Eppure avevo visto le previsioni. La colonnina virtuale parlava chiaro: 17 gradi su Pescara. Era facile, bastava prendere una giacca e metterla nello zaino. Ma io no, troppo rincoglionito per compiere questa semplice operazione. Allora prepara l’attrezzatura, scendi per stampare il biglietto del pullman di ritorno, vai a destra, vai a manca ed alla fine, semplice polo con jeans. Manco stessi andando a fare una scampagnata.

Approfittando dell’ospitalità di un vecchio collega, di stanza in un paese del teatino, opto anche per la partita, in “casuale” concomitanza. Per raggiungere la città Adriatica mi affido a BlaBlaCar, simpatica idea attraverso la quale taluni offrono passaggi in rete a talatri a prezzi stracciati. Con 7 euro infatti copro i costi di spostamento assieme ad un simpatico medico del Policlinico di Tor Vergata e ad un non precisato operatore di backstage cinematografici.

Il viaggio è tutto sommato piacevole, un po’ meno la discesa dalla macchina. Un freddo fastidioso acuito anche dal vento che spavaldo soffia dal mare. Aspetto il mio amico e poi, prima di recarci allo stadio, azzardiamo una passeggiatina sul lungomare. Mai idea fu più infausta, oltre a qualche gocciolina dei residui piovaschi settimanali infatti, veniamo quasi spazzati via da una gelida tromba d’aria. Ci mancava solo il cappello di paglia per fare gli spaventapasseri.
Manca un’ora al fischio d’inizio quando ritiro l’accredito ed entro assieme all’ex collega, che nel frattempo ha acquistato il tagliando rimanendo sbalordito dalla lungaggine burocratica che ciò ha comportato. Potrei parlargliene una serata intera, ma in fondo abbiamo deciso di vederci per cazzeggiare e fare qualche chiacchiera, non di certo per deprimerci.

Passiamo alla cronaca cruda e pura. Pescara-Bologna è una sfida che mi affascina. Dal punto di vista calcistico ci sono in campo due società storiche che giocheranno in uno stadio altrettanto importante nella cronologia pallonara del nostro paese. L’Adriatico infatti è stato, almeno per me, sempre foriero di buoni ricordi e belle giornate. L’ultima volta che approdai da queste parti era un Pescara-Verona finale Play-Off di Serie C1. Una giornata, contrariamente a quella odierna, caldissima in cui gli abruzzesi vinsero conquistando la Serie B. Lo stadio era pieno, la Nord un qualcosa di davvero memorabile ed i veronesi circa 2.500, canterini e “fumogenosi”.

Ci fu poi (prima in realtà) il Pescara di Galeone, altro personaggio storico che pochi anni fa diede vita ad una simpatica battaglia verbale con Zeman su chi per davvero avesse portato il calcio iper offensivo nella nostra penisola. Mi astengo da giudizi, ma dico solo che almeno Galeone ha avuto il buon senso di capire quando era ora di lasciare la panchina onde evitare una sfilza di figuracce. Altri Maestri risultano essere più duri di comprendonio.

In questo scenario le mie attese, devo ammetterlo, erano forse esagerate. Lo stadio infatti stenta a riempirsi, ed anche la Nord, pochi minuti prima del fischio d’inizio, non presenta il pienone. La disillusione verso questo sport è palese e lapalissiana.

Al centro della curva ci sono, come di consueto dal 1976 ad oggi, i Pescara Rangers. A testimoniare la loro presenza non c’è più lo storico striscione che, se non vado errato, prendeva tutta la vetrata del settore, ma tante pezze su cui spicca quella per Bubù.

I numeri, come dicevamo, sono inesorabilmente calati anche qua e fa un po’ impressione annotare come neanche tutto l’anello superiore della Nord sia pieno.

Capitolo ospiti. Se Atene piange, Sparta non ride potremmo dire. Rispetto ai circa 300 visti in quel di Perugia alla prima giornata infatti, stavolta i tifosi bolognesi presenti sono un centinaio. Sicuramente ha influito l’anticipo al venerdì sera ed una situazione societaria non idilliaca per gli emiliani, così stasera ci sono davvero solo gli ultras ad immortalare un’altra istantanea da mostrare a giornali e Ministero dell’Interno.

Sul fronte pescarese rimango impressionato dalla miriade di torce accese. Quasi una dopo l’altra, molte delle quali lanciate sulla pista d’atletica. Anche gli ospiti fanno mostra di un paio di torce, da segnalare peraltro l’arrivo al 5′ della Beata Gioventù, momento dal quale il contingente rossoblu si compatta scambiando subito numerose invettive con i colleghi biancazzurri.

Il tifo si mantiene buono da ambo le parti, con manate e cori a rispondere che fanno da sottofondo ad un match che in 20 minuti vede il Bologna andare avanti di 3 reti.

Il Pescara di Baroni sembra decapitato, smarrito ed incapace di reagire. Così alla disperazione del pubblico adriatico fa da contraltare la gioia di quello bolognese che, per la prima volta durante la stagione, vede una squadra padrona del campo. Ma il calcio si sa, non è sport matematico e nella ripresa il Delfino rientra subito in partita accorciando le distanze con una punizione che Coppola non trattiene.

Il rigore di Maniero e l’espulsione del portiere felsineo riaccendono del tutto le speranze del tifo di casa. Così la battaglia, in campo e sugli spalti, è serratissima ma alla fine sono i ragazzi di Lopez ad avere la meglio conquistando il primo successo stagionale. Applausi scroscianti però anche dal pubblico di fede pescarese, la reazione della squadra è stata infatti impeccabile, quasi a voler sottolineare come, esclusi quei 20 minuti di black out, la stoffa per far bene non manca.

A questo punto, assorbiti gli ultimi frammenti di freddo, ci incamminiamo verso il centro in mezzo al pubblico che sfolla. Non farò mai l’abitudine a vedere degli spettacoli mozzati e distanti dalla loro natura. Sono convinto che oggi, si giocasse un qualsiasi derby a porte aperte, non sarebbe mai la stessa cosa di una decina di anni fa. Siamo cambiati, troppo ed in peggio. Fa parte del gioco, gli ultras non sono eterni ahimè, per ora si va avanti con le vele ammainate. Meglio usare prudentemente i remi. Sapendo però di rimanere a galla.

Simone Meloni.