Alla fine l’ho fatto: Bologna-Roma in un solo giorno, andata e ritorno. Treno Italo e passa la paura, due ore e si arriva nella Capitale; il problema poi è come arrivare allo stadio: da Tiburtina c’è un po’ di metro, poi camminata a piedi di mezz’oretta.

Fortuna vuole però che prenda al volo il bus giusto: da cosa lo riconosco? Una selva di sciarpe biancocelesti che saltano sopra; non pensandoci due volte mi aggrego anch’io; si sta stretti ma i motivi per sorridere non mancano. Cori goliardici, entusiasmo, comicità tipicamente romanesca. Un gruppo di ragazzi gioca sugli stereotipi bolognesi, sorrido divertito. Uno di loro ascolta un anziano che ricorda i bei tempi di Giorgio Chinaglia.

Poi, eccomi davanti alll’Olimpico. Un Colosseo prestato al calcio. Lo ammetto: non c’ero mai stato prima. Mia colpa. Grandissima colpa. Perché si tratta di un vero gioiello del calcio italiano: ma quale San Siro. Gli preferisco mille volte questo capolavoro.

Sulla tifoseria laziale: si vede che da queste parti il calcio è una religione. Con un forte senso di comunità, fortissimo. Non oso immaginare cosa debba essere il derby. Per un attimo, mi sento così provinciale: sì, tipo Totò e Peppino a Milano. Sarà il fascino della Città Eterna. 

I supporter aquilotti poi sono un vero spettacolo: cantano, ballano e… contestano (Lotito). Sugli spalti è una festa continua a cui partecipano anche i distinti. Cori in combinazione, originalità che sprizza da tutti i pori; aiuta anche la giornata primaverile, che riporta un bel po’ di gente. Poi certo, a surriscaldare l’entusiasmo collettivo c’è la stessa partita: la Lazio fa di un sol boccone un Bologna che non scende mai in campo. A fine partite i duecento tifosi ospiti (senza gruppi organizzati) rifiutano il saluto della squadra, alla settima sconfitta in nove partite.

Dall’altra parte invece il party continua sulle note di Lucio Battisti: davvero da brividi. Certo, sotto le Due Torri abbiamo un certo Lucio Dalla che accompagna le vittorie (ultimamente lo suonano poco…), ma anche qui possono ritenersi ampiamente soddisfatti.

Nell’andarmene, mentre mangio di riffa e di raffa un supplì alla carbonara (…), faccio una promessa di fronte al Foro Italico: tornare a maggio per la partita con la Lupa. Poi magari farmi anche un derby. Una cosa alla volta.

Stefano Brunetti