Pensate a quanto sarebbe stata bella questa partita giocata almeno tre lustri fa. Con l’Atalanta a giocarsi l’Europa League e la Roma in lizza per la seconda piazza.

Chi può evitare di esclamarlo in questo momento storico? Così nostalgico di un passato glorioso e così frastagliato e irto di difficoltà nel cammino per raggiungere un karma soddisfacente di fronte a una partita di calcio della nostra massima divisione.

C’è una scelta chiara, coerente e precisa da una parte: il “no” alla tessera degli atalantini. Un qualcosa portato avanti con un percorso finora netto e deciso. Una scelta che si può condividere o meno, ma che per quanto mi riguarda va rispettata a prescindere. Proprio per il senso di comunità e appartenenza dalla quale nasce. Ma anche per quello che Bergamo e la Curva Nord hanno rappresentato e rappresentano per il movimento ultras italiano.

Mentre c’è una situazione contingente dall’altra: i quasi due anni di assenza a causa della protesta contro l’infima (e infame) repressione messa in atto allo stadio Olimpico. Con il cartellino timbrato nuovamente dall’intera Curva Sud una decina di giorni fa, in occasione del derby di Coppa Italia. Un’assenza che giocoforza ha pesato e influito sul tifo casalingo della Roma. Favorendo, almeno in parte, l’occupazione “abusiva” del cuore del tifo giallorosso da parte di personaggi spesso poco avvezzi non solo a quelle gradinate, ma proprio al mondo del calcio (leggasi turisti).

Un ritorno che – come detto in occasione del match contro la Lazio – avrà bisogno di rodaggio, pazienza e intelligenza per far tornare ai livelli di un tempo la Sud. Così come non si dovranno fermare le rivendicazioni dei propri spazi. Sia anche la scalinata occupata dagli steward; i quali rappresentano comunque un’opera di “invasione oppressiva” – oltre che inutile – in un settore che è solamente deputato a fare il tifo e dove non si verificano episodi di violenza ormai da tantissimi anni. Del resto è lo stesso appunto che si muoveva a chi nell’estate 2015 decise di erigere le “famose” barriere con la scusa dei 3.000 scavalchi a partita. Questo per non dimenticare mai quello che i tifosi di Roma hanno dovuto subire in questo lasso di tempo, senza che nessuno della mirabolante stampa cittadina fosse in grado di alzare la mano e contraddire siffatte fesserie.

Per questi motivi è una sfida particolare; che va analizzata contestualizzando ogni singolo elemento. Senza dover essere catastrofisti, ma ricordando sempre che una partita senza tutta la tifoseria ospite è pur sempre uno spettacolo monco. Oltre che una sconfitta per il calcio nazionale. Ma a questo siamo ormai abituati. Anzi, direi che il calcio italiano più incassa colpi e umiliazioni e più si convince di esser nel giusto. È la forza degli ottusi.

Per quanto riguarda il tifo, sicuramente la Sud ha un qualcosa in più rispetto al derby e il tifo risulterà tutto sommato buono. Gli spazi vengono occupati in maniera più omogenea e una migliore coordinazione fa sì che la performance sia caratterizzata da ottimi picchi che riescono a coinvolgere in più di un’occasione anche i Distinti.

L’andamento della partita non aiuta certamente a scaldare gli animi dei presenti. Nella prima frazione – infatti – una Roma a dir poco abulica e opaca passa in svantaggio grazie alla rete dell’atalantino Kurtic, trovando il punto del definitivo 1-1 nella ripresa con Dzeko e spingendo vanamente fino al triplice fischio.

Sui tifosi ospiti poco da dire: qualche club giunto nella Capitale. Si fanno sentire dopo il gol ma niente di più. Da parte giallorossa piove qualche timido insulto durante la sfida, ma essendo assente la componente ultras orobica si percepisce che anche mandare a quel paese gli improvvisati dirimpettai è un esercizio alquanto sterile.

Finisce così questo sabato pre pasquale. Se la Roma sta concludendo la sua ennesima stagione senza mordente, si può tranquillamente dire che il più bel regalo nell’uovo sia il ritorno del tifo all’Olimpico. Quell’incessante sventolio e quei cori che hanno nuovamente preso piede nel tempio che da sempre li ha ospitati, sanno di boccata d’ossigeno per un ambiente che sempre più tende a perdersi nelle proprie piccolezze e nelle proprie masturbazioni cerebrali.

Testo Simone Meloni.
Foto Cinzia Lmr.