Il calcio nell’Europa dell’est è stretto in una morsa. Da una parte la globalizzazione permette di guardare le migliori partite del mondo comodamente dalla tv. Dall’altra lo spettacolo offerto dai campionati nazionale è sempre più scadente. Questo porta a un crollo delle presenze allo stadio e a un generico disinteresse per quello che accade nelle serie locali. La situazione è ulteriormente complicata quando in una nazione esistono una o due squadre che raccolgono tifosi in tutto il paese. Chi non segue Real Madrid e Manchester City, non guarda certo le partite della squadra locale, ma tifa quella più vincente, con una lunga storia alle spalle e così via. 

In Croazia tutti tifano Dinamo Zagabria e Hajduk Split. La prima è la squadra della capitale, la seconda è il simbolo della seconda città del paese e della regione costiera della Dalmazia. Già ai tempi della Jugoslavia facevano parte, insieme a Partizan e Stella Rossa, dei quattro grandi club che tutti sostenevano nel paese. Gli appassionati di calcio tifano una di queste quattro squadre e poi, in aggiunta, eventualmente, anche la squadra locale. Con la dissoluzione della Federazione questo amore per Dinamo e Hajduk è rimasto e attraversando la provincia croata, è un susseguirsi di scritte con la bomboletta spray: 1950 (anno di fondazione della Torcida) o 1986 (nascita dei Bad Blue Boys). Quando si entra nelle città non è raro imbattersi in vere e proprie opere d’arte sui muri: il tema è sempre però lo stesso Hajduk o Dinamo, Dinamo o Hajduk. Gli spalatini soprattutto sulla costa, gli zagabresi in particolare nelle regioni interne, ma con eccezioni. Tuttavia ci sono anche sacche di resistenza. Un esempio di città che prova a contrastare l’invasione dei due grandi colossi è Osijek. 

La squadra locale è sempre stata un osso duro anche ai tempi della Jugoslavia, risultando la 19esima formazione per partecipazioni nella classifica perpetua (quarta fra le croate, dopo le due grandi e lo Zagreb, oggi caduto in disgrazia). Con la nascita del campionato croato, l’Osijek ha sempre militato in prima divisione, vincendo una coppa nazionale nel 1999. Negli ultimi anni poi ha raggiunto un secondo e un terzo posto e contemporaneamente sono iniziati i lavori per il nuovo stadio. Il Nogometni Klub Osijek fu fondato nel 1946 con il nome di Proleter (poi divenuto Slavonija), dopo che il precedente sodalizio cittadino, lo Slavija, era stato sciolto dalle truppe ustascia nei primi anni Quaranta e non riammesso dal successivo governo socialista.

Nel 1988, nel pieno della nascita del fenomeno ultras in Jugoslavia, nasce anche il gruppo di tifosi organizzati dei bianco-blu: i Kohorta, che prendono il nome dalle coorti romane. Negli anni Settanta era attivo un gruppo chiamato Šokci, ma è con gli anni Ottanta che il movimento raggiunge la sua maturità. Oggi il gruppo occupa la tribuna est del vecchio Gradski Vrt (letteralmente “Giardino della città”). Basta fare una passeggiata per le vie di Osijek, sia intorno all’impianto sportivo, che nelle principali arterie di traffico e si ha una chiarissima idea della presenza del gruppo in città. 

I murales sono molto belli e curati, realizzati in quasi qualunque spazio ne consenta la presenza. Parlano di se stessi come di “local-patrioti”, una definizione abbastanza sfuggente per noi italiani, ma che nei Balcani assume una connotazione abbastanza particolare. Si differenzia dal nazionalismo imperante, in quanto agli occhi dell’ultras quella è la fede del potere costituito al quale sono normalmente ostili e antagonisti. Si è croati e amanti della Croazia, ma non nazionalisti. Si ama la nazione e la città e ci si contrappone a chi da Zagabria e Spalato vuole imporsi anche a Osijek.

Secondo un’indagine del 2010 del Gfk, un istituto internazionale per le ricerche di mercato, l’Osijek è tifato dal 5% della popolazione croata, contro il 36% della Dinamo e il 23% dell’Hajduk. Pur rappresentando il terzo centro per tifo, le forze in campo sono molto diverse. In città non si vedono però murales dedicati alle due grandi squadre, come invece si vedono in quasi tutto il resto del paese. Tuttavia molti tifosi “normali” strizzano l’occhio a Spalato e Zagabria. È allora grazie agli ultras che la città non cede totalmente il passo e diventa come quasi tutte le altre città della Croazia. Sono i Kohorta a tenere vivo il fuoco del precetto “sostieni la tua squadra locale”, sono loro l’ultimo baluardo per la resistenza del “local-patriottismo” di Osijek.

Gianni Galleri