In questa bellissima domenica autunnale non avevo sinceramente molta voglia di andare a Casarano. Con il sole alto nel cielo, la gente in viaggio verso il mare e l’idea di fare tre ore di macchina per raggiungere il sud del sud non mi allietava troppo. Allo stesso tempo mi son detto che l’opportunità di scoprire un nuovo campo e due tifoserie che non avevo mai visto all’opera andava probabilmente colta. E così con un’ora di ritardo mi decido a partire da Andria verso il tacco dell’Italia in virtù dell’unica motivazione che mi spinge a sorbirmi i 265 chilometri che mi separano da Casarano, che nel mio immaginario geografico vedo distante da tutto e in effetti questa traversata mi aiuterà a capire fino a che punto la Puglia sia estesa.

Sulla superstrada non c’è traffico ed abbiamo pure tempo per fermarci a Fasano per comprare qualcosa da mangiare in un forno. «Quando sei in Puglia, fai come i Pugliesi» per parafrasare Sant’Ambrogio, per cui prenderci una focaccia prima della partita è il minimo. Tra il paesaggio stupendo, il cielo azzurro, i campi di ulivi ed il gusto della focaccia sono sicuro di essere nel posto giusto e grazie anche all’autista e simpatico compagno di viaggio, arriviamo persino venticinque minuti prima del fischio d’inizio nonostante il nostro ritardo in partenza.

Una volta arrivati, troviamo un posto di blocco presidiato da una vigilessa che chiude la strada che conduce alla Curva Nord. Tutto abbastanza inutile, soprattutto per via dell’amicizia tra le due tifoserie. All’angolo tra tribuna e curva, chiediamo per i nostri accrediti ed in pochi secondi siamo sul campo, nonostante la difficolta burocratica a monte nell’ottenere questo pass. Follia tipica di alcune società italiane che ti rifiutano l’accredito, nonostante sia una partita di serie D che quasi nessuno segue a livello mediatico. Posso solo ringraziare la dirigenza dell’Altamura Calcio per avermi aiutato in questa vicenda kafkiana e purtroppo abbastanza rappresentativa del Bel paese.

Lo stadio Giuseppe Capozza è davvero un piccolo gioiello, non me l’aspettavo cosi bello. Me lo ricordo ovviamente per via dei Supertifo e del Commando Ultrà Sao Paolo, primo gruppo in assoluto della tifoseria rossoblù fondato nel 1980. Il suo nome deriva dell’omonimo bar Sao Paolo dove si ritrovava la prima “Torcida” locale che decise di raggrupparsi dietro uno striscione e di cambiare per sempre il volto della tifoseria locale. Iconica in tal senso la scenografia brasiliana del CUSP, nel derby con il Lecce dell’8 ottobre 1995, con il rombo giallo che racchiude il globo terrestre su sfondo verde costituito da cartoncini che, dopo qualche secondo, vengono girati e al rombo giallo di cui sopra affiancano uno sfondo rosso e blu. Oltre alla reinterpretazione della bandiera brasiliana, questa partita è rimasta negli annali perché è stato quella più seguita nella storia dell’impianto, con 10.000 spettatori presenti sugli spalti.

Lo stadio è intitolato, come detto, a Giuseppe Capozza, noto imprenditore locale che diede particolare impulso all’industria cittadina. Fu inaugurato il 17 ottobre 1954 con una partita fra Casarano e Francavilla e non aveva ancora la curva nord. Bisogna aspettare il 1985 per vedere l’erezione di quest’ultima ed una ristrutturazione dello stadio con la tribuna che fu coperta ed il settore dei distinti rialzato. Poi nel 2007, una seconda ristrutturazione al seguito del quale al “Capozza” fu riservato l’onore di ospitare la nazionale Under 21 in alcune gare dell’Europeo di categoria. Oggi come oggi è davvero un bellissimo impianto di 6.500 posti al servizio di una città che conta poco più di 19.000 abitanti.

La prima cosa che noto mettendo piede sul manto erboso sono gli striscioni. Sia in curva nord che nei distinti si possono notare decine di metri di stoffa, di plastica, tutti dedicati alla gloria del Casarano Calcio o della città. Una cosa che dovrebbe essere normale in tutti gli stadi italiani e che purtroppo si è persa da anni un po’ ovunque nella penisola. Qua c’è una passione radicata per la squadra ed i tifosi tengo a farlo notare. La linea che demarca la differenza tra realtà passionali e altre “normali” la cogli anche dalla cultura sportiva che si respira, aspetto che va ben oltre le dinamiche ultras. In basso, in curva nord, campeggia invece un lunghissimo striscione con la scritta: “Ceasaranum superbia nostra”, che è diventata la sigla che raccoglie le diverse anime del tifo di casa. Ceasaranum è il nome della città in latino che deriva, sembrerebbe, del patronimico di un soldato che doveva chiamarsi Cesare. Come di consuetudine al tempo, ai legionari veniva assegnata una porzione di terra per i loro servizi e questo Cesare ricevette un terreno nel sud dell’Apulia.

La curva è abbastanza grande ed è piena al 40%, perché purtroppo a Casarano il tifo e diviso. In curva prendono posto gli Street Mentality ed il Vecchio Stile e nel lato destro dei distinti campeggia lo striscione Casarano, che nel 2018 aveva per progetto di raccogliere le diverse anime della tifoseria sotto un unico nome, Casarano scelta di vita. Ma per diversità di pensiero questi ragazzi si sono poi spostati in gradinata da qualche mese. Nel progetto attuale convergono diverse sigle: CUSP, Casarano 1927, Portici Skonvolti ed Ich liebe dich. Questa divisione del tifo, come ovunque, non è mai buona per il sostegno vocale e lo noterò anche durante la partita.

Nel settore ospite, enorme, visto che è costituito dall’intera curva Sud, non c’è ancora nessuno. Ad un quarto d’ora dal fischio d’inizio entrano compatti i 120 altamurani, un ottantina di ultras ed una quarantina di tifosi. Potrebbe sembrare un bel numero ma poteva essere ancora migliore perché, come in uso in Italia da qualche anno, la vendita dei tagliandi è stata limita a quel numero massimo. Ridicolo? Sì, ovviamente, soprattutto se si pensa all’amicizia che lega le due tifoserie ed al settore enorme che potrebbe ospitare precisamente 1.020 persone, ma questa è la prassi purtroppo a Casarano e non solo, per cui non possiamo far altro che ringraziare la questura di turno.

Velocemente dispongono le loro pezze nel settore, dagli Irriducibili agli A Gomito Alto e gli altri gruppi (25 maggio 2015, Altamura 1988 e Decima Mas). Nonostante una miriade di sigle, i sostenitori venuti della Murgia si compattano in un solo blocco. Quando le squadre entrano in campo, si prodigano in una bella sciarpata condita con bandiere, stendardi e qualche fumogeno biancorossi. Di fronte, la curva Nord propone una sbandierata classica mentre in gradinata si notano diversi stendardi e due bandieroni. Lo stadio salentino presenta complessivamente un buon colpo d’occhio, sono presenti circa duemila spettatori, numero importante se rapportati al bacino d’utenza di Casarano.

Il tifo degli ospiti parte bene, uno stile abbastanza asciutto e filo inglese. Si nota il loro stile particolare dalle sciarpe a bande alle pezze molto curate. Di fronte, invece è un tifo più classico, all’italiana, con qualche pausa di troppo tra i canti. C’è un lanciacori che si posiziona nella parte alta della curva e sopra di lui si radunano le persone che vogliono tifare. Purtroppo sono solo un sessantina/ottantina a seguire le direttive e vista la posizione alta del loro blocco, faccio fatica a sentirli certe volte. Infine, anche nella gradinata c’è un ragazzo col megafono che fa cantare sempre più o meno una settantina di ragazzi e sempre con qualche pausa. Lo stile tra la curva e la gradinata e un po’ diverso. Più classica la curva nord, mentre in gradinata i ragazzi hanno qualcosa di più contemporaneo. Nonostante questo sono accomunati dal colore nero che si vedo purtroppo dominare sulle magliette ed alcune bandiere. Non mi piace molto, si intuisce, questo Total black che va ora di moda, l’impatto non è poi così bello. Per fortuna col bel caldo che c’è oggi (24 gradi), diversi ragazzi si tolgono la maglietta nera e restano a torso nudo, offrendo un impatto visivo molto più bello. Su uno striscione appeso nei loro pressi, si nota il volto di Federico Aldrovandi, un ricordo sempre vivo e condiviso da nord a sud.

Dopo dieci minuti di gioco, la curva espone lo striscione: “Nicolò tieni duro” per un ragazzo di Altamura vittima di un incidente stradale. Viene applaudito da tutto lo stadio. Sarà poi la gradinata a tirare fuori un altro striscione per celebrare l’amicizia ventennale con gli altamurani: “2003/2023… Portiamo avanti la tradizione. Altamura a Casarano nessuna distinzione”, di nuovo salutato con applausi. Poi c’è tempo per una sciarpata della curva nord, che vede un centinaio di persone partecipare. Una cosa bella e semplice che mi piace sempre, perché fa parte dell’essere ultras: difatti faccio fatica a capire gli ultras che vanno senza sciarpa allo stadio, è il minimo sindacale secondo me.

Al 40’ il Casarano passa in vantaggio per la felicità della tifoseria locale. Arriva la pausa, tempo per le due tifoserie di rigenerarsi. La partita riparte e dopo 15 minuti raddoppia il Casarano per la grande gioia del pubblico di fede rossoblù. Gli ospiti fanno fatica a crederci ma continuano a sostenere l’undici di Altamura seppur un calo si senta. In questo secondo tempo la curva espone un altro striscione: “Ciccio Stola libero” e qualche attimo dopo anche il gruppo Casarano espone nei distinti: “Dignità per Ciccio… E per tutti gli ultras detenuti”. Due frasi che possono sembrare pura retorica ultras, ma sono destinate alla stessa persona della Cosenza ultras. Questo ragazzo è detenuto infatti a Catania nell’ambito di un’inchiesta sulla criminalità organizzata cosentina ed aspetta il suo processo da un anno. È ridotto su una sedia a rotelle per via di una patologia incurabile. Nonostante un medico legale lo abbia visitato ad ottobre e ne abbia attestato l’incompatibilità con la vita carceraria, rischia comunque di essere paralizzato a vita se non rasferito d’urgenza per subire cure specialistiche all’esterno, cosa che le autorità non sembrano intenzionate a concedergli. Avendo una malattia neurodegenerativa, la sua è un’emergenza e andrebbe curato in un centro di microchirurgia e non nel modesto centro clinico dell’amministrazione penitenziaria dove si trova. Questo caso tristissimo ci ricorda che un trattamento umano dovrebbe essere per tutti, ovviamente anche per i detenuti. Almeno la retorica ultras spesso abusata o usata male, questa volta permette di mettere in luce questi abomini.

Sul campo l’Altamura riesce a segnare nel recupero, il goal del 2 a 1 ma non basta la grinta degli ultimi secondi e sono i rossoblù a festeggiare la vittoria. Alla fine i giocatori delle due squadra vanno sotto i rispettivi settori con stato d’animo diverso. Delusi gli altamurani e con grande gioia i Casaranesi che sperano nel salto di categoria. E tempo per noi di lasciare lo stadio, ma non Casarano. Andiamo dietro il settore ospite e possiamo vedere le due tifoserie che bevono insieme e rinsaldano questa amicizia ventennale. Una cosa incredibile, dopo una ventina di minuti, la polizia obbliga tutti a ripartire e impone un corteo per far uscire dalla città i veicoli degli altamurani. Non capisco questa mossa, forse lo zelo o la paranoia di un funzionario locale? Forse mero ed arrogante esercizio di potere? Visto il clima disteso tra le due tifoseria è sicuramente e del tutto incomprensibile.

Prima di partire anche noi, andiamo a scoprire il centro della cittadina pugliese che non è cosi distante dallo stadio. Non sopporto di vedere solo la partita, è importante girare la città, parlare con i locali per capire meglio sia la tifoseria che il contorno, cioè il territorio e la sua cittadinanza. Il centro di Casarano è deserto in questa domenica, ma la sua bellezza non mi sfugge, tra la chiesa madre nel suo stile tipico barocco leccese, i diversi palazzi del centro storico ed ancora la colonna di San Giovanni Elemosiniere nella centrale Piazza San Giovanni. Purtroppo dobbiamo ripartire per vedere l’ultima partita di questo lungo ma spettacolare fine settimana. Ma questo giro a Casarano mi ha dato voglia di tornare e di prendere tempo per capire meglio le dinamiche di questo territorio di confine. E più giro e più capisco perché è soprannominato Bel paese: è ovvio, basta solo aprire gli occhi e partire all’avventura. Senza questa cultura del tifo, non avrei mai esplorato così la geografia dell’Italia. Posso solo ringraziare Supertifo, trent’anni dopo!

Testo di Sébastien Louis
Foto di Sébastien Louis e Davide Gallo

Galleria Davide Gallo: