Meno di 24 ore dopo il derby carico di emozioni di Salisburgo di cui parleranno nei prossimi giorni i miei colleghi di testata, torno in Austria per assistere a un’altra partita di coppa austriaca, interessante per diversi motivi. Innanzitutto perché la partita dell’Union Gurten, un club dilettanti con un proprio campo sportivo non omologato per questa partita, è stata pianificata nel vecchio stadio di Ried, dove l’ultima partita professionistica si era giocata esattamente 20 anni fa. L’altro elemento di interesse è nell’avversario, quel Rapid Vienna da “rileggere” alla luce delle osservazioni di Simone Meloni sulla partita in casa della Fiorentina, principalmente sulle differenze tra le curve italiane e quelle germanofone, tra lo spontaneismo italiano rispetto all’organizzazione tedesca. Pensieri che riesco a capire molto bene, essendo cresciuto in una curva tedesca ma avendo sempre guardato con interesse e ammirazione agli ultras italiani.

Circa un’ora prima dell’inizio della partita sono già nello stadio che richiama immediatamente la sensazione di una partita di calcio di 30 anni fa: tre diversi tipi di tribune, tanti posti in piedi, una pista di atletica e un settore ospiti lontano dal terreno di gioco e con scarsa visibilità dello stesso. Dal momento che non ci sono tifosi organizzati per il club di casa, mi concentrato esattamente su questo settore nell’angolo dello stadio.

Circa 500 tifosi della squadra più titolata d’Austria si riuniscono dietro i noti striscioni dei gruppi e anche quest’oggi mostrano nuovamente un campionario completo di tifo ad alto livello: una piccola coreografia con bandiere monocromatiche accompagnata da torce foto-flash all’inizio della partita, un supporto permanente alla squadra nonostante una prestazione mediocre contro una squadra di terza divisione, le bandiere non abbassate per nemmeno un secondo e il tradizionale “quarto d’ora Rapid” annunciato e accompagnato con tutta una serie di torce. E proprio in quel momento i miei pensieri sono tornato a questa idea della “emozione contro l’organizzazione”, perché proprio nel momento in cui l’avversario ha segnato il 2 a 1 si sono spente le torce… Spetta certamente ad ogni curva decidere come presentarsi, quali azioni compiere, quando e come, ma certo in questi momenti sono riuscito a capire anche il punto di vista opposto di chi fatica a decifrare il modus operandi degli ultras dell’area germanofona.

La storia di questa partita sarebbe finita qui, con una piacevole sorpresa sportiva, se non fosse che il Rapid riesce a raggiungere il pareggio e con esso i tempi supplementari proprio pochi minuti prima del triplice fischio. La lunga serata rischia di diventare interminabile perché, dopo nemmeno un minuto dall’inizio del primo tempo supplementare, i riflettori si sono spenti e ci sono voluti quasi 45 minuti per riparare il danno e riprendere il gioco. Nel mentre, le bandiere nel settore ospiti hanno continuato a sventolare senza sosta, con il buio occasionalmente rischiarato dalla luce di una torcia…

La lunga interruzione cambia completamente sia le sorti del match che l’atmosfera complessiva. Sul campo, dove i dilettanti di Gurten avevano trascinato i favoriti biancoverdi sull’orlo dell’eliminazione, il Rapid ora domina anche fisicamente e decide la partita con altri 3 gol. Sugli spalti invece, dove quasi tutti gli spettatori avevano sopportato pazientemente la lunga interruzione e quasi nessuno aveva lasciato lo stadio, si sente ormai solo il nucleo ultras ospite. Il tifo occasionale degli spettatori di casa, non ha più luogo: a volte l’intero stadio sembra essersi addormentato ad eccezione di quel piccolo angolo.

Peccato per i coraggiosi dilettanti di Gurten, fortunato il Rapid, i cui tifosi possono ancora sperare in una rinnovata partecipazione alla finale, che quanto possa significare per la curva, lo si era già visto qualche mese fa a Klagenfurt.

Poco dopo mezzanotte riesco a prendere finalmente la via di casa. Passione e organizzazione penso che in qualche modo mi piacciano entrambe e forse è solo una buona cosa che non tutte le curve seguano la stessa strada…

Jürgen De Meester