La maglia che indossi la mia seconda pelle. Uno slogan che campeggia sulle maglie, sugli adesivi e nei cuori di ogni componente dell’Ideale Bari. Che la strada fosse in salita, qualcuno lo sapeva già. Quel qualcuno si incontrava in strada, 6 anni or sono, cercando di carpire segreti e funzionalità dei progetti di calcio gestiti dai tifosi, in tutta Europa. Nacque lo United of Manchester, nel 2005, fondato da alcuni tifosi del Manchester United contrari all’acquisizione del club da parte dell’imprenditore statunitense Malcolm Glazer. Poi ci furono le esperienze del St. Pauli, dell’Ebbsfleet United Football Club e della Germania, in cui il legislatore, a fine anni ’90, intervenne con la legge del “50%+1” (stabilendo un tetto alle quote di partecipazione azionaria all’interno dei club calcistici: nessuno di questi può avere un socio che abbia più del 50% del capitale sociale).

La progenie dell’Ideale Bari è proprio questa: la condivisione di esperienze. Quella che ha visto nascere, crescere e sviluppare questo modello differente di proporre calcio. Ogni Domenica (nel caso di specie, Giovedì) si raggruppano centinaia di ragazzi e ragazze spinti dalla voglia di condividere un momento scanzonato, disinvolto. Il minimo comune denominatore delle partite dell’Ideale è uno: divertirsi. Ed essere romantici. Perché solo un romantico crede che un altro calcio sia possibile: uno sport in netta contrapposizione verso il business e qualsiasi forma di lucro. Sono questi i capisaldi che univano quegli stessi ragazzi che iniziarono a concettualizzare, nel Maggio 2012, il calcio in una forma diversa rispetto alla precedente, maggiormente collettivizzata e onnicomprensiva.

In pratica, all’interno del progetto Ideale Bari, ogni tifoso si riunisce sui gradoni del campo casalingo, il Martedì, decidendo le sorti dell’associazione: come gestire il club a livello societario, come organizzare il tifo e anche come partire per la trasferta di turno. In buona sostanza, come trovare la giusta sintesi tra essere ultras, al di fuori del rettangolo verde, e come gestire una squadra di calcio, dal “di dentro”. Squadra, staff tecnico, società, tifoseria: tutti i partecipanti al progetto curano questi aspetti, settimanalmente, riunendosi in assemblee che si tengono sugli spalti del campo “Lovero” di Bari-Palese.

Quest’oggi, l’incontro si svolge all’interno della bella struttura denominata “Antonucci”, di Bitetto, un paese a circa 15 km dalla città: per problemi strutturali, il “Lovero” è momentaneamente indisponibile (anche se pare che questa sia l’ultima gara da disputare fuori Bari), tanto che questo è diventato il nuovo stadio casalingo dell’Ideale.

L’incontro non è di quelli di cartello: si parla pur sempre degli ottavi di “Coppa Puglia” di I e II Categoria. La gara sarà un continuo susseguirsi di cori, “manate” e sostegno costante e incessante. Vengono accese diverse torce (8 per la precisione, come ricorderà il Giudice Sportivo, dopo aver irrogato l’ ennesima sanzione). Non mancheranno “dediche” alle f.d.o. e pensieri per la libertà degli Ultras. Per tutta la gara verrà tenuta alta una “pezza” che raffigura il volto di Federico Aldrovandi.

I ragazzi in campo vinceranno la gara 4-2, qualificandosi al turno successivo. Ma il bello dell’Ideale Bari non è questo, o meglio non solo: la cosa più coinvolgente è che ogni incontro diventa importante, come fosse una finale di Coppa Campioni (non ho mai amato gli inglesismi, quantomeno grammaticalmente, quindi non è un caso che abbia utilizzato questa terminologia). A prescindere dal risultato calcistico: perché questa volta si è vinto, un domani probabilmente si perderà, ma la cosa più importante è stata quella di riprendersi il calcio, anche in questa notte di stelle.

Gianluca De Cesare.