AGGIORNAMENTO: per ottimizzare la funzionalità del sito, piuttosto che pubblicare una seconda notizia con le sole fototifo, abbiamo deciso che – dopo la pubblicazione in rivista – ripubblicheremo la cronaca stessa, ma implementata dell’intera galleria fotografica che troverete a fine articolo.
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Partita che, pur non essendo decisiva, ha un sapore tutto particolare: le due squadre sono in piena bagarre per non retrocedere ed un eventuale passo falso potrebbe far precipitare la situazione. Chi ha più da perdere è il Livorno, un po’ per la posizione di classifica più a rischio, un po’ perché giocando in casa deve necessariamente ottenere punti, ed in ultima istanza la squadra amaranto ha un calendario non propriamente abbordabile anche se, ad onor del vero, gli ultimi turni di campionato riservano sempre sorprese a non finire.
Il fattore che balza all’occhio immediatamente è l’affluenza allo stadio: nonostante l’avversario non sia propriamente nobile, il pubblico livornese risponde benissimo all’ultima chiamata per la salvezza e, complice anche la politica dei prezzi popolari, gremisce l’Armando Picchi in ogni ordine di posto. Gli unici spazi vuoti si notano nello spicchio di Curva Sud ma, ad occhio, si tratta di qualche centinaio di persone che vengono a mancare in un settore che, tra le altre cose, non accende più di tanto la fantasia del pubblico locale. Tanto per rimarcare il fatto, quando i prezzi calano il pubblico risponde presente ed è un fattore che prescinde da stadi insicuri o scomodi; sicuramente questi non sono aspetti da trascurare ma, nei favolosi (per il calcio) anni ’80, non mi sembra che gli stadi fossero dotati di tanti confort. Evidentemente però, i prezzi dei biglietti in proporzione erano più bassi e sicuramente non c’era la crisi attuale che ha portato ad un impoverimento del ceto medio.
Se il pubblico di casa risponde a dovere alla “chiamata alle armi”, anche da parte clivense le presenze non sono assolutamente da disdegnare. Un mix di tifosi ed ultras si presentano nel settore ospiti dell’Armando Picchi e, una volta attaccati striscioni e pezze, cercano di farsi notare con qualche bandiera sventolata già nel prepartita. Gli ultras fanno gruppo dietro le numerose pezze dei North Side e, sinceramente, sono numericamente superiori agli appartenenti ai club che invece si defilano un po’ dal gruppo principale.
Prima della partita la società del Livorno Calcio ricorda Piermario Morosini, lo sfortunato giocatore deceduto in campo durante la partita Pescara-Livorno del 14 aprile 2012: a distanza di due anni, il ricordo della città è ancora vivo ed in curva capeggia, oggi come in ogni partita, una sua gigantografia. Sempre in Curva Nord, per l’occasione, è presente lo striscione “Moro nei nostri cuori” e non mancano i cori di rito a ricordare un ragazzo estremamente sfortunato, con una storia personale veramente triste.
All’ingresso delle squadre sul terreno di gioco, niente da segnalare nel settore dei clivensi, dove i North Side fanno gruppo e cominciano ad incitare la squadra, ma a livello coreografico non offrono nulla di particolare. La Curva Nord si fa bella sfoggiando il bandierone copri-settore che occupa lo spicchio centrale di curva; una torcia accesa e qualche sciarpa ai lati della curva fanno da contorno ad uno spettacolo semplice ma pur sempre apprezzabile.
Il primo tempo è un concentrato di emozioni ed il tifo non può che beneficiare di tutte le reti segnate. A partire forte è il pubblico di casa che, con questi numeri a disposizione, può fornire una prestazione di alto livello. E, in effetti, i primi cori sono autentici boati, i battimani sono seguitissimi ed in alcuni casi viene letteralmente coinvolta l’intera curva. Ovviamente anche le pause tra un coro e l’altro sono quelle definite fisiologiche; c’è in pratica da coordinare un’intera curva e la mole di lavoro non è davvero facile. Gli ultras ci danno dentro alla grande, favoriti pure dal vantaggio del Livorno che dura una manciata di minuti poiché lo scatenato Paloschi agguanta il pareggio, facendo esplodere il settore dei Clivensi.
Gli ultras ospiti si fanno sentire, battimani e cori non mancano, qualche bandierina viene fatta sventolare ai lati del gruppo ma, in definitiva, sono i cori i protagonisti della giornata. Per loro è difficile farsi sentire nel catino dell’Armando Picchi, ma comunque denotano una certa tenacia e fanno di tutto per offrire il loro contributo alla causa.
Tra i padroni di casa non mancano i cori che ricordano il gemellaggio con i greci dell’AEK ed una spruzzata di giallo si vede tra le pezze amaranto, a rimarcare un legame che, nonostante la distanza, sembra inossidabile.
Intorno al ventesimo minuto è il Chievo a passare in vantaggio con l’esperto Thereau. Gli ultras ospiti credono alla vittoria e, dopo la normale esultanza, chiamano a raccolta tutti i presenti per provare ad incitare meglio la squadra. L’invito cade un po’ nel vuoto, e il sostegno resta sulle spalle della schiera ultras che comunque è compatta e non risicata nel numero, così il tifo risulta più che sufficiente, anche se il paragone numerico con i padroni di casa non può reggere.
Il Livorno trova il pareggio dopo dieci minuti. Ora l’aspetto psicologico della gara si capovolge ed a tirare le fila del tifo sono i padroni di casa, che continuano a premere sull’acceleratore. I continui capovolgimenti di fronte e le difese un po’ ballerine infiammano il pubblico che tifa un po’ ad ondate: a cori forti e decisi ne seguono altri che non trovano una valida risposta. Molti dei presenti sono quasi esclusivamente concentrati sul campo, evidentemente l’alta posta in palio fa sì che le fasi di gioco attirino l’attenzione dei più.
Il valzer delle reti termina nell’unico minuto di recupero decretato dal direttore di gara. Il Chievo torna in vantaggio sempre con Paloschi ed il ritorno delle squadre negli spogliatoi è salutato dai cori di gioia degli ospiti, mentre il pubblico locale mastica amaro.
La ripresa si apre con la curva di casa che invita la squadra a tirar fuori gli attributi ma, più che il carattere, a questo Livorno sembra mancare la qualità e, soprattutto in difesa, l’assenza di due giocatori titolari si vede e non poco. Più speranzosi sembrano gli ospiti che ripartono da dove avevano cominciato, con cori e battimani che non mancano e l’incitamento, pur senza picchi elevati, è comunque continuo. Per loro tanti cori verso la squadra e la conferma di come non si sentano la seconda squadra di Verona, nonostante l’Hellas abbia dalla sua storia e pubblico.
In questo pomeriggio Paloschi è una vera e propria furia: infatti, dopo dieci minuti, realizza la sua personale tripletta e porta a quattro le reti del Chievo Verona. A questo punto gli ospiti vanno in escandescenza e vivono il loro momento migliore di tifo: i cori si susseguono con buona lena, il gruppo resta compatto e l’incitamento non scema nemmeno per pochi minuti. La gara sembra indirizzarsi bene per i loro gusti ed in effetti non fanno mai mancare il giusto apporto alla squadra.
Sull’altro versante, dalla curva si schiuma rabbia. Rabbia che viene trasmessa con cori taglienti verso la squadra e soprattutto verso il presidente Spinelli, ormai nemico dichiarato della frangia più oltranzista del tifo labronico. Anche la squadra, con la prestazione offerta in questo pomeriggio, sembra salire sul patibolo, così vengono ammainate le bandiere e tolte le pezze. Il tifo subisce un vero e proprio stop che si protrae per tutto il secondo tempo. C’è chi ben prima del triplice fischio prende la via di casa. La curva pian piano si svuota, mentre non un coro uno parte da centro settore.
In cattedra salgono gli ultras ospiti che, favoriti dal generale mutismo, si fanno sentire chiaramente in diverse circostanze; il loro tifo si protrae fino al novantesimo minuto e non si può dire che non abbiano fatto una buona impressione, sia dal punto di vista numerico che da quello del tifo offerto. La vittoria conquistata viene festeggiata con la squadra che si porta sotto il settore. Vola pure qualche maglia, non mancano gli applausi di rito. La festa è tutta gialloblu.
Testo e foto di Valerio Poli.