Cominciamo dalla cosa più ridicola: la multa di 4.000 Euro comminata alla Salernitana per il lancio di coriandoli e il ritardo di quattro minuto sul fischio d’inizio. Continuiamo col momento più grottesco: lo speaker che invita i tifosi a non lanciare in campo i coriandoli consegnati agli ingressi dai ragazzi della Curva, pena interruzione della partita e squalifica del campo (sic!) e il successivo setaccio degli steward impegnati a requisire come possibile i sacchetti contenenti i pericolosissimi quadratini di carta.

Il risultato (fortunatamente) l’hanno visto tutti: la maggior parte dei coriandoli è stata preservata dalla longa manus delle autorità (!!!) in pettorina gialla (che di solito non sanno indicarti neanche dove sia l’uscita o l’entrata dello stadio dalla quale loro stessi passano abitualmente) e gettata in aria a mo’ di coreografia. Da qui il piccolo ritardo nell’avvio delle ostilità con un manipolo di volenterosi quanto occasionali operatori ecologici impegnati a ripulire il campo con scopa e paletta.

Cos’altro vogliamo aggiungere? Tutto talmente ridicolo da far diventare a dir poco penoso chiunque si sia reso responsabile della comunicazione prima e della sanzione poi. La scelta di colorare gli spalti con una cordiandolata retrò era stata presa e comunicata già ad inizio settimana dagli ultras granata, pertanto risulta assai difficile non credere alla malafede di chi proprio all’ultimo momento si è reso conto che questo gesto avrebbe leso irrimediabilmente non solo al match in oggetto, ma al campionato intero. E forse anche a oltre un secolo di calcio italiano!

Il calcio è del popolo, dicono lor signori. Ma mentre il giorno successivo il baraccone mediatico si è riempito la bocca di belle parole sul pubblico salernitano, dall’altro lato i solerti ispettori di Lega erano impegnati a redigere virtuosi verbali. Beh, fate pace col cervello… quasi vi preferivamo quando passavate settimane intere a descrivere gli ultras come reietti della società, nonché cancro del tanto amato sport nazionale. Il bello è che di tanto in tanto qualche sommo analista contemporaneo ha pure il coraggio di lagnarsi perché gli stadi non si riempiono.

O peggio ancora: “Portare un bambino allo stadio è pericoloso”. Quando l’unico pericolo è quello di irretirlo e traumatizzarlo con tutta la rete di divieti e idiote restrizioni. Neanche voglio immaginare cosa possa pensare un ragazzino nel sentirsi dire che è vietato lanciare coriandoli in un contesto dove si gioca a calcio e si fa il tifo. Bene hanno fatto tutti quei tifosi che hanno nascosto il loro sacchetto dallo sguardo degli steward per poi contravvenire all’invito di non lanciare nulla in campo. Quando una regola è dannosa, stupida e senza alcuna motivazione valida l’unico modo per ridicolizzarla è disattenderla!

Dopo aver sottolineato suddetta stortura possiamo concentrarci sul pomeriggio dell’Arechi. Che questa gara per la Salernitana assuma un significato fondamentale è storia palese, ancor più lo è diventata dopo il successo per 1-0 nel recupero di Udine. Tre punti che hanno riacceso realmente la fiammella della speranza, anche in virtù dell’altra gara – contro il Venezia – da recuperare. Per rendersi conto di quanto la città avverta questa importanza è sufficiente salire sulla metropolitana che dalla stazione centrale porta allo stadio. Alle 9 di mattina (ben tre ore e mezza prima del fischio d’inizio) diversi tifosi sono già pronti con le loro sciarpette al collo.

È stato un anno dalle due facce per i campani: l’avvio disastroso e la contestazione alla vecchia società, poi il passaggio di consegne, gli importanti cambi in organigramma (su tutti l’arrivo di Walter Sabatini nel ruolo di d.s.) e una campagna acquisti che ha tentato di equilibrare le palesi mancanze evidenziate nel girone d’andata. Un giro di boa che ha sicuramente portato maggiore entusiasmo e voglia di lottare in seno al gruppo squadra, al cospetto di una tifoseria che invece – va detto – la sufficienza piena non solo l’ha ottenuta, ma è andata ben oltre tra presenze e tifo costante. E se è vero che il ritorno in A dopo tanti anni può essere un banco di prova facile da affrontare, è altrettanto vero che Salerno (con tutti i suoi alti e bassi) ha dimostrato anche in categorie più basse – anche fra i dilettanti – di poter contare sul suo pubblico.

Quella tra granata e viola, inoltre, non è una sfida anonima. È un confronto che affonda le radici in una rivalità esplosa sul finire degli anni ’90. Dapprima con gli incidenti di Santa Maria Novella a margine della partita vinta 4-0 dalla Fiorentina nell’ottobre 1998 e poi con l’arcinoto “fattaccio” dell’Arechi – qualche mese più tardi – quando durante la gara di Coppa Uefa giocata dai toscani contro il Grasshoppers sul neutro di Salerno venne lanciata una bomba carta in campo, ferendo un guardalinee. Evento che costò l’estromissione dei gigliati dalla competizione e che fece definitivamente deflagrare l’inimicizia.

Si tratta quindi di una giornata dai molteplici significati. E se in riva al Tirreno sono stati staccati oltre ventimila tagliandi, anche i supporter fiorentini non si sono fatti pregare visti i circa 700 biglietti venduti. Su quest’ultimo dato vorrei fare una personale considerazione: non trovo molto congruo paragonare la presenza (numericamente inferiore) fatta dagli stessi tifosi viola a Napoli qualche settimana prima a quella odierna. Il trend della Serie A degli ultimi anni è abbastanza chiaro (al di là della pericolosità o meno della trasferta, che oggigiorno è quasi sempre blindata peraltro): moltissimi tifosi “semplici” non seguono più e molti altri si sono stancati di ripetere sempre le stesse trasferte, in stadi spesso fatiscenti e in cui è impossibile vedere la partita (con biglietti a prezzi indecenti). Lo stimolo di visitare un campo “nuovo” è pertanto determinante in fatto di numeri.

Non è un caso che un’altra ottima presenza dei gigliati in questa stagione sia stata al Penzo di Venezia (dove peraltro si giocava pure di lunedì sera). E quando parlo di stimoli parlo anche di approccio alle gradinate: la prestazione degli ultras fiorentini oggi (davvero di ottimo livello) non è paragonabile a quelle che abitualmente si registrano all’Olimpico, per fare un esempio a me vicino. Ma da una parte lo capisco anche: mangiando sempre la solita minestra alla fine se ne avverte la nausea. È più che umano se ci si pensa. Ed avviene un po’ a tutte le tifoserie.

Sta di fatto che ai toscani quest’oggi si può rimproverare davvero poco. Anzi, va solo riconosciuto come nuovi stimoli facciano rifiorire e riportino al top quelle che sono le tifoserie tradizionalmente più importanti del nostro panorama ultras. Vederle tifare con tutta quell’intensità, colorando il settore con numerosi bandieroni e cercando a tutti i costi la provocazione nei confronti dei dirimpettai è stato davvero un piacere.

Quindi senza voler fare della facile retorica, penso sia giusto dire che la nostra massima categoria ha un bisogno vitale di giornate come queste. Con stadi pieni, tifoserie passionali e – perché no – riscaldate da una sentita rivalità. Circoscrivere il mio giudizio alla sola performance della Curva Sud sarebbe riduttivo. È l’intero stadio a partecipare, inveire e sostenere. È l’intero stadio a spingere i granata verso un successo che a questo punto della stagione è l’unico risultato possibile per rimanere in carreggiata e sperare in una storica salvezza. L’Arechi dodicesimo in campo, esattamente come ventiquattro anni fa, quando su questo manto verde caddero sistematicamente tutte le big del calcio italiano (e all’epoca erano big per davvero).

Ho immaginato la prospettiva del giocatore, direttamente dal campo. Dev’essere alquanto impressionante sentire il boato prodotto da quei 3-4 cori che vengono seguiti praticamente da tutti i presenti. Dal Despacito allo Jamm a vrè, passando per i cori a rispondere e le perfette sciarpate eseguite in apertura e chiusura di partita. Sia chiaro, ho avuto modo di vedere i salernitani davvero in ogni categoria e in tutte le loro sfaccettature da quando frequento gli stadi: non ne scopro oggi le virtù e non sono qua a nascondere i momenti di crisi e calo che anche loro hanno avuto. Ma oggi più che fare le pulci alle questioni prettamente ultras – più che giudicare striscioni, materiale e portamento – mi preme sottolineare la bellezza di un pubblico che ci ha ricordato una delle componenti che ha fatto della Serie A uno dei campionati più rispettati e ambiti al Mondo.

In campo, come accennato, sono i campani ad avere la meglio. Djuric apre le marcature nel primo tempo, mentre a inizio ripresa è Saponara a riequilibrare il punteggio. Ma proprio quando il match sembra incanalarsi sul risultato di parità ci pensa Bonazzoli a far esplodere lo stadio, siglando il definitivo 2-1.

Dopo il triplice fischio le due squadre vanno a prendersi i cori delle rispettive tifoserie, che a loro volta continuano a beccarsi in un sempre stimolante post partita. Nel frattempo per le strade un’orda granata si muove verso il centro, riempiendo di clacson, cori e bandiere il lungomare. Passando per Pastena, Mercatello, Torrione, fino ad arrivare a Piazza della Concordia, rimbomba forte il coro “Sono nato a Salerno, pisciaiuolo morirò!”.

L’ultima istantanea è data da una bandiera col cavalluccio che sventola su un chiosco in riva al mare. Mentre il sole si nasconde tra le nuvole, cominciando la sua distesa che lo porterà a esser inghiottito proprio dalle acque del Tirreno. Anche l’afa si attenua, mentre la città aspetta con trepidazione le prossime settimane. Come e più di una finale dei campionati mondiali.

Simone Meloni