Ultimi giri di lancette in Serie B, dove è piena bagarre per la lotta alla promozione e per la permanenza. Teoricamente i giochi sono ancora tutti molto aperti, a parte qualche verdetto già ampiamente consolidato, come quello che ha sancito il ritorno del Palermo in Serie A o l’amara retrocessione in Serie C della Juve Stabia e proprio della Reggina, ospite al “Partenio-Lombardi” di Avellino.

Gli irpini, pur da inseguitori, restano in scia per la volata ai playoff. Circa 8.000 spettatori accorono a sostenere i Lupi e rendere il saluto per questa ultima gara casalinga, che un po’ tutti sperano non sia tale ed abbia una coda agli spareggi.

Rispetto al solito, nella Curva Sud di casa meno colore arriva da bandiere e due aste, ma è ripetuto l’uso della pirotecnica che diventa alquanto suggestiva grazie al calar della sera. Peccato che tutto debba avvenire nella semi-clandestinità, come si stesse attentando al patrimonio dello Stato o tramando con le associazioni mafiose, anzi, forse in questi casi avrebbero potuto fare tutto alla luce del sole, come fanno impunemente certi uomini politici da decenni.

Amaro sapore in bocca anche per il commiato ad Arturo, 30enne tifoso avellinese di Solofra: “Vola in cielo un vero lupo” è lo striscione con cui gli ultras rendono la terra lieve al ragazzo.

Non meno amarezza nel volgere gli occhi al settore ospiti e trovarlo desolatamente vuoto. Un vuoto che è la prova del totale fallimento della tessera del tifoso: gli unici che hanno provato a girare gli stadi in questa stagione, al seguito della Reggina, sono stati i non tesserati amaranto che, ovviamente, hanno dovuto fare i conti con le storture di una norma assurda, riuscendo solo sporadicamente a bucare le maglie del sistema, pagando anche dazio penalmente quando tale sistema sono riusciti ad eluderlo o ridicolizzarlo.

A parte questi ultimi, il nulla: al che verrebbe da chiedere, a chi ha avuto l’assurda pretesa di promuovere la fidelizzazione attraverso una scheda di plastica, dove sono i vostri tifosi “per bene” di fronte ai fallimenti sportivi? Sarebbe questa la vostra idea di fidelizzazione, scappar via alle prime difficoltà? Dare sostegno al proprio sodalizio quando sta camminando benissimo sulle proprie gambe e poi sparire quando ha bisogno di un supporto?

Più della “fidelizzazione” conta la fedeltà, quella che da anni dimostra il movimento ultras, al netto di tessere varie, trasmettendo la passione di padre in figlio, radicalizzando l’amore per una squadra con il territorio di rappresentanza, creando una coesione sociale che trascende i tempi e i risultati. Il resto sono squallide operazioni commerciali e bancarie, camuffate dietro il mantello psicotico della sicurezza. Fidelizzazione e fedeltà non sono sinonimi.

Testo di Matteo Falcone.
Foto di Tobia Conte.