Rieti, 18 luglio. Un caldo bestiale attanaglia il capoluogo sabino che, a dispetto di quanto si possa pensare per la sua posizione geografica a ridosso dell’Appennino, risente della conca in cui è incastonata, che ne rende il clima oggetto di continui sbalzi di temperatura. Un vero e proprio catino di afa e caldo durante la bella stagione.
Nonostante questo, approfittando anche della distanza irrisoria, sin da inizio settimana si annunciano circa 5.000 tifosi giallorossi per vedere la prima (ed unica in Italia visto che la squadra andrà poi negli Usa) uscita stagionale della squadra di Garcia.
Già un’ora prima del calcio d’inizio, centinaia di spettatori ruotano attorno al grazioso stadio reatino. La fila ai botteghini si allunga di minuto in minuto, ma fortunatamente per me lo sportello accrediti è ben separato ed in men che non si dica ho il mio pass in mano e posso varcare i cancelli d’ingresso.
Mentre i tifosi convogliano lentamente sugli spalti, io ne approfitto per sistemare l’attrezzatura e concedermi una lunga full immersion nella foto prettamente sportiva. Il clima in queste occasioni, si sa, è perlopiù bonario. Ci sono tante famiglie e tanti tifosi che lo stadio lo vedono sì e no una volta l’anno, per lo più in occasioni simili a quella di oggi. Mettiamoci poi che sul mercato, al momento, la Roma è stata forse la società a muoversi meglio ed il recente ingaggio di Iturbe ha creato ulteriore entusiasmo, tanto che mentre l’ex calciatore del Verona effettua il riscaldamento in campo, più per vetrina visto che poi non giocherà, la scena è tutta per lui.
Venendo all’aspetto del tifo, il pubblico è equamente diviso tra le due tribune, con la sola differenza che la parte più accesa opta per le gradinate baciate dal sole, che alla lunga si rivelerà a dir poco bollente, mentre addetti ai lavori e tifosi più “rilassati” si accomodano in Tribuna Ovest.
Da vero malato di calcio, osservo con molta curiosità i giocatori indonesiani e le loro divise. Anche trattandosi di una nazionale under 23 è molto interessante analizzare la storia di una federazione a noi così lontana e certamente poco conosciuta. Il dato storico, per gli amanti del genere, è che la selezione indonesiana vanta una partecipazione ai mondiali. Più precisamente all’edizione disputata in Francia nel 1938 quando vi partecipò come Indie Orientali Olandesi (il paese ottenne l’indipendenza solo 7 anni dopo), venendo malamente estromessa al primo turno dall’Ungheria che s’impose per 6-0. La nazionale magiara arriverà poi in finale venendo sconfitta dall’Italia. Attualmente occupa il 175° posto nel ranking Fifa.
Poco dopo le 17:30 le due squadre fanno il loro ingresso in campo. Nel settore dove alloggiano gli ultras romanisti vengono accese torce e fumogeni, con i cori di sottofondo che annunciano ufficialmente l’inizio di una nuova stagione.
Le squadre si dispongono a centrocampo per le foto di rito e per i due inni nazionali, suonati nel quasi totale disinteresse del pubblico presente. Si comincia a giocare e il tifo tiene abbastanza bene, soprattutto per essere un’amichevole. Un buon gruppo di circa 250 persone si dà un gran daffare, alternando manate a cori tenuti con buona continuità e cori a rispondere.
In campo, come facilmente preventivabile, i ritmi sono blandi e solamente Totti e Destro provano davvero a mettere un po’ di pepe alla partita, cercando la via del gol con una certa insistenza. Alla fine, a realizzare il vantaggio ai capitolini è Florenzi, seguito poco dopo dal neo acquisto Uçan e Borriello. Il primo tempo termina così sul 3-0.
Nella ripresa buona parte del pubblico della Tribuna Est, quella dove batte il sole, scompare, forse portandosi vicino alla recinzione dove c’è un po’ di ombra. Effettivamente c’è da dire che i 39 gradi di questo pomeriggio, con il loro bel 70 percento di umidità, si fanno sentire alla grande. E così a fare il tifo rimane lo zoccolo duro di cui sopra, che sembra persino gratificato dall’allontanarsi di molti semplici spettatori e ne approfitta per alzare i decibel.
Una considerazione a margine devo assolutamente farla. Ho assistito, assieme ad altri ragazzi di Sport People, a due gare di Europa League ravvicinate in cui erano ospiti a San Marino una tifoseria montenegrina ed un’altra bulgara. La cosa che ci ha davvero delusi è stato il loro non sapersi compattare. Il non saper far gruppo. Da noi vale un concetto fondamentale: meno si è e più ci si deve unire ed avvicinare. E da questo postulato, riflettevo vedendo i romanisti oggi durante una partita inutile in un ambiente senza stimoli, non ci si muove praticamente mai. Al di fuori dell’Italia invece, a parte le famose eccezioni (che però sono eccezioni, semplicemente perché a livello numerico inferiori alla normalità), questo è un qualcosa ancora spesso sconosciuto. Ciò per dire che, anche se siamo sulla via del tramonto, a volte ci facciamo sin troppi viaggi mentali sul nostro modo di vivere lo stadio che invece, a livello di impostazione, è ancora all’avanguardia. Ovviamente sempre al netto di repressione, tessere, etc. etc. etc.
Nella ripresa c’è tempo per i tantissimi cambi, con la Roma che praticamente manda in campo quasi tutta la Primavera, e per il gol degli indonesiani che regala loro una bella soddisfazione.
Al triplice fischio invece, la nota di colore è fornita da tale Sherina Munaf, icona pop indonesiana che diviene letteralmente la star per giocatori e giornalisti asiatici. Tutti vogliono fotografarla e farsi selfie (figurarsi, come non farli…) con lei. Chiedo informazioni ad un dirigente della federazione indonesiana che mi risponde quasi sorpreso dal fatto che io non la conosca. Scusate, mi ero fermato ad Anggun. E ad essere onesto, da adolescenti non badavamo neanche tanto alle sue canzoni, quanto ai suoi sensuali tratti somatici orientali. Questa invece mi sembrava la versione femminile di Psy, quell’altro mentecatto fortunatamente auto-dissolutosi, o toltosi dai coglioni se preferite, che ci ha deliziato con il suo Gangnam style. Comunque, il perché una nazionale di calcio si porti dietro la più famosa cantante del momento è ancora tutto da chiarire. Un po’ come se Prandelli ai Mondiali si fosse portato Gigi D’Alessio.
Fatta quest’ultima divagazione, possiamo metter la parola fine al resoconto di questa giornata. Con il caldo ancora da smaltire e le zanzare che volano ormai come stormi di gabbiani sul porto di Amburgo.
Simone Meloni.