Varese-Como: vedendo il titolo di questa tifocronaca, tutti voi vi aspetterete un resoconto degli incidenti verificatisi sugli spalti nel primo tempo. Niente di tutto ciò. Per farvi un’idea basta cliccare sui tanti filmati in rete, anche se i migliori sono gelosamente custoditi negli archivi della Polizia di Stato.

A parte la giusta e morbosa curiosità dell’ultras del social accanto, quel che è successo rimane cosa di chi c’era, di chi le ha prese e di chi le ha date, di chi ha rinfacciato agli avversari un mancato scavalcamento e chi un cancello aperto, di chi si è buttato nella mischia e chi ha guardato, di chi verrà denunciato e chi la scamperà.

Fatta questa limpida premessa, Varese-Como – definito giustamente derby dell’Insubria – è una sfida tra due popolazioni che non provano molta simpatia reciproca.

Qualcuno fa risalire la rivalità ai tempi della conquista del Settentrione da parte di Federico Barbarossa a metà del XII Secolo, con Varese schierata con la Prima Lega Lombarda e Como accanto all’imperatore assieme a Pavia.

Più concretamente, l’astio campanilistico si poggia sul forte ascendente che Como ha avuto storicamente nella parte nord-occidentale della Lombardia, questo almeno finché Varese non divenne una provincia autonoma durante il ventennio fascista.

Due centri forti, quindi, distanti appena 25 km e percorsi dalla Strada Statale 342 Briantea, mentre la divisione tra le due province fu accentuata nel 1966 quando la ferrovia Como-Varese fu tristemente dismessa (oggi ci restano solo alcune vecchie stazioni).

Calcisticamente, è dal 2009 che le squadre non si affrontano in campionato, tra l’altro con i rispettivi divieti per le due tifoserie di presenziare in trasferta. I tempi erano già cambiati.

Ultimo contatto molto ravvicinato fu l’amichevole giocata al Sinigaglia tra Como e Inter, segnata da violenti scontri, nei quali i Varesotti diedero man forte ai gemellati interisti.

Che poi, ci si chiede, chissà come mai questa partita ad alto rischio viene resa libera per i comaschi: qualcuno parla, in anticipo, di una trappola premeditata; qualcuno dice che magari sarà a causa della prima volta che la partita si gioca nel triste scenario della Serie D e questo dovrebbe allentare la tensione e l’attenzione.

Non è proprio così, perché il pubblico torna all’Ossola e la presenza di casa viaggia verso i 2.000 spettatori (con lunghe file ai botteghini nel prepartita), mentre i comaschi sono circa 500.

Varese ha ormai preso il callo con le categorie dilettantistiche e ha perso, nella scorsa stagione, il treno del ritorno tra i professionisti nelle ultime giornate.

Il Como, dopo la triste vicenda di Lady Essien, ha preso in faccia lo schiaffo del fallimento, ripartendo dalla Serie D, con una nuova società ancora in assestamento e i soliti, tanti problemi legati all’agibilità dello stadio Sinigaglia.

Non è una partita come le altre, e lo si capisce dai tifosi. Nonostante le pezze appese già 90 minuti prima del fischio d’inizio, il grosso del gruppo di casa attende fuori nel consueto luogo di ritrovo, intonando, di tanto in tanto, qualche coro.

I comaschi arrivano a ridosso del match improvvisando un breve corteo sotto al settore.

Qualcosa non fila liscio di fuori, la tensione è tanta e i tifosi di casa fanno l’ingresso qualche minuto dopo l’inizio della partita. I comaschi arrivano al 12° e si riversano in massa verso la recinzione del settore ospiti, lato distinti.

Il resto è storia già raccontata.

A livello di tifo gli scenari cambiano in base alla sponda e in base all’umore della partita. A parte nei momenti più concitati, il tifo biancorosso nel primo tempo è veramente di ottima fattura, con grande intensità e poche pause.

I Comaschi cominciano a tifare intorno alla mezzora e ingranano pian piano, partendo a spron battuto con offese contro i rivali.

Il quadro si completa nel secondo tempo: arriva la Curva Nord dell’Inter, rappresentata dal suo striscione e segnalata dai cori a favore dei Blood & Honour (il ritardo, giustificatissimo, è dovuto alla partita tra Inter e Spal giocatasi a San Siro alle 12.30). Da segnalare che anche gli Arditi del Varese Basket marcano presenza, evidenziata da un coro contro Cantù (che non a caso è in provincia di Como).

Le offese reciproche a suon di cori sono il leitmotiv della giornata. I padroni di casa alzano due striscioni per evidenziare le incursioni notturne dei dirimpettai, mentre un terzo striscione è dedicato all’”hot topic” degli stupri.

La partita in campo è nervosa e spigolosa e sembra avviata sullo 0-0. Questo finché, a 5 minuti dalla fine, Molino non segna un gol di testa su svista del portiere di casa: la corsa dell’intera squadra lariana sotto al settore dei propri supporters è da “Libro Cuore”, così come l’esultanza della tifoseria blu.

La tifoseria varesina avverte lo scoraggiamento, mentre Como è in visibilio.

A fine partita la festa per il gol si ripete nuovamente e in maniera prolungata sotto al settore ospiti, mentre a Varese è notte fonda, non solo per il cielo plumbeo. Ciò nonostante, la tifoseria di casa applaude i propri giocatori.

Diavolo Amaro.