Quanto possa essere grande il dolore nella vita è un argomento tanto terribile quanto inquietante. Terribile perché la morte di un ragazzo di 26 anni è sempre un fatto sconvolgente. Inquietante perché basta il solo pensare ad una ipotetica perdita delle persone più care che abbiamo, per immedesimarsi nel dolore dei familiari e della compagna di questo ragazzo.
La morte di Mattia Giani, avvenuta a seguito del malore che lo ha colpito domenica 14 aprile, ha sconvolto l’intero mondo del calcio e non solo.
Tutti a parlare di un ragazzo buono, sempre disponibile e sorridente.
Frasi non di circostanza, ma sentite: sia da chi lo conosceva da vicino, sia da chi lo aveva appena intravisto.
Purtroppo di fronte ad una tragedia di tale portata, l’unica cosa da fare è quella di rimanere vicini alle persone che soffrono. Stare lì, nel dolore: nessuna parola, solo l’esserci.
Azione fisicamente semplice ma molto difficile.
Cosa che i ragazzi delle Brigate hanno fatto fin da quel maledetto pomeriggio a Campi Bisenzio.
Mancherà Mattia: sia in campo che fuori.
Era un dieci vero, che dava del tu al pallone. Lo vedevi da subito.
Era un ragazzo adorabile, con tanti sogni da realizzare con la sua Sofia.
Resta il suo sorriso: indelebile, semplice, genuino.
Resta la fortuna di chi lo ha conosciuto, come amico o come compagno di squadra.
Resta una famiglia che ha bisogno di tutto il sostegno possibile.
E allora bisogna guardare avanti, per quanto doloroso possa essere, perché la vita non permette altrimenti.
Ma basterà guardare il cielo per rivedere quel ragazzo col pallone tra i piedi.
E il suo sorriso.

Matteo Biondi