Quando il vento soffia, tutti, o quasi, sono pronti a seguirlo. Molto più facile, molto meno faticoso. È così da sempre, e con tutta probabilità così sempre sarà. Di contro esiste chi, nel bene o nel male, è pronto a raccogliere la sfida del Dio Eolo e cavalcare il suo imperioso soffio al contrario, lanciando il guanto di sfida al fato e ai suoi traditori alleati.
Mi si passi l’introduzione filosofeggiante, ma per descrivere la settimana che ha preceduto la prima sfida del playout tra la Virtus Roma e il Basket Recanati occorre far uso di un lavoro mentale sopraffino, per non cadere in talune retoriche che potrebbero anche prendere una deriva catastrofista. Ci ha pensato la Gazzetta dello Sport ad aprire le danze, con il suo articolo in cui si metteva in risalto il fatto che alcuni “storici” tifosi della Virtus, invece di aiutare il glorioso sodalizio nel suo massimo periodo di crisi, avrebbero svolto il lavoro (forse è proprio il caso di dirlo) di tifosi per l’Eurobasket, compagine cestitica capitolina che da qualche stagione tenta di salire dalla Serie B all’A2, e nella quale tanti tifosi virtussini vedono stampato un chiaro progetto con mire espansionistiche volte ad accaparrarsi beni mobili e immobili proprio della Virtus, approfittando del suo momento di immane debolezza.
Il dato di fatto è che da qualche tempo, su determinati giornali, si parla più di questa squadra che di chi, allo stato delle cose, ha saputo portare nella Capitale trofei europei e intercontinentali, centrando obiettivi che a nessun altro, negli sport di squadra, erano mai riusciti. A tali illazioni hanno risposto per le rime sia le Brigate, con un comunicato, che buona parte del pubblico romano. Affollando il PalaTiziano, dicendo chiaramente che finché esisterà, la Virtus Roma sarà l’unica squadra di basket della città e che, sin dai suoi vertici, deve partire un serio lavoro di ristrutturazione per far sì che gli spregevoli tentacoli di altrettanto manigoldi opportunisti, non entrino in possesso di qualcosa che non gli appartiene, con azioni che nulla hanno a che vedere con lo sport.
Gara 1 contro i leopardiani assume così significati ancora più intensi di quelli, già fondamentali, relativi alla disputa sportiva. La Curva Ancilotto non si fa trovare impreparata, popolando il proprio spicchietto in buon numero e offrendo una delle migliori prove stagionali. Tantissimi i cori che coinvolgono l’intero palazzetto, aiutati anche da una squadra che questa sera gira a mille e non lascia quasi mai all’avversario l’iniziativa. La risposta migliore anche a chi, in settimana, aveva invitato a seguire altre squadre, abbandonando quella che ormai era, secondo loro, il derelitto oggetto cestistico cittadino. In linea con un modo di fare purtroppo sempre più radicato nello sport romano, che ti coccola e ti apprezza fin quando le cose vanno bene, permettendo a tutti di farsi belli con un articolo sulla squadra vincente o una foto con il giocatore che sta per andare in NBA, salvo poi sputare quintali di letame nel piatto in cui si è mangiato, ad appannaggio di altre mense al momento più cospicue e succulenti.
Da Recanati giungono una trentina di sostenitori che seguono la gara dietro lo striscione Supporters. A parte il bandierone aperto a inizio gara e qualche coro durante la sfida, si fanno sentire poche volte. Gli va comunque dato atto di esserci, cosa che di sicuro ripeteranno questa sera nel secondo atto di un playout ancora tutto da scrivere.
Simone Meloni