale griffata Stone Island. Eppure, per il modo che ho io di intendere il movimento, resta uno degli elementi cardine del mondo che ho imparato ad amare da bambino. Esistono i gemellaggi come esistono le rivalità, e spesso le cose finiscono per essere intrecci contorti dietro i quali non stanno neanche i diretti interessati. Sarebbe da scriverci un libro sulla saga delle amicizie nate, morte e divenute aspre rivalità per motivi spesso futili.

Sta di fatto che vedendo costantemente gente che si avvicina alle gradinate con il broncio e poca voglia di vivere, è un toccasana vederne altrettanta brindare e cantare insieme, facendo aggregazione e svagandosi per qualche ora.

Ritirato il mio accredito mi appresto a calcare per la prima volta il terreno di gioco dell’impianto biancorosso. Le gradinate presentano davvero un buon colpo d’occhio con circa 2.000 spettatori, di cui quasi 400 da Fano. Un numero di tutto rispetto. E’ vero che la distanza non è eccessiva e il clima disteso assieme al buon andamento della squadra invogliano, ma stiamo pur sempre parlando di Serie D e di un giorno lavorativo. Vedendo tutti gli striscioni attaccati e sentendo già il rullio dei tamburi ho come un flashback, mi sembra di esser tornato indietro di una decina di anni. Il clima che si respira è quindi normale, seppure oggigiorno vedere due tifoserie all’opera sia diventata impresa ardua.

A farmi tornare sulla terra ci pensano le telecamere della Digos, puntate maniacalmente sui tifosi che nel frattempo stanno scendendo in campo per consumare il classico rito del gemellaggio, con bandieroni e striscioni. Cosa ci sia da riprendere, onestamente, davvero non lo capisco. Si fa tanta morale attorno agli stadi vuoti, ma se anche in un momento di festa si riesce a creare quel minimo di tensione per provare a rovinarla, ci si dovrebbe chiedere se la colpa di questo abbandono delle gradinate sia davvero degli ultras.

Il giro di campo viene effettuato, con soste sotto ai rispettivi settori dove vengono ricordati amici scomparsi e “salutati” nemici comuni come Pesaro e Ancona. Quando il calcio d’inizio si fa sempre più vicino ognuno torna al proprio posto per dare le ultime direttive in fatto di tifo.

Il vento freddo e l’umidità cominciano a calare sullo stadio, e da bordo campo ammetto di sentire le prime vibrazioni gelide sulla schiena. Fortunatamente il direttore di gara decreta l’inizio delle ostilità ed io posso godermi lo spettacolo delle gradinate. Come detto prima, il clima è quello della “normalità” che si respirava nei nostri stadi qualche tempo fa. I ragazzi di Fano si presentano al gran completo, con lo striscione dei Panthers in prima linea affiancato dalle altre sigle del tifo granata. Gli adriatici stanno vivendo un momento di grazia, e anche stasera si metteranno in evidenza con un tifo notevole. In un settore dispersivo come quello del Carotti, non deve essere facile coordinare il tifo, tuttavia i ragazzi al megafono hanno la capacità di coinvolgere quasi sempre l’intero settore con manate e un paio di sciarpate tenute a lungo. I bandieroni e qualche torcia completano una prestazione ben oltre la sufficienza. E’ un piacere, inoltre, notare che le prime linee fanesi siano composte da diversi persone “stagionate”, senza che venga esclusa la congrua presenza di giovani. Credo che questo debba essere il mix giusto per il mantenimento e la diffusione di un certo modus vivendi da stadio.

Su fronte casalingo, in curva campeggia l’immenso striscione degli Ultras Jesi, affiancato da quello della Vecchia Macchia. I biancorossi aprono le danze con una bella torciata e sin da subito si dimostrano decisi e vogliosi di non sfigurare di fronte al corposo contingente ospite. Devo essere sincero, a me gli jesini stasera sono piaciuti. Ne ho apprezzato molto la compattezza e l’unità d’intenti, oltre che il buon numero con cui hanno presidiato il proprio settore nonostante una squadra senza più obiettivi. Va sempre ricordato che i leoncelli negli ultimi vent’anni hanno vivacchiato nel dilettantismo, disputando di rado campionati di vertice o in grado di attirare l’interesse della città. Eppure in molti oggi hanno voluto esserci, per dimostrare come la tradizione calcistica di Jesi, che ha conosciuto anche la Serie C, non sia affatto svanita.

In campo i biancorossi trovano inizialmente il vantaggio per poi venire travolti dal Fano, che al triplice fischio finale conquista il successo con un netto 4-1. I giocatori granata si portano sotto al settore per festeggiare con i propri tifosi, mentre gli jesini vanno a raccogliere il plauso della propria gente. Soddisfatto della serata mi appresto ad effettuare gli ultimi scatti, contento della mia scelta d’aver raggiunto terra marchigiana in questa giornata di inizio aprile.

Pasqua, con la sua retorica e i suoi giorni di festa, si avvicina. Ma la notta è ancora lunga per fanesi e jesini, i quali passeranno altre ore insieme brindando al gemellaggio. Io riprendo la strada per Roma. Attraversato l’Appennino il vento cessa ed anche il freddo diminuisce. Almeno per una nottata mi sembra di rivivere una tranquilla partita degli anni 2000.

Simone Meloni

https://www.youtube.com/watch?v=CWbjN3JMFNU

 

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