“Si ricorda ai signori spettatori che è vietato utilizzare tamburi, megafoni e qualsiasi altro strumento di diffusione sonora”. Primo step.
“Si ricorda ai signori spettatori che è vietato fare utilizzo di materiale pirotecnico”. Secondo step.
“Si ricorda ai signori spettatori di mantenere il proprio posto e non occupare i percorsi gialli”. Terzo step.
“È vietato”. Il mantra di chi gestisce l’ordine pubblico durante le manifestazioni sportive in Italia. Talmente tutto vietato che si farebbe prima ad elencare cosa è concesso. E se questo è il viatico con cui affrontare la storica finale tra Parma e Alessandria, capirete bene che si comincia subito con il piede sbagliato. Per non parlare di come viene gestito l’afflusso dei tifosi alla struttura: migliaia di persone fatte passare per due sole strette porte ed è un paradosso grottesco se ad attuare tali scelte logistiche sia proprio le stesse persone ossessionate dalla sicurezza a tutti i costi. Ma a puntate, a quanto pare.
L’ho accennato nel pezzo di Alessandria-Reggiana, lo confermo – argomentandolo – in questo spazio: le finali a Firenze sono state un vero e proprio flop. A livello di spettatori e partecipazione complessiva. Innanzitutto si è scelto uno stadio dove portare colore, folklore e tifo passionale è praticamente vietato, in virtù di quanto sopra. Non che nel resto del Paese non valgano tali disposizioni ma – sappiamo bene – ogni città fa storia a sé e spesso, soprattutto in queste occasioni, si tende ad avere manica larga.
Non a Firenze. Del resto siamo nella città dove più alti sono i numeri dei daspo comminati e più grande è il brindisi della Questura. Siamo nella città dove gli steward – e il sistema di sicurezza tutto – si caratterizza per un’inflessibilità a tratti ottusa. Sicuramente fuori luogo per tre partite non caratterizzate da rivalità e soprattutto per le semifinali, contraddistinte da un numero esiguo di partecipanti.
Le finali a Firenze sono state un flop perché non si possono giocare due partite in mezzo alla settimana e la finalissima il sabato alle 18 con 40 gradi percepiti. Pur preferendo la vecchia formula andata e ritorno, credo che l’idea delle Final Four ci possa anche stare, ma sarebbe stato quanto meno giudizioso scegliere la sede in base alla contiguità geografica delle partecipanti. Soprattutto per l’ultimo atto. Invece si è optato per il capoluogo toscano in quanto sede della Lega Pro. Mi chiedo se a giocarsi queste sfide fosse arrivato qualche sodalizio del Sud come si sarebbe fatto? Non sarebbe meglio – al limite – disputare le semifinali andata e ritorno e scegliere una sede intermedia quando si hanno i nomi delle finaliste?
Le finali a Firenze, poi, sono state un flop perché si è fatto di tutto per anteporre lo show-business, al limite del tamarro, alla passione popolare del tifo. Le partite sono state precedute da musica sparata a palla con i vari Dj di RDS a fracassare i timpani dei pochi presenti. E al termine della finale, invece di lasciar giustamente festeggiare i supporter del Parma, dagli altoparlanti è ancora partita l’odiosa cantilena con le hit del momento. Francesco Gabbani, Despacito e altra immondizia simile per soppiantare a tutti i costi il brusio naturale delle gradinate.
Il tamburo no. I megafoni no. I fumogeni no. Ma tutto questo becerume sì. Chi ha una spiegazione logica a tutto ciò alzi la mano.
Ma prima, mi raccomando, fate disporre il cordone di steward ovunque e per chiunque. No si sa mai, a qualcuno dovesse venir in mente di scavalcare e abbracciare Lucarelli o Calaiò per la troppa gioia. Fuori dagli stadi, su quei ridicoli cartelli dove sono elencati i divieti, fareste prima ad aggiungere il “divieto di divertimento”. Negli stadi italiani è vietato divertirsi e gioire. Pertanto meglio fiaccare sin da subito questi primordiali istinti.
Quanta nostalgia di quelle invasioni di fine stagione dove i giocatori venivano lasciati in mutande e i tifosi prendevano possesso del campo. Altro che hostess con la minigonna a fare da corollario alle stucchevoli e melense premiazioni di rituale.
E poi, cosa che davvero non capisco: negli ultimi anni va di moda assegnare un premio, o una coppa, anche ai terzi classificati o ai vincitori dei playoff. Posso dire di non trovarmi per nulla d’accordo? Una volta per alzare una coppa o un trofeo dovevi finire primo in campionato o vincere una competizione. Insomma, dovevi arrivare primo. Oggi sembra di essere al cospetto di bimbi capricciosi che devono per forza festeggiare con un oggetto levato al cielo per sentirsi vincitori. Qualche anno fa, al termine di una finale playoff, la coppa era sentirsi stringere, quasi soffocare, dalla presa dei propri sostenitori e da un ambiente che aveva atteso questo momento per una stagione.
Infine, le finali a Firenze sono state talmente mal pensate e mal organizzate che gli organizzatori si sono trovati a “svendere” i biglietti in ogni modo. Basti pensare che all’inizio c’era bisogno della tessera per acquistare i tagliandi poi, quando forse ci si è accorti che si sarebbero fatti gli stessi spettatori di un Lentigione-Fiorano qualsiasi, si è fatta cadere questa limitazione fino a permettere – udite udite – l’acquisto dei biglietti per la finale ai botteghini del Franchi, fino all’intervallo.
La cosa non può far che piacere, sia chiaro. Altro non si tratterebbe che di un ritorno alla normalità. Ma ho avuto il sentore che, se si fosse potuto, si sarebbero messi tagliandi per queste sfide dentro le uova di Pasqua, nei fustini dei detersivi e in omaggio al supermercato con 10€ di spesa.
“Scongiurata” – per i cervelloni che gestiscono l’ordine pubblico – la finalissima tra Parma e Reggiana (sarebbe stato divertente vedere Questori, Prefetti, Osservatori e lacché di corte organizzare questa sfida con tutti gli allarmismi nel caso, immagino a una situazione simil Raqqa pre bombardamenti) l’ultimo atto della terza serie nostrana vede opporsi ai ducali l’Alessandria. Una sfida che manca ufficialmente da diversi anni e mette al confronto due tifoserie i cui rapporti sono di sostanziale indifferenza.
Nello scacchiere delle amicizie/rivalità, volendo essere pignoli, ci potrebbero persino essere i presupposti per un’antipatia. Grigi gemellati con i genoani, emiliani con i doriani. Grigi acerrimi rivali degli spezzini, parmigiani un tempo fedeli amici (ora nemici giurati). Tuttavia tra le due fazioni non volerà una mosca e – per tutta la giornata – ognuno penserà al suo tifo e basta.
A Parma sono stati staccati circa 5.000 tagliandi in prevendita e, in loco, verranno acquistati un altro migliaio di biglietti, il che permetterà di riempire l’intera Curva Ferrovia. Dall’altra parte invece sono ufficialmente circa 2.000 gli alessandrini che occuperanno la Curva Fiesole. A questi numeri vanno aggiunti i tifosi che prenderanno posto nella tribuna coperta (non riempiendola per intero) e a un piccolo manipolo di parmigiani in Maratona. Ho sentito ipotizzare la presenza di 16.000 persone, mi permetto di quantificarla in qualche unità in meno: 13.000 massimo.
Un buco nell’acqua, a livello visivo, dentro a uno stadio che contiene 40.000 spettatori. La Maratona praticamente vuota la dice lunga. Inoltre mettiamoci pure che in questo periodo storico, in cui la gente tende ad allontanarsi dal calcio e dagli stadi, non è praticamente pensabile di riempire le gradinate con tali eventi.
Alle 18 in punto, quando il sole ancora brilla altissimo e l’umidità stringe con una fortissima morsa la città di Firenze tutta, le due squadre fanno il loro ingresso in campo. Su fronte gialloblu viene calato un bel bandierone crociato a cui fa seguito una sciarpata di grande effetto, realizzata dall’intero settore.
Tanto per rafforzare quanto detto in apertura, ricordo che ai supporter ducali è stato vietato l’ingresso del tamburo, dei megafoni e dei bandieroni. Mi chiedo perché, in questi casi, non si opti per disputare i match direttamente a porte chiuse? Del resto questi strumenti non hanno mai fatto male a nessuno e il volerli inibire a priori è la palese dimostrazione di quanto si voglia limitare la passione dei presenti. Non c’è altra spiegazione. È un abuso, un atto di sopraffazione e arroganza inutile e dannoso.
È come fare una festa di compleanno senza invitati, vietando l’utilizzo di musica, torte e candeline. Oltre che la consegna dei regali: siete semplicemente ridicoli!
Appurato ciò, non è ovviamente facile coordinare la massa crociata. Dal loro canto i Boys, forse, fanno il piccolo errore di disporre il proprio striscione in maniera leggermente defilata. Cosa che non gli permette di coordinare al meglio l’intera Ferrovia, per l’occasione composta anche da tante persone che solitamente non frequentano la Nord. I gialloblu non si perdono comunque d’animo e danno vita a una buona prova canora, rinvigorita come sempre dal tanto colore delle bandierine e delle sciarpe. Belli i cori a rispondere, molto belle le manate che prendono tutto il settore producendo un vero e proprio “effetto muro”.
All’11esimo Scavone porta subito avanti il Parma e per la Nord formato trasferta è già il momento di festeggiare. Chiaramente aumentano i decibel e quando tutti i presenti decidono di tirar fuori la voce l’effetto è di quelli significativi. L’apoteosi si raggiunge nella ripresa, quando Nocciolini trova il 2-0 e corre ad esultare sotto ai propri tifosi, conscio di quanto la sua rete possa risultare decisiva nell’economia di una stagione che si è rivelata più tribolata del previsto.
Dai parmigiani partono i primi cori di giubilo, mischiati a quelli rabbiosi contro Ghirardi e a quelli di scherno per i rivali reggiani. Se questa verrà ricordata come la stagione del ritorno in B, in tanti la rammenteranno anche come quella che ha rinfocolato lo storico Derby dell’Enza. Sfottò praticamente generati in ogni partita da parte delle due tifoserie. Un odio vero, sincero e genuino che agli occhi di spettatori neutri come il sottoscritto, è risultato davvero bello da vedersi e da sentirsi. Spero che il futuro prossimo ci riservi altre sfide tra queste due compagini e tra queste due tifoserie.
Viene effettuata una seconda sciarpata, davvero bella e compatta, mentre qua e là fanno capolino torce e fumogeni prudentemente gettati in terra. Del resto dentro un Franchi versione Alcatraz è meglio usare l’intelligenza.
Se i parmigiani possono godere – di fatto – di una partita in discesa, la stessa cosa non si può dire per gli alessandrini. I supporter piemontesi, radunati in un angolo della Fiesole, versano lacrime amare per l’ennesima volta in questi ultimi anni. Vedendo svanire il sogno della cadetteria proprio a un tiro di schioppo. Sebbene vada sottolineato come i grigi abbiano buttato la stagione nella regular season più che oggi.
I tifosi dell’Alessandria aprono la giornata con una coreografia fatta di bandierine grige, nere e rosse. Francamente riuscita non al meglio. Le bandierine risultano infatti abbastanza scompattate tra loro e nella parte superiore viene fatta accomodare troppa poca gente per sventolarle, dando l’idea di un settore letteralmente spaccato a metà.
Ma complessivamente sarà proprio la loro prova a non convincermi appieno. Se nella prima frazione di gioco il settore tiene abbastanza bene, nella ripresa i piemontesi calano clamorosamente. Forse a causa del caldo eccessivo che caratterizza il loro settore, sicuramente per la disfatta della propria squadra, però permettetemi di dire che in una finale playoff – al netto della delusione – non si può regalare un tempo agli avversari.
Mi spiace trovarmi ancora una volta a criticare l’atteggiamento dei supporter alessandrini, ma da loro, dalla loro storia e dal loro proverbiale attaccamento alla maglia, mi aspettavo veramente di più. È il massimo rispetto che ne ho a farmeli criticare in maniera forse aspra.
Da segnalare, in Fiesole, la presenza di genoani e ultras del Tolone con la pezza Old Clan.
Ovviamente al triplice fischio scatta la festa parmigiana, con tutti i “problemi” del caso elencati in precedenza. Resto sul manto verde del Franchi a immortalare gli ultimi sgoccioli di questa stagione. Anche per me è tempo di riporre la macchinetta e prendere una salutare pausa dal calcio e da tutto il suo movimentato baraccone.
La festa vera e propria – quella senza limitazioni, senza divieti e senza steward – si svolgerà per le vie di Parma mentre io sarò sul mio lento treno regionale per Roma. Ovviamente limitato a Orte e sostituito con un vecchissimo autobus fino a Termini. Del resto questa stagione non poteva finire in altro modo.
Testo Simone Meloni.
Foto Valerio Poli, Marco Florenzi e Simone Meloni.
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