Il 4 agosto del 2017 è stato firmato un protocollo d’intesa tra Ministero dell’Interno, Ministero per lo Sport, CONI, FIGC, Lega Serie A, Lega Serie B, Lega Pro, Lega Nazionale Dilettanti, Associazione Italiana Calciatori, Associazione Italiana Allenatori di Calcio e Associazione Italiana Arbitri.

Alla firma del protocollo, “frutto” di un lavoro di diversi mesi degli “esperti” della Federcalcio e dell’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive (che è un organo di consulenza istituito presso il Ministero dell’Interno), erano presenti anche il Capo di Gabinetto del Ministero dell’Interno, il Capo della Polizia, il Comandante generale dell’Arma dei Carabinieri e, per la Guardia di Finanza, il sottocapo di Stato maggiore.

Per una volta, insomma, non mancava proprio nessuno. Almeno a livello istituzionale, perché poi i tifosi, primi destinatari, ancora una volta hanno potuto solo prendere atto delle scelte cadute dall’alto verso il basso.

L’intento dichiarato era quello di “realizzare un rinnovato modello di gestione degli eventi calcistici” al fine di tutelare e promuovere la “dimensione sociale del calcio” (proprio così!).

In tale occasione, il presidente dell’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive ha parlato del futuro della tessera del tifoso (creazione “maroniana” del 2009), comunicando che nell’arco di tre anni sarebbe stata trasformata in una fidelity card ad uso prevalentemente commerciale, necessaria solo per assistere alle partite valutate più a rischio.

A fronte di ciò, emergeva tuttavia il rovescio della medaglia.

Ed infatti, il protocollo d’intesa dell’agosto 2017 ha previsto la possibilità per le società sportive di condizionare l’acquisto di biglietti e abbonamenti all’accettazione tacita di condizioni generali di contratto, consistenti in un codice etico predeterminato, ed ha stabilito che la violazione del codice etico avrebbe dovuto comportare la sospensione o il ritiro del gradimento della persona, da parte della società sportiva, per una o più partite successive.

Sulla scorta di tale previsione, nel marzo 2018 la FIGC ha introdotto, al comma 10 dell’articolo 12 del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, l’obbligo, a carico di tutte le società professionistiche, di “implementare” il sistema di gradimento all’interno delle proprie politiche di biglietteria, con sanzioni pecuniarie a carico delle società che non avessero adottato il sistema del gradimento prima dell’inizio della stagione sportiva successiva o che non ne avessero fatto applicazione.

La previsione è stata poi trasfusa nell’art. 27 del “nuovo” codice di giustizia sportiva della FIGC, approvato nel 2019, che così dispone:

1. Le società professionistiche devono adottare un codice di regolamentazione della cessione dei titoli di accesso alle manifestazioni calcistiche che: a) preveda il rifiuto di ogni forma di violenza, discriminazione e di comportamenti in contrasto con i principi di correttezza, probità e civile convivenza, individuando quali condotte rilevanti per l’applicazione del medesimo codice quelle riconducibili ad un evento calcistico che vìolino taluno di detti principi; b) subordini l’acquisizione dei medesimi titoli alla accettazione, da parte degli utenti, del medesimo codice; c) preveda, in caso di sua violazione, la applicazione, in relazione alla natura ed alla gravità dei fatti e delle condotte, dell’istituto del “gradimento” quale sospensione temporanea del titolo di accesso, il suo ritiro definitivo e il divieto di acquisizione di un nuovo titolo.

2. In caso di mancata adozione del codice di regolamentazione, prima dell’inizio della stagione sportiva, le società incorrono nella sanzione dell’ammenda nelle seguenti misure: euro 200.000 per violazioni in ambito di Serie A; euro 100.000 per violazioni in ambito di Serie B; euro 50.000 per violazioni in ambito di Serie C.

3. In caso di mancata applicazione dell’istituto del “gradimento” previsto dallo stesso codice di regolamentazione della cessione dei titoli di accesso alle manifestazioni calcistiche, le società incorrono nella sanzione dell’ammenda nelle seguenti misure: euro 20.000 per violazioni in ambito di Serie A; euro 10.000 per violazioni in ambito di Serie B; euro 5.000 per violazioni in ambito di Serie C”.

Sicché, perlopiù nell’estate 2018 e seguendo un modello standard, le società calcistiche professionistiche hanno adottato tali “codici di condotta” (in realtà, si sono limitate a pubblicarne il testo sui loro siti, non essendovi notizia di veri e propri atti di approvazione da parte dei Consigli di Amministrazione).

Ciò che deve preoccupare sia gli operatori del diritto, sia gli appassionati di sport, è soprattutto la genericità delle previsioni contenute nei codici di condotta.

Si pensi, a mero titolo di esempio, all’art. 3, terzo periodo, del codice di condotta della Juventus F.C.: “Il Gradimento può altresì essere esercitato dalla Società Sportiva in relazione a tutte quelle azioni volte a minacciare, denigrare, offendere, contestare incivilmente, persone, autorità e istituzioni pubbliche o private, inclusa la Società Sportiva, i suoi dipendenti e/o rappresentanti, il personale di sicurezza, gli steward presenti all’interno dello stadio, nonché in relazione a tutte quelle condotte che comportino penalizzazioni amministrative per la Società Sportiva, o che comunque siano idonee a recare nocumento agli interessi e/o all’immagine e/o al nome e/o alla reputazione e/o al decoro della stessa”.

In buona sostanza, le società professionistiche, con il beneplacito delle istituzioni e degli organismi che hanno sottoscritto il protocollo d’intesa del 2017, si sono auto-attribuite, di fatto, “mano libera” quanto alla possibilità di selezionare gli spettatori degli eventi calcistici.

Alla selezione “per censo”, che consegue al progressivo aumento dei prezzi dei biglietti, si è così aggiunta una nuova forma di selezione, attuata mediante una sorta di “DASPO privato”.

Dedicherò un successivo articolo alla legittimità o meno dei codici di condotta ed alle modalità di difesa dalle contestazioni delle società calcistiche: l’effetto potenzialmente dirompente dell’istituto del gradimento rende infatti opportuno che gli spettatori degli eventi sportivi siano consapevoli dei propri diritti per non farsi travolgere da eventuali iniziative perpetrate dalle ricche e potenti società calcistiche professionistiche, sempre più propense a trasformare lo sport in uno show ad uso e consumo dei loro interessi, rispetto ai quali l’allontanamento coatto, anche in via preventiva, di ogni elemento di potenziale disturbo appare tristemente funzionale.

Paolo Alberto Reineri

(avvocato del Foro di Torino)