“Abbasso la Scafatese!”. È una delle frasi più celebri pronunciate da Antonio De Curtis – al secolo Totò – nel film “Totò al Giro d’Italia”, quando cerca in ogni modo di far innervosire un commissario di polizia per indurlo al suo arresto. Provocazioni che cadono nel vuoto finché non è proprio la squadra gialloblu a esser chiamata in causa.

Non è un caso che il club sia citato dal Principe della Risata all’interno di una pellicola realizzata nel 1948, in corrispondenza con il secondo (e sinora ultimo) campionato di Serie B disputato dai canarini. Il massimo risultato della storia sportiva scafatese che, per certi versi, è rimasto dunque scolpito anche nel cinema italiano, grazie a questo piccolo spezzone. Sono passati ben settantaquattro anni e nel frattempo la compagine campana ha attraversato fortune alterne: qualche anno di Serie C, tanto dilettantismo e diversi fallimenti alle spalle.

Nel mezzo una tifoseria che ha sempre seguito e che ha saputo farsi valere sugli spalti, arrivando quest’oggi a organizzare i festeggiamenti per il centenario dell’amata squadra cittadina. Una giornata particolare, che sarà preceduta da un corteo e in cui faranno la loro ricomparsa tutte le vecchie insegne del tifo locale.

Si gioca sabato prima di Pasqua e prendere la Circumvesuviana alla stazione di Napoli Porta Nolana è un’esperienza più mistica del solito. Non solo una masnada di gente affolla i binari con uova e regali in mano, ma il mio treno per Poggiomarino (“no Sorrento”, chi frequenta la Circum sa…) è segnalato dai tabelloni ma introvabile sulla banchina, tanto da costringermi a chiedere lumi all’integerrimo personale EAV. Il mistero vesuviano si risolve con la scoperta del convoglio posizionato davanti a un altro, e per questo quasi impossibile da scorgere. Una sorta di caccia al tesoro che come ricompensa finale ha lo stadio Vitiello.

Scafati è un paesone di circa sessantamila abitanti, che quasi casualmente ricade sotto la provincia di Salerno, essendo tuttavia legato territorialmente all’attigua provincia di Napoli. Basti pensare che parliamo di uno dei tanti centri urbani del vesuviano in cui è impossibile capire quando si passa da un comune all’altro, tanto è stretta la concentrazione abitativa. Anche qui la squadra cittadina ha rappresentato – e rappresenta – un motivo di aggregazione attorno cui rivendicare la propria identità e cercare di far crescere nuove generazioni legandole alle proprie radici, benché come in ogni realtà del Sud l’emigrazione tenda spesso a minare ogni discorso legato alla continuità.

Eppure – magari non con grandi numeri – la base ultras ha sempre tenuto botta, riprendendo linfa vitale negli ultimi tempi con uno zoccolo duro che sta cercando di barcamenarsi per dare futuro alla tifoseria. Giornate come queste sono fondamentali, perché permettono ai più giovani di entrare in contatto con il passato della curva e apprezzare il vissuto di gente che per sua fortuna ha avuto modo di vivere gli anni migliori del movimento.

Il corteo parte a pochi metri dalla stazione della Circumvesuviana e si snoda fino allo stadio tra cori, torce e bomboni. Di tanto in tanto qualche vecchietta esce sul proprio balcone e, incuriosita dal frastuono, cessa per qualche minuto la sua attività cuciniera o di giardinaggio casalingo.

Rispetto alla mia prima volta da queste parti – ormai ben diciassette anni fa – trovo l’impianto scafatese alquanto claudicante: il settore ospiti è inagibile e chiuso da tempo, mentre i muri scrostati della tribuna lasciano intuire che la manutenzione non dev’essere propriamente il primo pensiero di chi gestisce il campo. Se da una parte tutto ciò lascia trasparire quel fascino del diroccato che tanto mi piace, dall’altra è sempre una sconfitta per chiunque ami il calcio e i suoi templi. Tra l’altro il Vitiello può vantare una vista sul Vesuvio davvero bellissima, ed esattamente come tanti anni fa anche oggi rimango ben impressionato da questo connubio.

A pochi minuti dal fischio d’inizio guadagno l’accesso al campo, attraversando il lungo tunnel che porta al manto verde. Nella tribuna di casa sono già sistemati tutti gli striscioni. Ed è ovviamente bello rivedere pezze che nel loro piccolo hanno scritto una fetta di storia. I ragazzi stanno preparando la coreografia che accoglierà l’ingresso delle squadre. Niente di artistico o realizzato con chissà quale marchingegno tecnologico. Oggi si punta alla sostanza e alle vecchie maniere: fitta torciata condita da diversi fumogeni. E francamente non posso chiedere di meglio. Vedere il bagliore delle torce, reso ancor più lucente dal denso fumo giallo e blu, ha una valenza artistica quasi più rilevante di quelle coreografie perfette e maniacali che spesso vediamo negli stadi nord europei. Per carità, nulla contro. Ma io sono sempre dell’idea che davanti alla pirotecnica tutto perde di valore!

Una volta diradato il fumo gli scafatesi cominciano a cantare, rendendosi protagonisti di una bella prestazione. Tante manate e cori secchi, alternati da canti ben scanditi dal non invadente suono del tamburo. Durante tutta la partita – manco a dirlo – continua anche lo spettacolo pirotecnico, mentre a più riprese i sostenitori canarini chiedono a gran voce una squadra in grado di portarli via dall’Eccellenza.

Del resto va anche detto che a livello sportivo quest’anno si sono ritrovati in un girone dove gli eterni rivali di Angri e il San Marzano l’hanno fatta da padroni, duellando per quasi tutto il torneo e distaccando le inseguitrici.

La ciliegina sulla torta viene dal raffazzonato settore ospiti, con gli ultras di Castel San Giorgio che fanno il loro ingresso qualche minuto dopo il fischio d’inizio. Non avevo mai avuto modo di vederli, sebbene da qualche anno seguano con regolarità le sorti della loro squadra. Si presentano in una quarantina dietro lo striscione Nuovo Blocco e sono autori davvero di un bel tifo per l’intera partita. Il tutto condito da diverse torce accese e da una bella sciarpata eseguita nel secondo tempo. Considerato che parliamo di una cittadina con circa 14.000 abitanti e che il club rossoblu non vanta chissà quali trascorsi prestigiosi, questi ragazzi meritano un plauso. E si faccia attenzione, i miei complimenti nascono soprattutto dalla continuità dimostrata.

In un mondo ultras dove a volte i gruppi durano un anno e sono solo ed esclusivamente l’espressione dell’insofferenza verso la Serie A, è giusto riconoscere il merito a chi invece sceglie di sostenere i colori della propria città nel tempo.

In campo tutto facile per la Scafatese che regola gli avversari già nel primo tempo, andando a segno due volte e incanalando la partita sul risultato finale di 2-0.

Dopo il triplice fischio ci sono gli ultimi cori su ambo i fronti. Rimango qualche minuto a scattare, per assaporare gli ultimi strali di questa bella giornata. Un clima afoso rammenta che la primavera è ormai entrata di prepotenza e tra qualche settimana ad affollare i vecchi vagoni della Circumvesuviana saranno gli adolescenti diretti al mare anziché a scuola. Sembra si stia lentamente tornando alla tanto agognata normalità, non ci resta che sperarlo. Di certo quest’oggi il vero regalo nell’uovo di Pasqua restano le sensazioni vissute a margine e dentro lo stadio!

Simone Meloni