L’altipiano dei Pratoni del Vivaro si estende maestoso ai miei lati, mentre la Via Tuscolana sembra tagliarlo in due senza provocargli dolore alcuno. Scendendo dai Castelli Romani il clima cambia quasi radicalmente in questa domenica di novembre. La pioggerella che ha caratterizzato la mattinata è cessata, lasciando spazio alla fauna locale che rigogliosa sembra aver dimenticato l’arrivo della stagione fredda.
Mi permetto di lasciare la macchia in folle, ruzzolando verso il mare. Anzio è la mia destinazione. Man mano che la strada si avvicina alla costa il vento di tramontana si fa sempre più intenso, colpendomi in pieno una volta sceso dalla macchina. Ma tutto sommato lo ritengo un privilegio: quello di vivere a pochi chilometri da colline, mari e montagne e poterne cogliere l’essenza anche nelle stagioni “poco frequentate”. Se poi questo è legato a una partita di calcio allora si può tranquillamente raggiungere l’optimum.
Il Bruschini è uno stadio vecchio stampo, con la sua cinta muraria vissuta e fatiscente e il suo terreno di gioco ridotto spesso in pessime condizioni. Tipico impianto a pochi metri dal mare, che potrebbe raccontare vita, morte e miracoli di una delle storiche compagini laziali. Nonché il club dove hanno mosso i primi passi elementi del calibro di Bruno Conti e Stefano Colantuono.
Oggi va di scena il remake della partita disputata in Coppa Italia questa estate. La prima del nuovo Latina, dopo il fallimento e la ripartenza dalla Serie D. Per i pontini si è trattato ovviamente di un colpo basso, arrivato al termine della storica permanenza in Serie B (con tanto di finale playoff per la A persa contro il Cesena nel 2014), laddove prima non erano mai arrivati.
Come sempre gli unici a pagare beghe societarie, poca professionalità e impegni non mantenuti sono i tifosi, che a maggior ragione oggi dovrebbero essere veramente i soli custodi delle tradizioni calcistiche cittadine. Eviteremmo di sicuro gran parte dell’infinita sequela di fallimenti e crack che ormai caratterizzano il calcio italiano da quasi trent’anni. Se prendiamo solo il Lazio – fatta eccezione per Roma – non c’è stato un capoluogo di provincia a non esser lambito da siffatta sorte sciagurata e, a occhio e croce, direi che anche gli altri marchi storici regionali hanno dovuto sottostare, almeno una volta, all’onta di fallimenti e radiazioni.
Insomma, anche se ci abbiamo fatto il callo, tutto ciò continua ad essere allucinante. Ed è quasi ridicolo che qualcuno – all’indomani delle disfatte in campo internazionale – si chieda come mai il calcio italiano sia ormai allo sfacelo. Un crollo ha sempre origine dalla base e se questa continua a esser defraudata e impoverita del proprio significato intrinseco, oltre che spesso popolata da veri e propri banditi, di certo non si può pretendere che ai vertici la competitività e i risultati rimangano eccellenti.
Lo sanno bene a Latina e non ne hanno comunque fatto un motivo ostativo per non seguire i nerazzurri. Sebbene l’estate sia stata tutt’altro che rosea, tra l’ipotesi Pezone che con la sua Racing – prima di installarsi a forza in quel di Fondi – sembrava essere a un passo dalla presidenza, e poi con la chiusura dei giochi ad appannaggio delle cordata presieduta dal sindaco e spalleggiata da Andrea Chiappini, attuale allenatore dei nerazzurri e storica figura per il calcio latinense.
Un epilogo che comunque non ha acceso gli entusiasmi a Latina. Infatti non sono pochi quelli che imputano al nuovo sodalizio qualche legame di troppo con quello fallito lo scorso anno.
Inoltre un inizio di campionato non proprio perfetto ha dato il la a diverse contestazioni, in particolar modo proprio contro il tecnico Chiappini. Un rapporto che si è definitivamente spezzato dopo il pareggio interno della scorsa settimana con il Lanusei, quando la curva ha chiamato a rapporto tutta la squadra e l’allenatore è stato l’unico a tirar dritto per gli spogliatoi. Divenendo mira degli insulti del pubblico (come oggi al Bruschini). Un episodio che ha inevitabilmente gettato più di qualche ombra anche sul rapporto tra i giocatori e Chiappini. Per tutta risposta la società ha disposto il silenzio stampa, definendo il quadro della situazione.
Anzio e Latina distano poco più di trenta chilometri e ovviamente dal capoluogo pontino è attesa una massiccia affluenza. Anche se rispetto alla partita di Coppa Italia, a marcare visita saranno quasi esclusivamente gli ultras. E la cosa, a livello visivo e d’impatto, favorirà senza dubbio il contingente nerazzurro.
Sugli ultras di casa c’è da fare un discorso a parte. Da qualche giornata i supporter portodanzesi non sono più al loro posto. Uno spiacevole episodio, che onestamente andrebbe approfondito rispetto ai semplici commenti da bar sparati da giornali locali e non, rischia di tagliare seriamente le gambe al tifo organizzato tirrenico. Sembrerebbe infatti che durante la partita con il Lanusei uno di loro sia stato portato via dalla polizia per aver acceso un fumogeno e che i suoi compagni, nell’intento di aiutarlo, si siano accaniti contro gli agenti. Questa la versione ufficiale riportata da tutti i giornali con tanto di condanne unanimi seguite però, come sempre, da nessun dubbio e nessun ragionamento.
Quella con il Lanusei era stata scelta dagli ultras anziati come partita per ricordare Giulio Parente, giovane tifoso scomparso lo scorso anno in un incidente stradale. Una domenica particolare, cominciata con un omaggio floreale ai genitori del ragazzo e continuata nella sua memoria. Atteso che se suddetta reazione c’è veramente stata va condannata, ci si deve altresì chiedere quanto sia ancora normale esacerbare gli animi e creare tensioni per l’accensione di una torcia o di un fumogeno?
Inoltre, mi sia concesso di insinuare, bisognerebbe anche conoscere i metodi con cui il ragazzo è stato portato via. Insomma: i media come al solito si sono limitati a riportare la versione rilasciata dalla polizia o hanno cercato di fare minimamente il proprio lavoro cogliendo tutte le sfaccettature dell’accaduto? Magari senza partire dallo squallido assioma “tifo=colpevole a prescindere”? Ai posteri l’ardua sentenza.
Tornando alla partita, come dicevo gli ultras del Latina giungono in buon numero e, a gara iniziata, si posizionano nella loro gradinata raggruppandosi dietro le loro pezze. Aiutati da un paio di bandieroni e da diverse bandiere colorano la loro bella prestazione per tutti i 90′. Tanta voce e praticamente nessuna sosta, oltre a qualche fumogeno e un paio di “bomboni” che ricordano i bei tempi che furono.
Da sottolineare uno striscione contro Chiappini e un altro di solidarietà nei confronti degli ultras reggini, vittime di una spropositata campagna repressiva per l’esposizione della coreografia inneggiante all’eruzione dell’Etna contro il Catania, qualche settimana fa.
Il girone non è certo di quelli esaltanti. Poche tifoserie e confronti ridotti al minimo, ma il poter tornare a viaggiare senza tante limitazioni (anche se i pontini sono spesso osservati speciali, con servizi d’ordine fin troppo meticolosi e pedanti) e l’assaporare nuovamente l’atmosfera dei campi della provincia non dispiace evidentemente a nessuno. La Nord ha senza dubbio l’opportunità di rimodellare e allargare la base in vista di una risalita nel calcio professionistico.
In campo la partita è tutt’altro che esaltante e alla fine il Latina riesce a spuntarla per 2-1. Molto belle le esultanze del settore ospiti e l’abbraccio finale tra squadra e tifosi. Tutto ovviamente ripreso dalle telecamere della polizia, manco fosse l’appendice del G8 di Genova.
La brezza marina si sta facendo sempre più forte, arrivando fin dentro le ossa. È ora di togliere il disturbo e risalire in macchina. Direzione Roma. La Via Nettunense è semivuota. Sembra quasi impossibile pensare che sia la stessa caotica arteria che d’estate diventa a dir poco invivibile. Ma l’inverno tra la città e il mare è bello perché ti sa ancora regalare odori particolari. Tanto bistrattati da risultare belli.
Simone Meloni