Parrà strano, ma per cominciare a parlare di Roma-Crotone è necessario fare un passo indietro di qualche giorno e tornare alla partita tra Lazio e Cagliari. Quella che ha scatenato l’immane putiferio per gli adesivi ritraenti il volto di Anna Frank con la maglia della Roma. Tre giorni in cui i TG e i giornali nazionali hanno aperto con la notizia e l’intero baraccone mediatico ha dato vita a una grancassa di cui, francamente, non ho memoria neanche per i recenti attentati che hanno svariate volte sconvolto il nostro Continente.

Non voglio incentrare il mio pezzo sul “benaltrismo”, anche se a monte potrei anche chiedermi come mai proprio in un periodo così delicato per il nostro Paese – con il possibile innalzamento dell’età pensionabile e una discussa riforma elettorale in cantiere – si faccia di tutto per cavalcare in maniera così spasmodica una notizia capace di spostare nettamente l’attenzione della cittadinanza tutta. Non voglio incentrarlo sul “benaltrismo” ma la domanda me la faccio. Non si sa mai che qualcuno mi desse una risposta.

Preferirei focalizzarmi sul modus operandi dei nostri media però. Tra tutte le urla, i comportamenti isterici e i proclami lanciati in queste 72 ore quasi nessun è riuscito ad adempiere ai propri compiti. Si è fatta opinione, si è fatta morale, ma non si è fatta alcuna cronaca dei fatti. Abbastanza grave se pensiamo che tra i protagonisti di questo baraccone ci sono la maggior parte di quelle firme considerate d’élite nel Belpaese.

A qualcuno è venuto in mente, per esempio, di ragionare su come l’episodio sia legato a poche persone effettivamente appartenenti al contesto curvaiolo (del resto parliamo di qualche decina di adesivi, non di una curva interamente tappezzata) e che sicuramente – pur agendo in maniera sconsiderata e becera – non pensano che davvero l’uccisione di tutti gli ebrei sia giusta o la politica di Adolf Hitler un qualcosa da attuare. Sembra che di mezzo ci siano anche 13/14enni, non propriamente dei laureati ad Harvard con specializzazione a Oxford e cattedra trentennale a Cambridge ebbri di vita e colmi di esperienze. Ripeto, a scanso di equivoci: non per assolvere, ma per contestualizzare.

E comunque fa tristemente sorridere tutta questa levata di scudi. Più votata ad apparire che a promuovere nel concreto iniziative utili all’avanzamento del nostro tessuto sociale. Fa sorridere ancor più leggendo spazzatura promossa a rango di grandi inchieste giornalistiche come quella del ritrovamento di un biglietto all’interno dello stadio con su scritto “Negro eroe”, ma si riferiva a Paolo Negro, l’ex difensore della Lazio autore di un celebre e sbeffeggiatissimo autogoal durante un derby di qualche anno fa. Chissà, magari buttato là può sempre venir utile per plagiare qualche altro distratto lettore. Meglio stendere un velo pietoso poi, sulla dubbia utilità di tali operazioni di polizia: sembra di vedere i più sordidi investigatori privati che rimestano nell’immondizia pur di trovare la più pretestuosa o disgustosa prova che inchiodi un marito fedifrago.

Scritte e messaggi di questo genere sono presenti da sempre nelle nostre città, eppure non sono mai finite su nessun telegiornale. Chissà perché una foto scattata in uno stadio e finita sui social riesce addirittura ad arrivare al Parlamento Europeo. Va bene, siamo tutti contro il razzismo e programmi educativi a tal merito vanno soltanto agevolati. Ma mi piacerebbe che questa solerzia mediatica fosse stata usata nei vari casi Cucchi, nei vari G8 di Genova e nelle varie acredini sociali che quotidianamente spaccano l’Italia e su cui sedicenti politici soffiano sopra per alimentare (davvero) il fuoco dell’odio che può ritornar loro utile nel conteggio delle schede elettorali.

Condannare episodi discriminatori  è sacrosanto e necessario allo sviluppo di qualsiasi società civile. Non fomentarli quotidianamente sarebbe doveroso. Ma ovviamente è sempre più comodo far credere che il razzismo, la violenza e la maleducazione esistano solo in contesti sociali come lo stadio. Del resto i ragazzi delle curve rientrano appieno tra quei folk devil creati ad hoc per esser sbattuti in prima pagina all’evenienza.

Produrre un adesivo che sbeffeggia l’Olocausto, Anna Frank e simili tematiche è un qualcosa di deprecabile e da condannare? Ovvio.

Ora però vi pongo un’altra domanda: il ruolo educativo e culturale dei media che ripropongono per la milionesima volta impresentabili classifiche sulla politicizzazione delle curve, ridicoli stereotipi ormai vecchi di 40 anni e dibattiti spesso dai contenuti altrettanto beceri, dove sta? I Mentana e i Gramellini di turno, oltre a pubblicare post strappalike e articoli giustizialisti, cosa sanno della vicenda nella fattispecie e come possono giudicare un mondo – quello del tifo – che probabilmente non conoscono minimamente?

Come può un’Italia ipocrita, falsa e quasi sempre spietata nei confronti delle classi più deboli – razzista davvero nei confronti dei meno abbienti, diciamocelo – pretendere che i suoi cittadini apprendano in toto il rispetto e la condivisioni degli spazi con il “diverso” con cerimonie imposte a forza e poco credibili come il minuto di silenzio e la lettura di un passo del Diario di Anna Frank prima del fischio d’inizio?

Mi viene in mente quella pagliacciata durata qualche stagione e chiamata “terzo tempo”. Finte strette di mano a fine partita per lavare le coscienze di un sistema lercio fino al midollo, che pensa di apparire più pulito e credibile proponendo simili ipocrisie. I cambiamenti si ottengono con l’esempio, con gli insegnamenti a scuola, con l’instillare nella testa dei nostri giovani il sapere. E non continuando a dividere il mondo in buoni e cattivi come fossimo in un eterno cartone animato della Disney!

Tavecchio dovrebbe insegnarci a rispettare il prossimo? Lotito dovrebbe dirci come ci si esprime per non ledere la dignità altrui? Renzi si può permettere di puntare il dito, alla rinfusa, contro le curve dall’alto di quale sua candida moralità e posizione? Il Giletti di turno a che titolo deve ancora ritornare sulla ridicola retorica anti-ultras secondo la quale le curve sono un territorio franco dove tutto è concesso? Evidentemente a questi cialtroni sfugge che lo stadio in Italia è in assoluto l’universo aggregativo che ha subito più decreti e leggi speciali negli ultimi anni. Nonché quello dove esistono veri e propri mostri giuridici come l’arresto in flagranza differita o l’art.9. E l’elenco è davvero infinito. Stucchevolmente infinito.

Mi spiace che poi, se si prova a parlare in questa maniera c’è sempre qualcuno pronto a definirti aprioristicamente “razzista”. Magari lo stesso qualcuno comodamente ubicato nei quartieri bene delle nostre città, che alla vista del barbone davanti al supermercato storce il naso facendo la faccia schifata. Gli stessi che ritengono operai con la terza elementare degli “ignoranti” da cui stare alla larga. Tanto per dire che poi”razzismo” è un termine alquanto generalista e confinarlo solo in determinate manifestazioni è sbagliato e riduttivo.

Una parola che nella nostra epoca spesso viene usata davvero in maniera impropria. “Siamo tutti Anna Frank”, recitavano molti titoli di questi giorni. “Puniteli tutti” apriva Il Tempo di mercoledì. Ma, oltre gli slogan e le classiche richieste di punizioni di massa a mo’ di moderni e contrari rastrellamenti ebraici, quando questo polverone sarà passato cosa rimarrà? Il nulla, come sempre.

Al netto di tutto ciò faccio un altro quesito: dove hanno sbagliato (e soprattutto perché sono da condannare) quelli che hanno scelto di entrare successivamente alla cerimonia voluta dalla Lega o chi, come la Sud di Roma, ha semplicemente continuato a sostenere la squadra senza evidenziare fischi o insulti (chi si aspettava ciò, purtroppo per lui, è stato ampiamente deluso) o chi, come i laziali, ha deciso di non prestare il fianco alle strumentalizzazioni boicottando la trasferta di Bologna? Viviamo in un mondo dove teoricamente è consentito scegliere e giudicare con la propria testa. E agire di conseguenza.

Hanno infranto regole o tenuto comportamenti razzisti? No. E allora il discorso si chiude qua. Se un atteggiamento non piace alla maggior parte della comunità non vuol dire che sia illegale. E questo vale per tante altre volte in cui si grida allo scandalo o si invocano punizioni esemplari laddove non ci sono comportamenti illegali ma atteggiamenti non conformi all’opinione pubblica.

LA PARTITA

Passando a cose più leggere e anche più gradevoli da narrare, va detto che all’Olimpico stasera si è giocata anche una partita. Roma-Crotone non è di certo una sfida di cartello e, malgrado la società per l’occasione abbia abbassato i prezzi dei tagliandi, la risposta è comunque contenuta. Poco più di 30.000 i presenti.

Da Crotone giunge un discreto manipolo di tifosi, rimpinguato anche dalla presenza di alcuni calabresi residenti nella Capitale. I sostenitori pitagorici tentano di “attirare l’attenzione” dei dirimpettai mandandoli a quel paese un paio di volte a inizio gara. Bissando lo stesso atteggiamento mostrato nella passata stagione tra le mura amiche. La Sud abbozza una mezza risposta ma la cosa si affievolisce immediatamente. Del resto, fatto salvo per la gara disputata allo Scida nella passata stagione, le due tifoserie non si sono mai incontrate e complessivamente non ci sono davvero le basi per un’inimicizia. L’unico appiglio logico a cui posso far riferimento è l’amicizia tra rossoblu e catanesi.

Comunque il tifo dei crotonesi è abbastanza buono per tutta la partita, condito anche dall’incessante sventolio dei bandieroni e da un paio di sciarpate effettuate nel secondo tempo. Visto il giorno, la distanza e la posizione in classifica non si poteva chiedere di più onestamente.

Sul versante giallorosso va detto che la serata complessivamente moscia (anche in campo) non riscalda di certo gli animi. La prestazione della Sud è alquanto sottotono rispetto alle precedenti uscite, anche se nella ripresa le cose migliorano un pochino e si registrano ottimi momenti di tifo. Sicuramente per far funzionare tutto alla perfezione, ancora una volta, si è evidenziato quanto sia importante la collaborazione tra tutte le componenti. Il settore – di questi tempi più che mai – è grande e ha bisogno dell’aiuto di tutti per essere coinvolto. Bello rivedere di tanto in tanto torce e fumogeni accesi.

Da sottolineare l’ingresso al 15′ dei Fedayn, con il loro muretto lasciato vuoto e con la scritta “No multe” realizzata col nastro adesivo. Un altro segnale importante, dunque, contro l’ondata di sanzioni che ha recentemente investito i lanciacori del settore popolare romanista.

In campo la Roma conquista i tre punti grazie al rigore realizzato da Perotti.

Testo di Simone Meloni.
Foto di Cinzia Lmr.