L’ultima giornata di andata del campionato di Serie D/F propone una sfida davvero interessante tra Agnonese e Vastese.

Le due squadre navigano nei piani alti della classifica: l’Agnonese, sorpresa del girone, dopo una fase iniziale di torneo condotta con il piede costantemente sull’acceleratore, ha subito da qualche settimana una lieve flessione, con conseguente ridimensionamento delle ambizioni dei granata, i quali puntano ora ad una salvezza tranquilla (con un occhio rivolto, perché no, alla lotteria dei Play-Off); la Vastese, sodalizio blasonato che ha frequentato per diversi anni la Serie C, mira decisamente al salto di categoria, prendendo così parte all’accesa lotta al vertice che vede protagoniste le due nobili decadute Fermana e Vis Pesaro e i meno titolati ma ugualmente ambiziosi San Nicolò e Matelica.

La sfida odierna, inoltre, si configura come un “quasi-derby”. I due centri, infatti, pur appartenendo a due diverse regioni (Molise e Abruzzo), sono in realtà divisi da soli 80 Km di “Trignina”, l’importante arteria viaria che collega l’Alto Molise con la costa adriatica nei pressi di San Salvo, seguendo il fondovalle creato dal corso del fiume Trigno. Ho congetturato, nei giorni precedenti alla gara, che questa vicinanza avrebbe richiamato un numero maggiore di spettatori ospiti rispetto ad altre trasferte più impegnative, quanto a distanze, del girone (penso soprattutto a quelle in terra emiliana): giunto ad Agnone, le mie previsioni trovano conferma.

L’ultimo motivo che mi spinge a scegliere questa sfida come “partitella” domenicale, risiede nella mia curiosità di vedere per la prima volta all’opera i Vastesi: pur avendo letto i due ottimi resoconti scritti da Matteo relativi alle gare di Cesena e San Mauro Pascoli, ritengo che l’osservazione autoptica consenta un giudizio migliore su qualsiasi fenomeno.

La linea ferroviaria Roma – Campobasso, eterna incompiuta, propone pochissimi treni nei giorni festivi, per cui sono costretto ad alzarmi prestissimo per raggiungere Frosinone, dalla cui stazione è prevista la partenza del mio treno delle 07:09 diretto in Molise. Il convoglio fortunatamente giunge in orario e rispetta i tempi di marcia, per cui, dopo aver attraversato la valle Latina, Cassino, Venafro e l’alta valle del Volturno, alle 8:27 scorgo il bellissimo viadotto ferroviario di Isernia, dove scendo. Dal capoluogo pentro, con un mezzo pubblico, raggiungo la mia meta.

Manca moltissimo all’inizio della partita, per cui mi concedo una visita al bellissimo centro storico della località nota per la produzione delle campane. Camminando, noto già verso le 11:00 le prime sciarpe biancorosse in giro per il paese. All’approssimarsi del fischio iniziale, poi, in una piazzetta in cui la società locale allestisce settimanalmente un punto informativo per i tifosi ospiti, vedo numerosissimi supporter biancorossi mangiare e sorseggiare qualcosa in spensieratezza e tranquillità nel bar adiacente, prima di dirigersi allo stadio.

Verso le 13:30, dopo il lunghissimo giro turistico, mi avvio al “Civitelle”, il tempio calcistico agnonese. Mentre percorro il tragitto a piedi, vedo transitare le macchine e i pulmini degli Adriatici, diretti al piccolo piazzale antistante il settore ospiti. Io, invece, mi reco all’ingresso riservato ai fotografi, dove ritiro facilmente l’accredito.

Lo stadio di Agnone è composto da un’unica tribuna coperta, dove prendono posto sia i tifosi di casa che gli ospiti. Questo impianto presenta un’importante caratteristica: non vi sono barriere, né tra gli spalti e il campo né tra i diversi settori (a dividere i tifosi locali da quelli ospiti si frappone solo un cordone di steward). Il terreno di gioco, purtroppo, è in sintetico: uso questo avverbio perché, da amante del vecchio calcio, amo soltanto i campi in terra battuta e in erba.

Consegnato il documento all’arbitro e indossato il fratino, guadagno finalmente il manto verde. Dal campo, vedo sventolare, in corrispondenza dell’entrata al settore ospiti, i bandieroni vastesi. Si vede che gli Aragonesi hanno fame di grande calcio: già un ventina di minuti prima del fischio d’inizio, infatti, il loro settore è praticamente quasi al completo. Durante la fase di riscaldamento, gli ultras biancorossi scaldano i motori, incitando la squadra intenta ad ultimare la preparazione al match.

All’ingresso in campo delle squadre, dopo che hanno preso sistemazione nel settore anche gli ultimi arrivati, propongono una bella sciarpata. Il colpo d’occhio è meritevole: il contingente ultras si sistema nella parte bassa del settore in corrispondenza dei numerosi drappi, mentre intorno al quadrato del tifo numerosi bandieroni, davvero di ottima fattura, vengono tenuti in alto per l’intera durata dell’incontro. Molti di loro indossano il cappello di Babbo Natale (vidi fare una cosa del genere agli ultras della Colligiana tre anni fa ad Arezzo).

In campo, gli uomini in maglia bianca partono subito forte, spronati dal sostegno del pubblico. I giocatori di mister Colavitto impensieriscono in diverse occasioni la retroguardia molisana, ma i loro tentavi non si traducono in rete. Segnalo che in determinati frangenti, ad esempio in occasione di tiri dal limite dell’area di rigore, l’esecuzione è sempre accompagnata dal boato dei tifosi, che però non si trasforma mai in esultanza, in quanto la palla non vuol saperne di depositarsi nella porta.

Il sostegno canoro è continuo e ritmato dal tamburo. Gli ultras aragonesi propongono diversi cori nello stile argentino, spesso tenuti a lungo. Alcuni di questi cori sono accompagnati dalla roteazione delle sciarpe. Altri sono a rispondere. Nei loro canti, i tifosi chiedono ai giocatori di vincere la partita, esprimono il loro desiderio di ritornare in Serie C o dichiarano tutto il proprio amore per la maglia; alcuni sono per i diffidati e contro Chieti. Subiscono un leggero calo alla mezz’ora, ma si riprendono bene in prossimità del duplice fischio.

Alla ripresa delle ostilità, ripartono con lo stesso coro con cui hanno chiuso la prima frazione. In campo, l’Agnonese rialza la testa, sfiorando in diverse occasioni il gol del vantaggio. Questa volta, sono i coriacei giocatori di mister Del Grosso (ex Salernitana) ad impensierire maggiormente gli avversari. Gli ultras biancorossi, consapevoli del momento di difficoltà dei lori undici, aumentano i decibel, cantando con maggiore ardore.

Sottolineo un piacevole episodio alla metà del tempo, quando entra in campo bomber Salvatore Galizia, esperto attaccante classe ’79: al suo ingresso, i sostenitori adriatici lanciano il coro “Galizia che fa gol la curva esulta”. Il numero 18 viene caricato a mille e corre con notevole determinazione, proprio perché sente l’incitamento della sua curva. In un momento storico in cui nelle categorie maggiori si vogliono erigere spessi muri divisori tra i giocatori e i tifosi, non si riesce a comprendere quanto, invece, sia determinante per i primi il sostegno dei secondi, di quel “dodicesimo uomo” che le logiche di mercato gravitanti intorno al calcio moderno vogliono trasformare in un cliente passivo e amorfo. Solo nelle bellissime serie “minori” resistono le ultime luci dello spirito del vecchio calcio: per questo motivo ho deciso, da tempo, di staccarmi dal gregge dei miei coetanei storditi dalla televisione a pagamento, dalla Serie A e dalla Champion’s League, gettandomi con passione nel mondo ancora sano e genuino che si incontra dalla Serie D in giù.

Negli ultimi minuti di gara, i supporter abruzzesi intonano un “Vasto alé” sulle note di Jingle Bells e propongono una seconda e ben riuscita sciarpata. Terminata la partita sul risultato di 0 – 0, chiamano la squadra sotto al settore, scandendo il coro “la Vastese sotto la curva”.

Per quanto riguarda il pubblico di casa, nulla da segnalare quanto a tifo organizzato. Il popolo agnonese, comunque, risponde bene all’iniziativa della “Giornata granata” indetta dalla società, occupando in ottimo numero le gradinate. Per gli appassionati agnonesi si conclude un 2016 fantastico, caratterizzato dalla salvezza della scorsa stagione e da un avvio eccezionale in quella corrente. Un applauso alla società locale, che riesce a fare calcio programmando in modo serio e professionale anche in un centro di modeste dimensioni.

Al triplice fischio, arriva per me il momento di prendere la via del ritorno, dopo aver ascoltato le interviste ai due tecnici. Il sole, splendente durante il pomeriggio, va a coricarsi dietro le montagne attraversate dalle pale eoliche, proiettando un cono d’ombra foriero di un freddo pungente. Torno a casa in tarda serata, stanco ma felice di aver vissuto una giornata di vero calcio.

Molto probabilmente, questa è la mia ultima partita prima del Natale. Ne approfitto per augurare giorni sereni ai lettori di questa storica rivista, a tutti coloro che amano una squadra di calcio e di qualsiasi altro sport, ed ai corrispondenti e scrittori di Sport People: Simone, Marco, Matteo, Luca e tutti gli altri.

Andrea Calabrese.