Per questa partita non c’è bisogno di comunicati, di chiamate alle armi, di compattare le tifoserie. L’attesa per l’evento inizia quando viene dato il via alla vendita dei biglietti, momento che ci indica la febbre di basket che si vive in una città come Livorno, città che da troppo tempo non conosce un dualismo sotto canestro. Ed infatti la vendita dei tagliandi procede spedita tanto che, nonostante si giochi in un palazzetto che può ospitare fino ad ottomila persone, già una decina di giorni prima della partita i biglietti sono esauriti, malgrado molte persone continuassero a farne richiesta in qualsiasi modo possibile. Di fronte ad una massiccia richiesta, avviene ciò che sembrava praticamente impossibile, la partita viene trasmessa pure in televisione nonostante, si ricordi bene, si tratta della terza serie cestistica, l’equivalente della serie C nel calcio. Con queste premesse dire che a vincere è la città di Livorno non mi pare una frase buttata lì a casaccio. Una città che in fin dei conti ha sempre vissuto del tifo sotto canestro malgrado la storia ci racconti di brusche cadute e picchi inarrivabili. È un po’ come essere sulle montagne russe anche se la salita avviene lenta e la discesa risulta molto più marcata.

Quando parli di basket a Livorno parli di Libertas e Pielle, parli di un campionato vinto e poi perso contro Milano, parli di una città, o almeno la parte Libertas, che si riversa nelle strade cittadine a festeggiare ma subisce una doccia fredda difficilmente immaginabile, parli di un dito medio alzato con eccessiva facilità e di una “guerra” che stava incendiando un palazzetto; era il 1989, finale gara 5 valevole per lo scudetto, i padroni di casa segnano un canestro decisivo per la vittoria, in un primo tempo tutto sembra regolare e parte la festa, incredibilmente dopo qualche minuto gli arbitri ribaltano la decisione ed annullano il canestro. Gli animi si scaldano, volano parole grosse e qualche colpo proibito, il giocatore dell’Olimpia Milano Roberto Premier, esce dal parquet con il ditone medio alzato verso il pubblico livornese e così parte la caccia all’uomo, con le forze dell’ordine a proteggere negli spogliatoi la squadra meneghina e fuori un clima da battaglia. Belle pagine, veraci, vive, del resto il tifo non è un sentimento razionale, vive di impeto, di rabbia, di emozioni. Questa è la vetta toccata dal basket livornese, poi si sono succeduti gli anni bui, una fusione mai digerita dalla città, i fallimenti, la ripartenza dalle categorie inferiori ed ora, nonostante si giochi solamente in serie B, ecco rispuntare quel sentimento per troppo tempo taciuto, messo in un angolo ad ammuffire e tornato prepotentemente in auge per via di un derby, quello odierno, che vale la testa della classifica.

Nei giorni che precedono la gara, l’attesa si fa quasi snervante. I preparativi procedono spediti, le prime schermaglie tra le tifoserie non si fanno attendere anche se il clima resta su livelli più che accettabili, del resto Livorno è una piazza medio – piccola, gli appartenenti alle due tifoserie in gran parte si conoscono perciò tutto resta confinato allo sfottò di prassi. Il derby sulle gradinata sancisce la superiorità di una tifoseria sull’altra, le armi in pugno sono quelle conosciute: coreografia, originalità, numeri e cori, tutto concerne a cercare di far soccombere l’avversario.

Abituato al calcio ed alle brutture di tutto ciò che circonda uno stadio, tra tornelli, gabbie e zone off limit, trovo alquanto positivo che si arrivi al palazzetto e si possa girare indisturbati. Tanti sportivi arrivano ben prima dell’orario della partita, sciarpa al collo e bandiera in mano ed affrontano la fila agli ingressi. Nessun tipo di problema, biglietto e documento e dopo una rapida perquisizione abbastanza sommaria, ci si trova dentro una struttura pulita ed accogliente, niente a che vedere con alcuni stadi dove perfino i bagni in tribuna hanno grosse carenze igieniche, quando manca la carta, quando non funzionano i lavandini, quando le porte sono optional oppure proprio non ci sono. Vabbè passiamo oltre.

Dentro il palazzetto le due tifoserie, o almeno le anime più calde, sono ai posti di combattimento con largo anticipo. Gli striscioni sono tutti presenti, da una parte sono i Rebels ad animare la Curva Sud, territorio piellino, sull’altro versante gli Sbandati guidano la Curva Nord e la tifoseria libertassina. Cori e bandiere ravvivano il prepartita ma quando entrano le due squadre sul parquet per il rituale riscaldamento, i decibel aumentano prepotentemente d’intensità ed i Rebels organizzano anche una coriandolata.

Fischi da una parte, incitamento dall’altra, la gara del tifo parte decisamente bene, il pubblico del palazzetto è su di giri e a parte gli sportivi neutrali venuti a godersi una partita ed un evento sicuramente interessanti, il resto dei tifosi mostra i denti e non manca neppure il gentil sesso ad urlare a squarciagola. Del resto il pubblico del palazzetto è veramente trasversale, sia per età sia per sesso, basta dare anche in questa serata uno sguardo sulle gradinate per accorgersi che c’è un po’ di tutto, se di inclusione vogliamo parlare, il pubblico presente per questo derby è il più vario possibile. Del resto la divisione delle due tifoserie non ha di base l’appartenenza sociale, ognuna delle due si sente l’unica e la sola rappresentante di Livorno ma non vige la disputa tra estrazione popolare contro quella borghese anche perché borghesia e Livorno sono due termini storicamente antitetici. Altro particolare da segnalare è l’assenza di qualsiasi deriva politica, visto che si parla di una città come Livorno questo aspetto deve essere rimarcato, gli unici colori che si vedono sulle gradinate sono quelli amaranto da un parte e bianco-celeste dall’altra.

Qual è il frangente più atteso in qualsiasi derby che si rispetti? Le coreografie ovviamente, perciò quando è il momento dell’ingresso in campo delle squadre, finalmente si possono gustare gli spettacoli offerti dalle due fazioni. Gli Sbandati fanno calare dall’alto un bandierone con lo skyline della città, in basso vengono agitate bandierine bianche ed amaranto ed un lungo striscione recita “Livorno siamo noi” a voler dimostrare la superiorità sull’avversario. Sull’altro versante viene usato il solito copricurva marcato Rebels che fa sempre il suo bell’effetto, una volta ammainato nella parte centrale della curva viene fatto calare un secondo bandierone con un cuore ed il simbolo della Pielle, ai lati si aprono parecchie due aste con la scritta “Ti amo” in diverse lingue ed infine in balaustra uno striscione recita “Pielle ti amo in tutte le lingue del mondo”. Qualche sbavatura nella riuscita della coreografia eseguita dagli ultras della Pielle, le istruzioni magari non erano tanto chiare e sulla tempistica ci sono stati un paio di errori ma alla fine, lo spettacolo ci doveva essere e c’è stato.

Ormai ho capito che il sostegno segue quasi diligentemente l’andamento della partita, una bomba da tre fa esultare tutti nessuno escluso, perciò speravo in una partita combattuta che avrebbe messo di fronte le due tifoserie ad armi pari. Niente di tutto questo, la Libertas prende il largo già nel primo quarto, domina il secondo e sembra proprio gestire la partita a proprio piacimento, la Pielle torna ad un meno otto che sembra presupporre ad un riscatto ma viene immediatamente ricacciata indietro a distanza siderale, perciò l’incontro vede i padroni di casa sempre nettamente avanti.

Il tifo degli Sbandati non ha troppi problemi a coinvolgere tutta la curva, soprattutto nell’intervalli dei quarti le prese in giro verso gli avversari non si fanno attendere, mentre la sponda piellina trova soprattutto nell’anima giovane una costanza nel tifare che risulta encomiabile: nonostante il risultato sono proprio loro che coinvolgono i presenti e si fanno carico del tifo. 

Non mancano neanche gli striscioni di sfottò, in questo caso è mancata forse un po’ di fantasia: un paio sono risultati pure carini, qualcuno passabile, uno soprattutto poteva essere evitato ma del resto l’adrenalina da derby, una certa voglia di stupire e l’obiettivo di sbeffeggiare l’avversario sono aspetti che possono condizionare la riuscita di certi messaggi. Verso la fine della partita, tifosi ed ultras della Libertas si spostano a bordo campo per la classica invasione, un paio di secondi prima della fine parte la corsa verso i propri beniamini ed inizia la festa tutta di marca amaranto. La security e la digos si spostano verso il centro del campo per impedire qualsiasi contatto tra le due tifoserie ma è più un azione dimostrativa che una reale bisogno di creare una zona cuscinetto, come tradizione vuole chi vince sbeffeggia l’avversario, chi perde resta sui gradoni a leccarsi le ferite. Perciò se da una parte si canta “Come si lavorano questi pellegrini”, dall’altra si vuol rimarcare la propria appartenenza con il cavallo di battaglia della Curva Sud, “Sono piellino e me ne vanto”. 

Non resta che uscire dal palazzetto, la fila di auto procede a passo d’uomo, gli ampi parcheggi sono stati presi d’assalto, la scelta giusta per questa serata è stato il mezzo a due ruote che ti permette di lasciarti alle spalle il classico caos di ottomila persone che sciamano per tornare a casa. Indipendentemente da vinti e vincitori, chi esce sicuramente a testa alta da questa disputa è la città di Livorno ed i tifosi delle due squadre, capaci di affollare un palazzetto dello sport come non si è mai visto in passato in questa categoria. Che la febbre del basket non cali e magari un giorno si torni a vedere un dito medio che viene alzato davanti ad un pubblico carico come non mai, pronto ad accettare la sfida. La sportività può attendere.

Valerio Poli