Resta la malinconia di fondo. Quella di partecipare a una categoria non acquisita sul campo. Quella – da un punto di vista del tifo – di esser capitati in un girone che di sfide vibranti ne offre ben poche. Se da una parte Rieti annaspa dall’altra Roma, quella della palla a spicchi, si chiede se dalla situazione contingente se ne uscirà mai. Se la Virtus, la sua storia, i suoi trofei e il suo pubblico, rivivranno mia l’ebbrezza di ospitare Milano, Varese, Cantù, Caserta e via dicendo. L’attesa del piacere è essa stessa il piacere, diceva il filoso Lessing.

Ma a onor del vero va detto che l’intera A2 è ormai una vetrina composta da piazze incredibilmente prestigiose. Complessivamente, tenendo conto dei due raggruppamenti, il prestigio supera forse persino la massima categoria. Rieti stessa, ad esempio, vanta un blasone non trascurabile e questo è ben dipinto dall’ottima cornice di pubblico che ogni settimana segue con passione le sorti del club amarantoceleste. Venire al PalaSojourner è sempre un piacere, sia per la bellezza dell’impianto che per il calore del pubblico.

Quello con Roma è un derby soltanto a livello geografico. Tra le due tifoserie i rapporti sono più che distesi e, come nella passata stagione, durante l’incontro le due curve si scambieranno chiari messaggi di stima.

Dopo gli strascichi polemici dovuti alla sconfitta contro l’Eurobasket i romani hanno reagito trovando due vittorie consecutive. Rispettivamente a Treviglio e in casa con Trapani. Per le Brigate la trasferta in terra sabina è una delle poche occasioni per ingrossare le fila del gruppo lontano dal PalaTiziano, puntando sulla vicinanza e, a differenza dello scorso anno, sul canonico orario domenicale delle 18. Quasi una mosca bianca, considerato un calendario, quello di A2, sempre e comunque in movimento. A dir poco inaffidabile. Vedasi derby di Bologna spostato per ben tre volte.

Pochi minuti prima della palla a due le tifoserie fanno il proprio ingresso sugli spalti. Su fronte capitolino sono una quarantina i presenti, con il blocco ultras che si posiziona sullo striscione incitando sin da subito la squadra. La cabala non è dalla parte romana a queste latitudini. Negli ultimi anni, infatti, sono arrivate sempre sconfitte contro i locali e anche stasera l’inizio, salvo i primi istanti, è tutto di marca reatina. Canestro dopo canestro il pubblico si infiamma e gli Old Fans costituiscono il vero e proprio cuore pulsante. Magari non saranno moltissimi ma hanno un’impronta di tifo che sembra essere ben insita in tutti i supporter sabini. Cori ben scanditi, tenuti a lungo e ritmati dal tamburo, esultanze veementi, partecipazione assidua alle fasi di gioco, un paio di belle sciarpate e tanta passione percepibile nell’aria. Un palazzetto che merita il pollice all’insù.

Manco a dirlo il compito dei ragazzi delle Brigate è reso ancor più arduo dalla combinazione “tifoseria avversaria + partita in salita”. Verrebbe quasi da dire che ormai ci sono abituati. Sta di fatto che se sul parquet le cose non vanno esattamente bene per loro, sugli spalti la prova è di quelle arcigne e fieri. Tante manate e cori secchi, sottolineati dai petti nudi che dal secondo quarto “colorano” il settore ospiti.

Come spesso succede in questo sport sono gli ultimi due quarti ad alzare l’asticella del pathos. Venti minuti al fulmicotone, con la Virtus che piano piano rosicchia quasi venti punti sfiorando la parità ma perdendo, come spesso le succede, sul filo del rasoio. La contesa scalda il pubblico e la sfida canora assume un contorno rovente, deliziando sia gli spettatori neutri che i partecipanti. Del resto, come ho ripetuto centinaia di volte commentando il tifo nel basket, l’assenza pressoché totale di quella ventata moralista/bigotta che ammanta il calcio, permette ancora siparietti folkloristici ed espressioni poco consone al Galateo.

Finisce con gli applausi per ambo le squadre e il palazzetto che lentamente si svuota. La strada che mi riaccompagna a casa è segnata per l’ennesima volta da quella Via Salaria che al solo nome evoca storie di calcio, ultras e città millenarie sparse lungo il suo percorso. È l’ultima istantanea di una giornata tipicamente dicembrina.

Simone Meloni.