Alcune altre notizie da quest’ultimo fine settimana, raccontano di una denuncia e successivo avvio del Daspo per un tifoso del Benevento trovato in possesso di materiale pirotecnico durante i controlli prefiltraggio della gara interna contro il Gubbio. Nello specifico, il fermato, era in possesso di tre petardi di categoria IV, quindi non utilizzabili in pubblico e men che meno allo stadio, dove anche un peto è spesso ritenuto fonte di pericolo per l’incolumità pubblica e può portare al daspo. Al netto dell’amara ironia, ammesso che non si sfugge in alcun modo dalla propria responsabilità e che nulla si può eccepire a discolpa di questo caso che non sembri una arrampicata sugli specchi, quello che però fa senso, è vedere un ampio tavolo di questura imbandito con tre misere “miccette”. Fossi stato nei panni del giornalista o del fotografo chiamato per questo clamoroso scoop da quattro soldi, avrei bestemmiato tutti i santi del calendario in ordine alfabetico. C’era un tempo in cui, anche allo stadio, questo tipo di burrascosi rapporti tra autorità e tifosi erano un tantino più “cavallereschi”: facevi la tua bravata da ragazzetto, ti prendevi qualche calcio nel culo dal poliziotto di turno che poi, dopo averti intimorito e “educato” a modo suo, ti lasciava perdere perché aveva (ed avrebbe tuttora…) cose più importanti a cui badare. Vedere invece oggi questa estrema spettacolarizzazione mediatica dell’ordine pubblico lascia quantomeno pensare. Per fare poi due più due basta pensare alle scalate politiche che tanti questori hanno fatto negli ultimi anni, e più spregiudicate sono state le loro carriere da “sceriffi” e più in alto nella scala gerarchica sono arrivati: ogni riferimento a chi, condannato per le violenze della polizia che presiedeva durante il G8 di Genova, è poi arrivato fino al Sottosegretariato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, è puramente voluto.

Saltando dalla padella alla brace, a Vasto invece, due ragazzi sono stati addirittura arrestati perché, prima della gara di Eccellenza tra Vastese e Avezzano, hanno partecipato ad una sorta di “assalto”, che forse non è il termine esatto ma è l’unico che ci viene in mente, ai danni del bus che trasportava la squadra ospite. Nell’azione sono stati asportati due borsoni con il materiale tecnico della squadra ospite. Oltre a questo, un tergicristallo e un fanale rotti, ai quali vanno a sommarsi altri danni minori alla carrozzeria per un gran totale che il presidente dell’Avezzano ha quantificato in 9.500 euro. Ora, anche in questo caso, lungi da ogni giustificazionismo, però finire in carcere per un borsone e un calcio ad un bus è veramente sproporzionato, visto che intorno e quotidianamente si consumano eventi delittuosi ben peggiori, che quando riguardano “gente di un certo livello” vengono sempre o sottaciuti o accolti con tutti i benefici del dubbio o del garantismo. Se questo è il modo migliore che conoscono per formare cittadini, tra qualche anno raccoglieranno tutti i loro frutti di rabbia sociale.
Anche in questo caso, immancabile la conferenza stampa del questore e di vari sodali, tutti presi a farsi belli davanti alle telecamere e ai taccuini dei giornalisti che zelanti hanno riportato tutte le verità di parte senza mai confutare con mezza domanda interlocutoria. Bravi, meritano tutti un plauso… per aver mandato in carcere due ragazzi per un borsone e aver risolto tutti i mali di questo paese che adesso può tornare a vivere. In questo tempo di scelte estreme, bisognerebbe ricordare a questa gente che esistono vie di mezzo per risolvere certi problemi e se continuano a credere che spararsi nella faccia per togliersi un brufolo sia un metodo efficace, tra qualche tempo arriveranno stagioni molto amare nella bilancia dei rapporti tra cittadini ed istituzioni.

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