Quella del Tomei non è una partita qualunque, ma un vero e proprio “taglio del nastro” per due società e due tifoserie che da questa stagione hanno grandi attese e per le quali, in modi differenti, si tratta di importanti ripartenze. Il Sora manca dalla Serie D da ben otto anni. Otto anni in cui i bianconeri hanno affrontato fallimenti, ripartenze, infime categorie regionali e bocconi amari da mandar giù a causa di società non sempre all’altezza di ridar lustro al calcio sorano. Anni che sono forse serviti, tuttavia, a favorire la rinascita e la crescita del movimento ultras locale che, dopo i favolosi anni novanta/primi duemila caratterizzati dalla Serie C, ha dovuto fare i conti con un fisiologico ricambio generazionale. Il cui successo non è mai garantito ma che, a queste latitudini, è stato lentamente seguito e protetto portando la Curva Nord a una vistosa crescita e al debutto nella massima serie dilettantistica probabilmente proprio nel momento in cui la maturità curvaiola poteva ritenersi pronta per tale salto.

Sulla Sambenedettese, di contro, si potrebbe scrivere un libro. Senza dubbio un romanzo noir considerando il numero di fallimenti e delusioni sportive che questa piazza annovera da ormai circa trent’anni. Faccio la dovuta premessa: nei passaggi successivi mi permetterò qualche critica di carattere “tecnico” nei loro confronti, ma credo che complessivamente anche il più acerrimo dei rivali possa solo rendere onore a una piazza del genere. In tanti avrebbero mollato da anni, si sarebbero rifugiati in proteste e diserzioni (e forse neanche ci sarebbe stato da biasimarli). Loro malgrado tutto ci sono stati, ci sono e ci saranno. Sempre. Al Riviera e fuori. Con numeri importanti, con una passione sconfinata e con un attaccamento incrollabile. La fede di chi ama il territorio e di chi lo rappresenta in maniera ineccepibile, infischiandosene della Serie B che ormai da qualche anno staziona stabilmente a trenta chilometri (ovviamente su questo influisce anche la madre di tutte le rivalità) o del calcio “che conta”. La ventata di ottimismo portata dalla nuova società e la dichiarata ambizione al salto di categoria hanno prodotto una notevole reazione: basti pensare che al momento in cui scrivo, la Nord rossoblù è andata sold out in abbonamento e in totale sono state vendute 2.357 tessere stagionali, con l’obiettivo di superare il record di sempre (2.602) datato 1970: all’epoca si giocava al Ballarin e il club disputava il campionato di Serie B.

La scia lunga dell’estate non sembra voler abbandonare il Centro Sud e il termometro va ben oltre i trenta gradi. Le persone normali si dedicherebbero al mare, alla montagna o comunque a un qualche passatempo ozioso. Per i tifosi, invece, la routine è già ricominciata appieno e l’entusiasmo a Sora si tasta con mano. Del resto le partite in centri sportivi e con zero tifosi di fronte sono finite, e già questo basta a restituire entusiasmo almeno ai ragazzi di curva. Mettiamoci poi che, una volta tanto, la sorte li ha aiutati, proponendogli un girone “croccante” con molte tifoserie storiche, alcune delle quali tutt’altro che amiche ai tempi della Serie C. Sono cambiati i tempi, è vero, si sono avvicendate persone e figure storiche sulla balaustra, ma se c’è una cosa che in Italia stenta a morire è il campanile. E questa zona d’Italia, Terra di Lavoro fino a un secolo fa e attigua ad Abruzzo e Molise, non fa eccezione. Individuando nel “vicinato” un vasto motivo di contesa. Mi viene anche un po’ da sorridere nel pensare all’integerrimo servizio d’ordine del Commissariato locale, generalmente a dir poco ferreo anche con quindici familiari dei calciatori del Certosa, del Centro Sportivo Primavera o dell’Atletico Pontinia – per non dire opprimenti e repressivi con le poche tifoserie organizzate che in questi anni hanno presenziato allo Sferracavallo -, che da quest’anno si ritroverà ad avere a che fare (salvo divieti) con gruppi veri e propri e gente abituata storicamente a seguire la propria squadra in trasferta. Diciamo che quanto meno gli va “bene” operare in Italia nel 2023. A buon intenditor, poche parole!

L’Italia del 2023, oltre a essere il Paese dei divieti e delle scuse per non gestire un qualsivoglia evento, è anche un posto che ha totalmente dimenticato la bellezza di vivere un evento sportivo in prima persona. Questo lo dico per tutti i “passatisti” che a destra e a manca si sbracciano sottolineando come “ai loro tempi” gli stadi e le curve sarebbero state totalmente esaurite alla prima giornata in casa. Sì, probabilmente è vero, ma bisogna guardare in faccia la realtà contemporanea e cercare il buono laddove ancora si trova. Posto che tutto il meccanismo repressivo ha allontanato parecchia gente, appare lapalissiana la disaffezione allo sport. Se non trasmesso in tv, o reso a dir poco virtuale e vuoto di significati attraverso pratiche alienanti dalla realtà e dal concetto di identità territoriale come il Fantacalcio o, peggio ancora, gli esports.

Alla fine si conteranno circa duemila biglietti staccati, con una buona affluenza in Curva Nord e circa quattrocento sostenitori marchigiani sistemati nel settore ospiti. La sfida fra le due compagini manca da ben diciotto anni. Era il 1 maggio del 2005, infatti, quando gli adriatici sbancarono il Tomei per 2-1. Da allora, come già detto, tanta acqua è passata sotto i ponti che soverchiano il Liri e il Tronto e quest’oggi respirare un pochino di vecchio clima è un toccasana per tutti. Lo zoccolo duro degli ultras sorani giunge allo stadio inscenando un piccolo corteo, con l’intento di caricare ulteriormente l’ambiente, mentre i supporter sambenedettesi giungono alla spicciolata, entrando sulle gradinate e cominciando a sistemare i loro drappi.

Quando l’orologio segna pochi minuti alle 15, anche la Nord comincia a riempirsi in maniera più corposa. Dopo un finale di stagione scorsa contraddistinto dall’assenza di striscioni, drappi e stendardi, finalmente si rivedono tutte le insegne del tifo bianconero, tra cui spiccano le pezze dei gemellati di Nola e Velletri. Sul materiale dei bianconeri mi sono già espresso più volte in passato, ma siccome repetita iuvant: curato quasi tutto nei minimi dettagli, fatto a mano, diversi drappi con riferimenti storici o goliardici e niente lasciato al caso. Nell’era del materiale stampato, del font Ultras Liberi usato come se non ci fosse un domani e di un pressapochismo che sembra quasi voler cancellare la fantasia impareggiabile con cui il mondo ultras italiano è nato ed è stato conosciuto nel resto del Mondo, questa linea intrapresa dai ragazzi di casa non può che meritare un plauso. Dall’altra parte i sambenedettesi propongono la linea “minimalista” che ormai da qualche anno li accompagna. Pochi striscioni e qualche bandierone, cosa che a essere sincero in loro riesco sempre poco a vedere bene. Non me ne voglia nessuno, ma sono nato e cresciuto con la Nord di San Benedetto da sempre icona del colore e – sebbene siano scelte che non sta a me discutere – il vederli spesse volte un po’ spogli lo trovo contronatura. Ma questa è una mia opinione, che comunque non scalfisce il valore di una tifoseria che anche oggi, nel tifo, si dimostrerà di spessore assoluto.

La gara inizia e la Curva Nord si colora con decine di bandieroni e bandierine, adornate dallo striscione “Sventolano fiere le bandiere bianconere“. Un colpo d’occhio davvero bello, che suffraga quanto scritto in precedenza circa il portamento curvaiolo dei padroni di casa. Nel settore ospiti, invece, si nota l’accensione di qualche torcia, cautamente gettata in terra. Forse anche i rivieraschi hanno letto delle diverse tifoserie “purgate” dal Commissariato locale per la pacifica accensione di artifizi pirotecnici. Evidentemente, secondo i preposti, questo rimane uno dei problemi fondamentali in tema di ordine pubblico legato agli eventi calcistici (sic!). Oltre a ciò i marchigiani partono subito forte, aiutati anche dalla squadre che dopo soli sedici minuti conduce per 3-0. Petti nudi, manate, cori a rispondere e una potenza vocale che in più di un’occasione rimarca la natura passionale e marinara della tifoseria. Ovviamente, nel finale di partita, immancabili sono le frecciatine ai rivali ascolani, che coinvolgono con ancor più convinzione i presenti. Se non amo particolarmente la loro scelta in fatto di materiale, mi affascina sempre l’attitudine tipicamente adriatica – e quindi senza fronzoli, sostanziosa, verace – di questa tifoseria. Lo percepisci alla vista che malgrado anni pessimi e sfortune sportive, il nocciolo duro è rimasto rognoso e tutt’altro che disposto a prestare il fianco alla sorte avversa. Peraltro quest’oggi c’è da segnalare tra le loro fila la presenze dello striscione “Magliana”, storica insegna del tifo romanista che proprio in questi giorni festeggia i quarant’anni di attività. Un’amicizia che esiste ormai da lungo tempo e che, negli ultimi anni, si è andata ancor più cementando.

La partenza spietata di una Sambenedettese, vogliosa subito di chiudere i giochi, non scoraggia il pubblico di casa. I tifosi laziali sanno bene che questa non sarà un’annata facile e che per salvarsi ci vorranno le unghie e i denti. In più l’avversaria di oggi è quasi proibitiva, sebbene vada detto che nel tris rossoblù pesano tantissimo gli errori dell’estremo difensore casalingo. La Nord comunque si rimbocca le maniche dando vita a un’ottima performance di tifo. Oltre al solito, tanto, colore, non mancano ovviamente cori tenuti a lungo, in memoria di chi non c’è più e una sciarpata eseguita nel secondo tempo. Ai bianconeri va dato atto di aver interpretato fedelmente il mantra ormai a dir poco inflazionato “oltre il risultato”. Si percepisce che al di là del voler onorare la prestazione, c’è anche piena volontà di non sfigurare in una categoria che metterà spesso i sorani alla prova.

Nella ripresa i padroni di casa provano a rintuzzare gli avversari, ma solo nel finale arriverà un gol utile alle statistiche. Finisce con le due squadre sotto ai rispettivi settori. Il Sora, che è stato sostenuto ininterrottamente per tutti i 90′ e oltre, viene rincuorato dai propri ultras che chiamano a gran voce i giocatori. In riva al Liri c’è un’intera generazione che, mattone dopo mattone, ha sicuramente costruito qualcosa di importante e ha dato meccanismo e automatismi a una curva ben oleata che – salvo atti di repressione che ormai vanno contemplati sempre e comunque – si appresta a salire un altro step della propria recente esistenza. Un lavoro che ovviamente non può limitarsi solo alla partita ma che si svolge quotidianamente avendo l’aggregazione come punto focale. E che deve costantemente combattere il rischio di venire schiacciato dai ritmi di una provincia italiana che ormai cerca a tutti i costi di raggiungere le movenze cittadine e metropolitane, faticando di frequente nel tenere vivi i legami con le proprie origini. A tal merito mi viene in mente la cura e l’attenzione con cui la tifoseria organizzata locale si prodiga per far svolgere la popolare festa del Faone, ogni estate. A chi superficialmente pensa che tali eventi siano slegati dal contesto calcistico, rispondo che probabilmente rappresentano invece la brace sotto la quale rimane ardente la questione identitaria e il legame fideistico con la propria città e con la propria squadra.

La giornata non può che chiudersi con un grande classico: tutta la Samb sotto al proprio settore a cantare e ballare sulle note di “Blu è il colore del mare, rosso il colore del vino, Gino prepara lo spino, la curva vuole fumare!”. Un coro che davvero non muore mai e identifica il mix di goliardia, militanza e “stato d’alterazione” dei sambenedettesi. Un pomeriggio contraddistinto dal grande tifo e dalle genuinità, cose che non possono che far bene a chi guarda il pallone dagli occhi del suo pubblico e delle sue tradizioni. Al termine di queste esperienze mi chiedo sempre quante altre ce ne saranno, quanto altre volte potrò raccontare con soddisfazione il confronto tra due curve. Con la morsa del cambiamento perorato da istituzioni sportive e non solo che incombe, si rischia sempre di essere agli sgoccioli. E allora vale la pena immergersi, non perder tempo e vivere ciò che si ritiene eccitante e soddisfacente quanto più e quanto prima possibile!

Testo Simone Meloni
Foto Marco Meloni