Il sole batte forte. Nel parchetto ci sarà un centinaio di persone. “Tutto confermato. Ma dipende dal tempo”. Dall’alto prometteva pioggia, ma il cielo è stato clemente. Neanche lui ha avuto il coraggio di rovinare questa giornata. La scena è un continuo di pacche sulle spalle, abbracci e colori giallo-rossi. Accesi. Qualcuno indossa una maglia, il numero 4 sulle spalle. Uomini, donne, giovani e meno giovani: si sono ritrovati tutti assieme per ricordare ancora una volta Stefano Lotti, a 35 anni dalla sua scomparsa.

È un’intera comunità. Si dispone a semicerchio e resta in attesa delle parole. Parole che arrivano: parlano le autorità. Hanno contribuito alla realizzazione dell’opera. La regione, il sindaco. Ma soprattutto parla la gente. Prende la parola il fratello di Stefano. Sono passati 35 anni da quando il suo Stefano non c’è più. Adesso è lo Stefano di tutti i presenti. Capelli rasati e i lineamenti del viso che ricordano quelli del numero 4. Dice che a Poggibonsi si sente a casa, che la città, la squadra e la curva lo hanno sempre accolto in maniera stupenda. Loro che vengono dalla provincia di Pisa: Madonna dell’Acqua. Poi indica due persone nel pubblico. Prova a dire che sono i suoi genitori, i genitori di Stefano. Ma non ce la fa, la voce si rompe, gli occhi diventano umidi. Ci prova di nuovo. Niente. Si leva un applauso sincero da parte di tutti.

L’opera è stata curata dall’associazione Mixed Media e realizzata nel sottopassaggio in Via Vallepiatta, grazie al lavoro degli artisti della 400 Drops-Crew, al contributo del Consiglio Regionale della Toscana e al sostegno del Comune di Poggibonsi. “Ma è stato il frutto della collaborazione di tutti. Ci hanno consigliato, ci hanno supportato. Non ci hanno mai lasciato soli”, dice l’artista. “E per favore, vorrei anche io una maglia del Poggibonsi”. Non è facile per dei professionisti prendersi cura di un lavoro così emotivamente coinvolgente per il committente.

Mentre provavo a farmi un’idea di chi fosse Stefano Lotti, ho scoperto che era un centrocampista di quelli che corrono tanto, quelli di cuore. Nelle foto è ritratto con i capelli rasati e lo sguardo di chi ti sta per portare via il pallone. Dicono che fosse una persona splendida anche fuori dal campo. Uno degli articoli letti mi ha colpito in particolare, perché conteneva la dichiarazione dell’allenatore del tempo, Uliano Vettori: “È bello constatare che tanti ragazzi che a quell’epoca non erano ancora nati o giovanissimi, si sentano impegnati nel ricordo del ragazzo, e farne valoroso esempio della loro passione sportiva”. Vettori o semplicemente Uliano come lo chiamano tutti se n’è andato da poco e, chissà, forse ha incontrato di nuovo il suo numero 4. “Ogni anno a metà febbraio Uliano ci cercava perché c’era da fare qualcosa per ricordare Stefano”. Ci sarebbe stato anche stavolta. E con lui Silvaro Benelli, storico speaker giallo-rosso, scomparso meno di un mese fa.

È un momento nel quale stringersi. Farsi forza a vicenda. Mostrarsi uniti. E i ragazzi di Poggibonsi ci riescono benissimo. Sono i tifosi, gli ultras. Stefano è un simbolo per il quale girare l’Italia e sostenere il Leone. Grazie a questo murales il ragazzo con il numero 4 che giocava con i calzettoni abbassati e non si fermava mai diventa un simbolo sempre più immortale.

Si scopre la targa di quest’opera. Le nuvole si muovono veloci, ma non coprono il sole. Incoronano questo attimo. I fumogeni riempiono l’aria dei colori sociali: giallo e rosso. L’odore è inconfondibile. Hic sunt leones. L’emozione è grande. La gioia anche. Negli sguardi di tutti c’è la soddisfazione per aver fatto qualcosa di grande, qualcosa di bello, qualcosa che permetta di dire: “Noi siamo il Poggibonsi”.

Piano piano le sciarpe giallo-rosse si diradano. “Domani a che ora?” “Si gioca alle quattro”. “Dai allora ci si vede…” Restano in pochi a guardare il lavoro. Resta Stefano Lotti a vegliare sulla sua città, sulla sua gente, sulla sua Poggibonsi.

Gianni Galleri