Quando arrivo sotto la Ghirlandina sono da poco passate le 20: manca poco più di una mezz’ora al fischio d’inizio, le strade sono perlopiù deserte. Sono già tutti allo stadio. Pur da cugino bolognese, amo il modello Modena: stazione dei treni di fianco allo stadio, raggiungibile in cinque minuti a piedi. E al mio ingresso al Braglia, rimango sorpreso: nonostante il momento negativo dei padroni di casa, c’è un bel po’ di gente. Si parla di 15mila spettatori: dalla Calabria (e dintorni) si presentano in 1.500. Insomma, si prospetta una bella serata di calcio. Quello che piace a me. 

Sul campo si sfidano due compagini che affrontano momenti contrapposti: il Modena proprio non va, e non vince una partita da tempo immemore. Nonostante questo però, ha il pubblico delle grandi occasioni a sostenerla: merito anche di un’iniziativa della società (“Canarini si cresce”), che ha riempito i distinti con i ragazzi delle scuole calcio del territorio. Un bel progetto, per creare nuovi tifosi. Ma è la curva Montagnani il vero spettacolo: davvero un bel colpo d’occhio, specie all’ingresso delle squadre in campo, quando una torciata in vecchio stile e addirittura i fuochi d’artificio (all’esterno dello stadio), danno al Braglia un tocco di colore e nostalgia.

Capitolo Catanzaro: i tifosi calabresi stanno vivendo un sogno ad occhi aperti. Neopromossi in B dopo vent’anni e in piena corsa per i playoff. A Modena arrivano un po’ da tutta Italia, per continuare a vivere il sogno, quello di rivedere la massima serie dopo una vita. E non c’è che dire: l’entusiasmo risulta palpabile fin dal pre-match, quando il tifo giallorosso comincia a scaldarsi, coinvolgendo spesso e volentieri tutto il settore.

Poi certo, la trama che si sviluppa sul campo aiuta: Catanzaro subito in vantaggio, poi addirittura al raddoppio. Sul fronte modenese, dopo un iniziale sostegno (continuato a gran voce anche dopo il primo gol), la seconda rete subita scatena un certo malumore, con i padroni di casa che provano a svegliare i propri ragazzi (“tirate fuori i c…”). E insomma, i canarini sul campo sembrano recepire il messaggio: gol che riapre la partita, all’intervallo è 1-2. 

Il Catanzaro però si dimostra superiore, e nella ripresa chiude la pratica: 1-3, settore ospiti in visibilio. Uno dei cori più riusciti risulta quello sulle note di “T’amo amore t’amo”, che si protrae per un tempo infinito. Nella curva di casa si prova a sostenere la maglia, ma verso la fine, quando comincia a materializzarsi l’ennesima sconfitta, il patto salta: piovono fischi a non finire, specie all’indirizzo dell’allenatore, Paolo Bianco, invitato ad andarsene (sarà esonerato dopo la partita). Dalla curva Montagnani viene lanciata anche una torcia in campo. Al triplice fischio i gruppi chiamano la squadra a rapporto, manifestando tutto il proprio disappunto. “Meritiamo di più”, il coro più gettonato, ma anche “Andate a lavorare”. Dall’altra parte, tutt’altro clima: festa completa, per una goduria che non accenna a diminuire. Il Catanzaro è in sempre più in piena corsa per i playoff. E dopo una vita, può cullare concretamente quel sogno che si chiama serie A.  

Testo e Foto di Stefano Brunetti