Facendo una specie d’inventario delle regioni visitate in tutti questi anni su e giù come cantavano i Vernice negli anni Novanta, mi accorgo che all’appello manca solo una piccola regione, la Valle d’Aosta. Sicuramente è una regione lontana e magari anche difficile da raggiungere ma più di tutto è che davvero poche squadre valdostane hanno calcato i campi del professionismo o della serie D: a memoria ricordo l’Aosta, la storica squadra del capoluogo che fra fine anni ottanta e inizio novanta varcò le porte del professionismo, rimanendo pure diversi anni in C2 con risultati tutto sommato soddisfacenti prima di finire nell’oblio delle serie minori. Più tardi e sempre ci fu lo Chatillon e l’Aymavilles entrambe partecipanti al campionato di serie D, mentre storia recente è il PontDonnazHoneArnadEvancon, meglio conosciuto con l’acronimo P.D.H.A.E., che da un paio di stagioni si barcamena in quarta serie cercando di raggiungere la loro più grande vittoria, ossia quella salvezza che lo scorso anno riuscirono a centrare.

Più di una volta ho cercato inutilmente di violare questo tabù regionale finché la data propizia sul calendario, insieme a delle concatenazioni lavorative e personali perfette, mi ha permesso di espugnare anche la lontana ed apparentemente inarrivabile Valle d’Aosta. Mercoledì 4 ottobre è la data segnata sul mio calendario: proprio il turno infrasettimanale mi permetterà di seguire la partita del girone A di Serie D fra PontDonnaz e Vogherese, quest’ultima ritornata in quarta serie dopo diversi anni in cui purtroppo gli ultras hanno penato non poco, soprattutto dopo la scomparsa dello storico marchio e la creazione della nuova società denominata OltrepoVoghera, fusione che gli ultras con grande tenacia hanno sempre rifiutato preferendo seguire l’ASD Voghera ripartito dalla Prima categoria, ma la storia pur fra non meno peripezie ha dato loro ragione.

Non so perché ma quando c’è la Vogherese di mezzo, ho sempre a che fare con viaggi sì particolari ed affascinanti ma anche spaventosi per via dei diversi mezzi e delle coincidenze obbligate: per questo lungo viaggio parto in pullman il martedì sera ed arrivo nel capoluogo sabaudo verso le 8:20 della mattina, poi dalla stazione di Porta Nuova treno direzione Aosta, fermata a Verres, un paesino a pochi chilometri dalla mia destinazione finale cui mi condurrà un autobus di linea in solo otto fermate.

Per decifrare l’intreccio di nomi che compongono l’acronimo della squadra locale mi sono dovuto far aiutare dalla gente del posto. Difficile ma non complicato risalire alla nascita di questa compagine nel 2013, a seguito della fusione di tre squadre di paesi della bassa valle: Point San Martin che sarebbe un comune a parte, Donnas frazione del comune di Point San Martin, le frazioni di Hone ed Arnad del comune di Verres ed infine Evançon, il torrente che nasce sul Monte Rosa e va a confluire nella Dora Baltea, importante fiume che bagna diversi comuni. Il suo stadio è il Comunale di Berriaz, altra frazione di appena 528 abitanti nel comune di Montjovet.

A dispetto delle leggende, al mio arrivo il clima è ancora buono con un caldo quasi piacevole. La frazione è un agglomerato di case intorno al piccolo centro storico che man mano si estendono anche verso l’esterno, con la Chiesa Parrocchiale della Natività della Vergine e a poca distanza la casa parrocchiale di età napoleonica. La visita è abbastanza breve così resta pure il tempo per la mia solita capillare perlustrazione dello stadio, annesse tribune, settore ospiti, strade, varchi d’accesso e persino in campo grazie alla gentilezza di un inserviente che mi permette di saggiare il tutto prima ancora che arrivi il pubblico.

Al tirar delle somme le frazioni ed i comuni della Valle d’Aosta mi sembrano molto simili a dei paesini della Svizzera con case sparse ma una tranquillità invidiabile ed unica. Non contento, attraversato il ponte sulla Dora Baltea, mi imbatto in Oley, l’ennesima frazione di Montjovet dove scopro, grazie ad una signora siciliana che vive da tanti anni qui, la vecchia stazione di Montjovet non più attiva dal 1999 ma di cui resta il fabbricato della stazione acquistato proprio dalla suddetta signora che me ne illustra la storia, resa ancora più emozionante a due passi dai binari ancora intatti.

Il tempo scorre ed ho pur sempre una partita da visionare, saluto, ringrazio e mi avvio allo stadio dove alle 15 avrà inizio la partita. Una volta messo piede in campo, non posso dire tanto sul Comunale di Berriaz: una tribuna coperta per i tifosi locali ed un’altra piccola tribuna con tubi di ferro e seggiolini a formare il settore ospiti, situato ad angolo dietro ad una delle due porte e che per accedervi bisogna percorrere una stradina che si apre dalla parte opposta al settore. Nella sfida odierna non si presentano molte persone ma calcolando il giorno infrasettimanale ed il basso numero di abitanti della frazione di Berriaz era tutto facilmente preventivabile. Ovviamente non ci sono gruppi né aggregazioni ultras per questa squadra nella regione che diede i natali ai FIGHTERS AOSTA, gruppo a supporto appunto dell’Aosta quando militava nel professionismo.

Sugli spalti poco più di una cinquantina di tifosi che più che sostenere i locali, si godranno la partita tranquillamente seduti. Dalla parte ospite invece, nonostante al fischio d’inizio il settore sia ancora vuoto, dopo una decina di minuti vedo sventolare dei bandieroni all’esterno, preludio all’imminente entrata nel settore degli ultras lombardi. Sono circa una ventina, non tantissimi, ma in un giorno lavorativo con una squadra avversaria senza ultras e senza confronto, anche la minima presenza può starci. Subito dopo essere entrati, i vogheresi si dirigono nel piccolo settore, bandieroni al vento per attaccare striscioni e stendardi con in prima fila il vecchio, bello, storico ed inconfondibile striscione ULTRAS VOGHERA.

Da subito gli ospiti catturano l’attenzione grazie al colore dei tre bandieroni, sventolati assiduamente nonostante il fastidioso vento, ma anche per i discreti battimani ad accompagnare i cori. Il tifo non è continuo nonostante la generosità del corista, qualche pausa c’è ma non si nota troppo proprio perché tra i padroni di casa non c’è il minimo incitamento. Pure in campo le emozioni non sono tantissime e difatti la prima frazione si chiude sul punteggio di 0-0.

Nel secondo tempo in campo la musica cambia ed al terzo minuto il Pontdonnaz passa incredibilmente in vantaggio ma gli ultras ospiti, fiduciosi continuano a tifare con buoni battimani cercando di trasmettere la grinta giusta ai propri giocatori che recepiscono il messaggio ed in sette minuti, dal cinquantaduesimo al cinquantanovesimo, prima pareggiano e poi passano in vantaggio facendo esultare gli ultras rossoneri il cui apporto corale crescerà soprattutto nell’intensità. Ma la gioia non durerà tanto dato che al sessantasettesimo i padroni di casa perverranno al gol del definitivo pareggio.

Gli ultras ospiti continueranno a tifare ma alternando pause sia fisiologiche che motivate dagli eventi di gioco: oggi comunque contava la presenza e quella è stata importante, in linea con il passato e la tradizione della tifoseria che, al triplice fischio finale, applaude la squadra, andata a salutarli sotto al settore dopo questo punto che muove la classifica e li vede salire al quinto posto, in coabitazione con Sanremese e Chisola, mentre il Pontdonnaz resta fanalino di coda con soli due punti all’attivo dopo sei giornate, bottino alquanto misero.

Con le squadre pronte a rientrare negli spogliatoi si scatena un diverbio tra giocatori e alcune persone in tribuna, con polemiche e parole grosse che dal campo arrivano fin sugli spalti e viceversa fino a quando, con un po’ di fatica tutto viene sistemato, ma la domanda sorge spontanea: se ci fossero stati di mezzo gli ultras sarebbe stata la stessa cosa? Domanda retorica di cui potete immaginare la risposta non solo nelle condanne ma soprattutto nei titoloni che l’indomani sarebbero finiti inevitabilmente in prima pagina su tutti i quotidiani. Questa volta però gli unici ultras presenti non han fatto altro se non colorare il settore ed incitare la propria squadra, magari di questo qualcuno si roderà il fegato…

Finita la partita prendo gli stessi mezzi dell’andata poi una volta arrivato a Torino, questa volta sarà il treno a condurmi a casa per una giornata che si preannunciava lunga ma che in realtà è volata via in un soffio, d’altronde le cose belle purtroppo durano sempre poco!

Marco Gasparri