Il fatto che lo Stadio Friuli (guai a chiamarlo Dacia Arena da queste parti!) si presenti esaurito già da undici giorni per la sfida odierna tra i locali e la capolista comporta una serie di riflessioni e di puntualizzazioni da fare.  Se gli abbonati friulani e sostenitori delle Zebrette sono circa undici mila, arrotondando per eccesso, la stragrande maggioranza degli altri spettatori presenti ha il cuore bianconero juventino e, fatta eccezione per i gruppi del tifo organizzato, provenienti sostanzialmente da tutta Italia, è di origine friulana e soprattutto veneta. Udine, in questo senso, come realtà mitteleuropea, si presta ad “invasioni” di questo tipo: non mancheranno neanche supporter della Vecchia Signora provenienti dalla vicina Slovenia.

Tutto ciò, anche se forse non ci sarebbe neanche bisogno di dirlo, non fa che alimentare la voglia di affermarsi in quanto a tifo e colori da parte dei tifosi dell’Udinese. Una volta raggiunto l’impianto dei Rizzi, prendo posto, come al solito, nella parte alta della Curva Nord e non devo attendere molto prima che la contesa sugli spalti abbia inizio. Già prima e durante il riscaldamento, infatti, dalla curva friulana partono i primi cori offensivi indirizzati ai rivali juventini: sono rivolti tanto agli ultras ospiti, che hanno già preso posto nel settore loro riservato e in parte della Curva Sud, quanto ai tifosi della Vecchia Signora che si trovano nella parte bassa dei più vicini Distinti.

Mi metto a osservare il settore ospiti. Sono presenti tutti i principali gruppi juventini (eccezion fatta per i Viking, a causa delle note vicende) con i rispettivi striscioni e pezze disposte sulla vetrata fino a comprendere pure uno spezzone della Sud, dove si posiziona il Nucleo, accanto ai gemellati del Den Haag (di cui si distingue l’insegna del cigno sulla pezza).

L’ingresso in campo delle due squadre viene salutato con un paio di bandieroni e numerosi due aste da parte degli juventini, il cui tifo a livello sonoro durante la gara, però, risulta piuttosto scostante: si notano un paio di battimani e un coro vocalmente d’impatto unicamente al gol del pareggio di Bonucci, accompagnato dall’esultanza di tutti i supporter della Vecchia Signora stanziati negli altri settori. Forse la prova non brillante della Juve ha influito pure sulla prestazione dei suoi tifosi, che, in ogni caso, continuano a sventolare il bandierone bianconero dei Drughi per quasi l’intero corso del match.

Dall’altro lato, la curva di casa sente la sfida con molto orgoglio e sfodera una gran bella prestazione. L’unica pecca è forse un po’ d’assenza di colore, ma il tifo friulano è costante ed appassionato per più di novanta minuti, favorito anche dalla meravigliosa acustica del nuovo stadio che conferisce ulteriore ampiezza sonora a ogni coro. Il saluto all’inizio del match è segnato dallo sventolare di un paio di bandieroni, tra cui spicca quello storico dei Teddy Boys. Molto belli e originali, come sempre, i pannelli di stoffa colorati sollevati dagli Ultras ’95, mentre, nella parte alta del settore, spicca un piccolo copricurva della Nuova Guardia Ultrà (che, tra l’altro, fa da contraltare a quello targato Zona Praia sollevato a più riprese dai Drughi juventini).

Il supporto alle Zebrette, come detto, non conosce interruzioni. Si notano, tra gli altri, cori per i diffidati e per i gemellati vicentini. Il punto più alto si registra ovviamente al gol del momentaneo vantaggio di Zapata, con un’esultanza in puro stile british condita anche da qualche bicchiere di birra volante. Ma nemmeno il pareggio juventino muta l’atteggiamento degli ultras friulani, che anzi si esprimono in una sciarpata ben fatta che coinvolge soprattutto il settore centrale della Nord, quello più caldo.

Al termine della sfida, i supporter locali tornano a casa soddisfatti e con il sorriso sul volto per una delle migliori prestazioni stagionali dei bianconeri, mentre i rivali della Juve si vedono costretti, come ogni tifoseria ospite, a rimanere ancora per un po’ all’interno dello stadio per motivi di sicurezza, ingannando l’attesa con cori e goliardia.

Marco Michielis.