Dopo l’annata “storica” che ha consegnato al Leicester il suo primo titolo di Campione d’Inghilterra, le Foxes si trovano ad affrontare un traguardo altrettanto storico: la partecipazione alla Champions League. Un percorso tortuoso, che a differenza del campionato corrente (dove il City ha annaspato sin dall’inizio, fino ad arrivare al doloroso addio di mister Ranieri), si è svolto comunque in maniera soddisfacente, fino ad approdare ai Quarti di Finale contro quell’Atletico Madrid che negli ultimi anni è giunto due volte in finale, venendo però sempre battuto dai cugini del Real.
Leicester è un centro di media grandezza (285.000 abitanti, decima città d’Inghilterra) a circa duecento di chilometri da Londra e prima dello scorso nella sua storia aveva potuto festeggiare soltanto tre Coppe di Lega e una Community Shield.
Tanto ha fatto parlare quindi il titolo conquistato da Vardy e compagni, sebbene – va ricordato – il club non costituisca una vera e propria “favola”. Almeno secondo i criteri di chi il calcio lo guarda da sempre con l’occhio romantico. Per “favola” si intende un qualcosa di davvero insperato (e ovviamente la vittoria della Premier League lo era) a cui il classico Davide arriva battendo Golia. Se gli altri colossi inglesi rappresentano certamente il gigante è tuttavia difficile attribuire al Leicester il ruolo di Davide; basti pensare che alla presidenza del club siede tale Vichai Srivaddhanaprabha, uomo più ricco di Thailandia nonché proprietario della King Power, azienda leader nella gestione dei duty free aeroportuali. Quindi: una favola magari no, una bella storia sicuramente.
Perché al netto dell’ottimo stato finanziario e della seguente forza che permette oggigiorno a un club di entrare nel gotha del calcio inglese, davanti ci sono pur sempre dei veri e propri mostri sacri come le due di Manchester, il Chelsea, l’Arsenal, il Liverpool, il Tottenham e via dicendo.
Una bella storia anche e soprattutto per Claudio Ranieri, un tecnico forse troppe volte bistrattato nel Belpaese, che avrebbe meritato qualcosina in più dell’unica Coppa Italia conquistata a Firenze negli anni ’90. Benché – sempre per essere onesti – anche lui ci abbia messo del suo per non salire quel famoso scalino che gli avrebbe reso la carriera forse più vincente, non relegandolo troppo spesso a ruolo di traghettatore. Il suo calcio non sarà certo spumeggiante, ma è indubbio che come “motivatore” – soprattutto nel primo anno di gestione – sia ineccepibile. Basterebbe pensare alla stagione 2009/2010, quando prendendo la Roma a campionato in corso riuscì a portarla da una posizione medio-bassa a un passo dal titolo.
Anche questa volta la storia di Ranieri si è interrotta al secondo anno. Forse vittima di una fronda interna, forse vittima di se stesso. Ma stavolta non ha richiuso la porta alle proprie spalle con un pugno di mosche in mano. Checché se ne dica ormai sarà per sempre nella storia di questo club e mi piace immaginare che per lui a Leicester saranno sempre aperte le porte di bar, ristoranti, alberghi e pub per accoglierlo come il vero e proprio eroe che ha permesso a una città di elevarsi nel calcio nazionale.
Leicester-Atletico Madrid è dunque l’epilogo di questa bella storia probabilmente. Il punto più alto dopo quel titolo festeggiato in pompa magna, con i tifosi in delirio e Andrea Bocelli in campo a deliziare gli spalti. Perché gli italiani saranno pure “pizza, mafia e mandolino” ma – gira che ti rigira – lasciano il loro segno indelebile in ogni cosa che fanno. Grazie alla loro creatività e al loro modo spesso bizzarro di affrontare la vita. E forse solo un pochino di spirito italiano poteva dar luogo a questi due anni di “Leicester-mania”.
Dopo la sconfitta per 1-0 nella gara d’andata l’Atletico si presenta in terra d’Albione con l’intento di chiudere i conti e conquistare l’ennesima semifinale degli ultimi anni. La vittoria striminzita del Vicente Calderon non permette un grande margine di sicurezza, tuttavia i colchoneros mettono subito le cose in chiaro trovando il vantaggio trovando il vantaggio con Saul nelle prime fasi di gioco. Una rete che di fatto spegne le speranze delle Foxes, le quali tuttavia ci tengono a onorare l’impegno e non sfigurare nell’ultima notte europea davanti al proprio pubblico. Non un caso che sia proprio quel Vardy al centro delle polemiche dopo l’allontanamento di Ranieri a trovare la rete del pareggio nella ripresa. È il risultato finale, con il Leicester che saluta la Champions tra gli applausi.
Per quanto riguarda l’ambiente, sappiamo ormai bene come funzionino a grandi linee le cose negli stadi di Sua Maestà. I cori si avvicendano sporadicamente e il tutto è affidato allo spontaneismo, eccezion fatta per la coreografia iniziale. Palesemente organizzata dalla società. Un mondo che resta distante anni luce dal modo di intendere il tifo in Italia, ma che nella sua siderale distanza – soprattutto di bellezza, spettacolo e folklore – continua comunque a evidenziare una passione e un attaccamento al football straordinario da parte di chi questo sport l’ha inventato.
Discorso complesso per i tifosi ospiti. Lo scioglimento del Frente in seguito alle tristi vicende contro il Deportivo di un paio di stagioni fa ha sicuramente intaccato una tifoseria che si era portata su ottimi livelli – almeno nel povero panorama ultras spagnolo – negli ultimi anni. I supporter madrileni s fanno sentire a tratti, alternando un paio di belle sciarpate e qualche coro tenuto a lungo a momenti di stanca.
La serata finisce così con le due tifoserie ad applaudire – per motivi diversi – le squadre che lasciano il campo. La notte sta per calare sul King Power Stadium, e con essa due stagioni che i ragazzi di oggi racconteranno ai propri nipoti, facendo molto probabilmente dei protagonisti i loro nonni e i loro padri calcistici. E del resto non gli si può dare torto.
Marco Meloni