Quando si parla di calcio e soprattutto del tifo all’interno dello stadio, spesso ci scende una lacrimuccia ricordando i vecchi tempi quando c’era libertà di movimento e tutta un’altra atmosfera fuori e dentro i nostri impianti. Non nascondo che un certo tipo di ricordo mi affascina e continua ad affascinarmi, però il parallelo calcio – vita quotidiana è fondamentale per capire come progresso e tecnologia si sono impadroniti non solo del calcio ma soprattutto del nostro vivere quotidiano. Ormai internet è diventato un mezzo di dominio pubblico, ci sono anziani assai sbarazzini che si dilettano in ricerca sulla rete così come ci sono bambini, ed io ne ho un paio sotto osservazione, che già in tenera età ti mostrano come si usa uno smartphone e come si naviga in rete.

Per qualcuno era meglio prima, diciamo che c’è chi si lega al detto “Si stava meglio quando si stava peggio”. Personalmente trovo la frase sbagliata nel suo genere e nemmeno troppo pertinente alla realtà. Oggi il modo di comunicare è molto più diretto anche se questo ha causato un certo distacco dalle forme classiche di dialogo, conseguenza ovvia in un’epoca dove tra chat virtuali e social network siamo in costante e continuo contatto con amici, parenti e conoscenti.

Per tornare all’universo ultras, oggi le notizie corrono alla velocità della luce, comunicati, fanzine e notizie varie fanno il giro del mondo in tempi strettissimi, video e foto testimoniano gli eventi e mai come in quest’epoca, ritengo la comunicazione un valore fondamentale. Scrivere un comunicato o mettere nero su bianco certi pensieri, deve essere un gesto che presuppone una riflessione. Oggi al contrario del passato, fare un passo indietro o affermare che certe dichiarazioni non ci appartengono, è uno sport che trova non poche insidie.

Nel passato gli ultras si tenevano in contatto tramite le riviste specializzate, il boom della corrispondenza c’è stato ai tempi di Supertifo, anni nei quali gruppi e singoli tessevano amicizie e si scambiavano i primi materiali. È poi venuta l’epoca dei raduni e delle feste delle varie tifoserie, ma in questo caso si parla già di epoca recente. Ai tempi di lettera e francobollo, tanto per intendersi, tessere corrispondenze e scambiarsi idee sul movimento non era proprio semplice e nemmeno troppo immediato: capitava che la lettera si perdesse tra i meandri della posta così come la risposta non fosse proprio celere come ci si aspettasse.

Tra livornesi e pescaresi c’era una vecchia amicizia instaurata negli anni ’80 quando andare in trasferta non era nemmeno un obbligo e spesso capitava di trovarsi in situazioni sgradevoli, soprattutto nei tanto citati campi infuocati del sud.

Mi son sempre chiesto di questo rapporto che nel tempo si è completamente dissolto per poi tornare in auge nei primi anni del duemila, ed un amico mi ha raccontato la storia che lui ha vissuto in prima persona: all’epoca i rapporti tra le due tifoserie erano praticamente nulli ma come tradizione voleva, la tifoseria ospite era considerata nemica a prescindere. A fine partita, i livornesi presenti in Curva Nord fecero il giro dello stadio per cercare di intercettare gli ospiti, quest’ultimi anticiparono le intenzioni dei rivali ma anziché venire alle mani, tra i due gruppi scoppiò quella reciproca simpatia che ben presto si trasformò in amicizia.

Poi son subentrati i diversi campionati che hanno condotto le due squadre: il Pescara ha calcato molta serie A e B mentre il Livorno ha conosciuto l’onta di fallimenti e ripartenze dal calcio dilettantistico. Ma soprattutto è mancata la comunicazione tra le varie anime delle due curve: magari in un primo tempo c’è stata qualche telefonata di rito e qualche lettera, ma alla fine il rapporto si è sfilacciato per poi tornare in voga molto tempo in seguito, tanto per intendersi quando a Livorno erano già presenti le Brigate Autonome.

Di quel rapporto oggi resta una reciproca stima, il pomeriggio passa con le due tifoserie che sostengono le rispettive squadre e se gli ospiti si basano su una continuità di fondo, la curva di casa prosegue nella contestazione alla presidenza, anche se dagli altri settori dello stadio non sembra arrivare l’appoggio sperato. Anche i pescaresi hanno parole di fuoco sia verso la presidenza, sia verso il giocatore Bruno appena passato dalla squadra amaranto a quella biancoazzurra.

Siamo in epoca di calcio moderno dove il mercato di riparazione è da considerarsi un mercato a tutti gli effetti, dove la legge Bosman ha trasformato il rapporto tra calciatore e club di appartenenza, dove giocare con la terza maglia è ormai una cattiva abitudine e non più una novità. Il calcio non è più un gioco ma un’industria. Con tutte le conseguenze del caso.

Valerio Poli