Se inizialmente, durante la fase di prenotazione dei voli, l’idea prefissata era quella di una due giorni balneare di mare, sole e relax a Durazzo, un tempo poco clemente, con una primavera che fatica ancora parecchio nel mostrare il suo lato migliore, mi ha fatto propendere per l’ennesimo approdo nella Capitale shqiptare. Invogliato, neanche a dirlo, dalla Finale di Kupa e Shqipërisë, il corrispettivo locale della nostra Coppa Italia, in scena all’Air Albania Stadium.

Fischio d’inizio alle 19 di martedì, due squadre non certo tra le più blasonate nel paese delle aquile, ecco che anche se la cornice di pubblico è stata buona, molti sono stati gli spazi vuoti scorti sugli spalti. Prima contro ultima in campionato, difficile trovare in altre leghe, talune favole così autentiche e pure. Ritirato velocemente l’accredito, una volta varcato l’accesso, ho constatato quanto possa esser stato d’impatto per la città, ospitare la finale di Conference League di due anni fa tra Roma e Feyenoord, visto che ancora ci sono affissi cartelli, segnaletiche e teche commemorative a ricordarla, all’interno del grazioso impianto sportivo, ancora di fresca realizzazione.

Sugli spalti, presenza numericamente maggiore dei sostenitori biancoverdi dell’Egnatia rispetto ai dirimpettai biancoblu. Anche in virtù del fatto che Rrogozhinë dista appena 60 km da Tirana, mentre Kukës ben 180. Possono magari sembrare pochi, ma in una nazione che pure se in pieno sviluppo e rinnovamento, si ritrova ad avere ancora molte strade anguste e obsolete, prive di qualsiasi mezzo su rotaia, ogni spostamento di conseguenza, comporta e porta via inevitabilmente parecchio tempo.

All’entrata in campo delle due formazioni, torciata per i biancoblu di Kukës, disposti dietro agli striscioni: Ultras e Armata Veriut, mentre sull’altra sponda, nutrito sventolio di bandiere e telone con la maglia numero 7 di Raphael Dwamena, giocatore morto drammaticamente in campo lo scorso novembre nel corso di Egnatia – Partizani. Sotto il profilo canoro, cantilene estese all’infinito in stile argentino da parte dei rrogozhinas, mentre sull’altra sponda, maggiore è risultata la linea di procedere con cori secchi e a rispondere. Entrambi coadiuvati da stamburate, ritmate freneticamente come purtroppo ormai è triste consuetudine un po’ in tutta Europa, in stile condanna al rogo di una strega nel Medioevo.

Sul rettangolo verde, vantaggio dell’Egnatia sul finire della prima fazione di gioco. Fallito il rigore del possibile raddoppio nel secondo tempo, più volte fino al triplice fischio gli avversari sono stati vicini a pervenire al pari, ma la sorte è stata avversa e il risultato non è cambiato. Fumogenata biancoverde a suggello del successo, col trofeo alzato in cielo dapprima in tribuna durante la consegna, per essere di lì a breve portato sotto la curva per i canonici festeggiamenti. L’irrisoria vicinanza al Centro, una volta uscito dallo stadio, mi ha fatto optare per una serata di movida balcanica, all’interno del coloratissimo e mondano quartiere Blloku, preso d’assalto naturalmente dai locals e da nutriti gruppi di turisti, che a Tirana ormai da tre anni a questa parte, sono diventati una presenza costante in qualsiasi periodo dell’anno.

Marco Meloni