Da qualche tempo la voglia di viaggiare mi spinge ad organizzare dei weekend fuori porta, con partenza il venerdì notte e ritorno a casa il lunedì mattina, ovviamente sempre rincorrendo quella fortunosa serie di eventi che mi permetta di partecipare a più partite possibili, ma anche di tenermi del tempo a disposizione per vedere altre cose interessanti, non solo riguardanti la sfera prettamente sportiva.

Dopo una complicatissima cernita di gare, tra incastri di pullman low cost, pernottamento e tutto il resto, partorisco la mia decisione finale che mi intriga molto, con ben tre partite da seguire: due già il sabato, Alcione Milano-Albenga il pomeriggio e Urania Milano-Juvi Cremona di basket la sera, nello storico ma modernizzato Palalido (sebbene ormai denominato Allianz Cloud); mentre il giorno seguente chiuderò il cerchio con Cremonese-Cosenza di Serie B.

Partenza dunque venerdì notte in pullman, tenebre che inducono al sonno e arrivo alla stazione dei pullman di Lampugnano senza quasi accorgermene e senza che le luci del giorno siano ancora spuntate. Come da prassi, sia per ricaricarmi, sia per aspettare l’alba, decido di entrare nel bar dell’autostazione, per una rigenerante colazione. A questo punto avrei due opzioni: decidere di prendere la metro, perdendomi alcune tappe lungo il tragitto, oppure farmela a piedi, nonostante il freddo davvero pungente ed i primi raggi di sole che tardano ad arrivare. Senza pensarci troppo, opto ovviamente per la camminata direzione “San Siro”, come diceva Venditti in una sua famosa canzone.

Arrivo in zona stadio, nello storico salotto del calcio italiano in men che non si dica. Da ricordare che il nome “San Siro” deriva dalla zona dove è costruito, ma lo stadio è in realtà intitolato all’indimenticato campione Giuseppe Meazza, che giocò sia con l’Inter, dove ebbe il maggior numero di presenze, che con il Milan. Fu inoltre campione del mondo con la nazionale italiana nelle edizioni 1934 e 1938. Frattanto spunta il sole, di conseguenza la visibilità migliora e permette di osservare i minimi particolari di questo splendido impianto. Con tutta calma e senza nessuno in giro, ho modo di vedere tantissimi dettagli che magari nel giorno di una partita non sarei riuscito a cogliere.

Arrivo dalla parte della Curva Nord interista e me ne accorgo dai bei murales che celebrano tutti i gruppi che ne fanno parte, nonostante la recente decisione di unirsi tutti dietro un unico striscione, oltre a scritte e ritratti per l’indimenticato Vittorio, scomparso tragicamente meno di due anni fa. Terminato il giro, non posso far altro che dirigermi dalla parte opposta: la Curva Sud rossonera presenta lo stesso identico paesaggio, con murales dei gruppi che la compongono, sicuramente posizionati in maniera differente ma sempre sullo stesso tema. Percorrendo via Harar noto altri murales rossoneri, molto più grandi di quelli precedenti, fino ad arrivare all’ultimo murale sito in via Novara, di marca interista, ossia quello che ricorda lo sfortunato ultras varesino Daniele Belardinelli, per gli amici Dede, scomparso durante gli scontri con gli ultras napoletani del dicembre del 2018. È molto interessante osservare da vicino tutte queste opere ubicate in più punti e anche come le due tifoserie rispettino i reciproci spazi, cosa che rimanda indietro ad inizio anni Ottanta, quando fu stipulato quel famoso patto di non belligeranza che vige tuttora.

Nonostante i mille ricordi il tempo non dà tregua, e mi riporta alla realtà odierna, nella fattispecie alla gara pomeridiana dello stadio “Kennedy”, dove si affrontano due squadre che stanno letteralmente stupendo per il campionato fin qui disputato: i padroni di casa dell’Alcione Milano, capolista incontrastata del girone A di serie D ed i neopromossi liguri dell’Albenga. La distanza che dallo stadio San Siro mi separa da questa struttura è veramente poca e, una volta attraversato il grande e famoso ospedale San Carlo Borromeo, prendo una strada che mi accompagna proprio davanti all’impianto. Quello che mi trovo di fronte è un vero e proprio centro sportivo: comprende più campi da calcio, destinati anche ad altre società; inoltre ci sono anche alcuni campi da tennis e perfino un campo da baseball e uno da rugby, dove le diverse associazioni sportive seguono da vicino i ragazzi di questo neo-quartiere, sorto non da tanti anni, almeno a giudicare dai palazzi e dalle strade. Circumnavigandolo riesco a scorgere una piccola chicca, un monumento dei tempi che furono e che ancora resiste al cemento nell’area circostante, rievocando la distesa di campi e strade di campagna: si tratta della Cascina Lanterna del 1200, dove vi soggiornò lo scrittore e poeta Francesco Petrarca nei suoi trascorsi milanesi, scoperta per puro caso vagando intorno al complesso sportivo.

Dopo il classico giro esterno, non mi resta che finire il mio personalissimo tour all’interno, dove entro abbastanza agevolmente e dove un inserviente sta lavorando per sistemare il campo di gioco che a breve vedrà protagoniste le due squadre. La conformazione dello stadio è semplice, essendo composta da appena due tribune in ferro: quella dei locali, più in alto e, a poca distanza, quella più bassa destinata alle tifoserie ospiti, divise appena da una rete. Qualora l’Alcione dovesse approdare nei professionisti, mi duole ammetterlo, sicuramente non potrebbe giocare in questa struttura, ma sarebbe costretta a trovarne un’altra. Ecco spiegato il mancato ripescaggio della scorsa stagione, nonostante avesse vinto i play off del proprio girone.

Oggi i padroni di casa si trovano ad affrontare i bianconeri dell’Albenga, seguita dalla sua storica e calda tifoseria, la quale mancava dalla serie D dal lontano 1989-90, quando la categoria si chiamava ancora Interregionale. Calcolando che la città di Albenga conta all’incirca 23.500 abitanti è un lusso avere una tifoseria con un buon numero, ma soprattutto con tanta costanza nel seguire le sorti della squadra, che nei suoi burrascosi trascorsi è partita più volte dal fondo dopo un paio di fallimenti. Personalmente me li ricordo molto bene nei tempi passati, principalmente quando tra le pagine della storica rivista Supertifo, trovavo diverse foto degli ultras ingauni (antico nome dei primi abitanti nella città denominata Albingaunum). Poco prima del fischio d’inizio sarà proprio Gabriele, appartenente ai FEDELISSIMI Albenga, a darmi qualche informazione in più sulla sua tifoseria e sulla presenza odierna. Inoltre mi racconta che proprio lui due anni fa è stato tra i promotori e fondatori del museo dell’Albenga, cosa che dimostra quanto poco conti la categoria e quanto importante invece sia il rapporto tra tifoseria e squadra nel tempo; qualcosa di viscerale fatto di sacrifici e tradizioni da tramandare alle future generazioni.

Grazie alla gentilezza dei dirigenti dell’Alcione, in breve tempo sono già in campo e posso avere una visione più completa di quello che succede sugli spalti. La tifoseria di casa non sembra avere un seguito ultras, benché la balaustra sia piena di striscioni molto probabilmente sistemati dalla società stessa. Durante i novanta minuti il pubblico locale non si lascerà andare praticamente mai e sarà sempre molto composto, forse anche troppo, non avendo un sussulto nemmeno nelle occasioni più importanti. Passando agli ospiti il grosso degli ultras arriva a ridosso del calcio d’inizio, entrando tutti insieme in fila indiana e sistemando molto celermente le pezze alla recinzione. La predisposizione è buona perché il gruppo principale ARMATA INGAUNA si sistema a centro settore, mentre i FEDELISSIMI sono più defilati. Da segnalare con i liguri la presenza degli amici milanesi del Partizan Bonola con lo stendardo BRB. Vi è pure la sezione di Milano degli ultras Albenga, presenti con uno stendardo.

Nel frattempo, la partita comincia, l’Albenga gioca praticamente in casa e durante l’arco della gara il tifo è sempre molto costante, con il bandierone sventolato quasi continuamente e diversi battimani effettuati. I ragazzi mi stupiscono positivamente, poiché non avendo un numero così elevato al seguito, sopperiscono cantando con una buona dose d’intensità, senza subire troppi cali o registrando pause. Peccato solo che oggi sia mancato il confronto con un’altra tifoseria, ma la partita era troppo importante per la classifica e questo si è visto pure sul rettangolo verde, con le due squadre alquanto contratte e il risultato finale, fermo sullo 0-0, rispecchia questa tensione.

Al triplice fischio applausi per tutti, da ambo i settori, sia per l’Alcione Milano che consolida il primato in classifica che per l’Albenga saldo al terzo posto. Mi piacerebbe tornare a vedere gli ultras liguri in futuro, magari tra le mura amiche, nello storico stadio “Riva” dove la squadra bianconera continua a far sognare e gioire gli spettatori che calcano ancora oggi quegli storici gradoni. Con il calare della sera e l’abbassarsi ulteriore della temperatura, mi affretto per tornare al mio alloggio dove, oltre a riposare, metterò a caricare i miei apparecchi elettronici: a breve dovrò essere nuovamente attivo per seguire la partita di Serie A2 in quel Palalido dove anche l’Olimpia Milano ha avuto la fortuna di scrivere pagine importanti della sua storia e di quella di tutto il basket italiano. D’altronde la fatica scompare sempre davanti alle passioni ed a quello che ci piace fare di più.

Marco Gasparri