Neanche il tempo di raggiungere le quattro ore di sonno che la sveglia già suona. Fortuna vuole che mio padre si sia offerto di accompagnarmi alla Stazione Tiburtina, dove alle 6 partirà il mio pullman per Milano. Anche quest’anno, infatti, non mi sono fatto mancare il mio viaggetto invernale da Stefano, a pochi chilometri da Como. Come sempre abbiamo organizzato il fine settimana in base alle partite da seguire, in questo venerdì saremo di scena ad Ambrì, dove la locale squadra di hockey se la vedrà con il Servette.

Le prime luci dell’alba tardano a farsi vedere ed un pungente freddo avvolge la Capitale. Un quarto d’ora prima della partenza siamo alla stazione, saluto mio padre e non senza qualche difficoltà trovo il torpedone con il quale arriverò fino a Siena, e poi da là cambio per il capoluogo lombardo. Alle 12,50 sono a Milano Rogoredo, osservo il tabellone dei treni e scopro che il regionale proveniente da Pavia e diretto a Como è in ritardo. Perfetto, ce la farò a prenderlo. In men che non si dica il treno si materializza sul binario e con altri quaranta minuti di viaggio ecco finalmente la stazione di Grandate-Breccia dove Stefano mi sta già aspettando. Saluti di rito, chiacchiere iniziali generaliste e poi chiaramente ci si tuffa a capofitto a parlare di ultras, con tutte le sfaccettature che ne conseguono.

Stavolta raggiungeremo la Valle Leventina in treno e ciò mi incuriosisce molto, se non altro per il mio culto del viaggio su rotaia. Alle 16 in punto lasciamo casa di Stefano muovendoci alla volta di Ponte Chiasso. In giro non c’è un filo di traffico e dopo aver parcheggiato la macchina, attraversiamo il confine a piedi raggiungendo la banchina dove partirà il treno. Il freddo è effettivo, poco da dire. Tuttavia, ormai preparato dall’improbabile bassa temperatura mista ad umidità di Roma, non mi faccio trovare impreparato e devo dire che non patirò mai più di tanto il gelo. Alle 17 ecco arriva il Ti.Lo. che per metà proseguirà il proprio viaggio sino ad Albate-Camerlata e per metà si staccherà, inoltrandosi nuovamente nei monti del Ticino.

Parlando con Stefano, la cosa che mi sorprende è che l’Ambrì Piotta offra ai propri tifosi la possibilità di viaggiare gratis il giorno della partita, previa esibizione del biglietto o dell’abbonamento. Ovviamente anche noi usufruiamo di tale privilegio, e questo non può che farci piacere, rimandando la mente a qualche anno fa quando nel Belpaese si allestivano senza troppi complimenti treni speciali che andavano da Nord a Sud dello Stivale. Che poi non si pagassero perché gli ultras italiani erano il top e facevano “il cazzo che volevano” questo è un altro discorso.

Manco a dirlo il viaggio passa davvero veloce fino a Bellinzona, dove salgono parecchi tifosi con sciarpe biancoblu ed un paio di poliziotti/steward. L’età media forse non supera i 18 anni, però devo dire che si fanno tranquillamente beffa di quella che dovrebbe essere la “scorta”, schernendo palesemente i poliziotti che sembrano non solo non reagire, ma anche stare al gioco. La maggior parte di questi teenagers è letteralmente armata di casse di birra e liquori, che anche le ragazzine scolano senza troppi complimenti. Pertanto neanche noi ci facciamo troppi problemi a bivaccare con qualche birretta alla mano. Quando l’orologio segna le 19 il treno rallenta, arrestandosi sulla banchina della stazione di Ambrì-Piotta. Uno “scalo” ferroviario probabilmente costruito ad hoc per la presenza della Valascia. Evidentemente in Svizzera ancora si usa la testa per favorire i movimenti dei tifosi e, seppur anche da queste parti una certa fobia anti-ultras cominci a serpeggiare, i medesimi sono ancora considerati umani e quindi meritevoli degli stessi diritti degli altri cittadini della Confederazione.

Dopo una sosta nel pub adiacente alla pista per usufruire del bagno, ci avviamo verso i botteghini dove, dopo aver ritirato i nostri accrediti, entriamo riscaldandoci nella sala stampa. Qua il freddo non è, infatti, un qualcosa di trascurabile ma è parte integrante di ogni movimento del corpo. Quando mancano dieci minuti all’inizio ci sistemiamo a bordo pista, nella zona fotografi. La Valascia va man mano riempiendosi ed alla fine, seppur non registrando il tutto esaurito, si conteranno all’incirca 4.500 spettatori. Nel settore ospiti per ora il vuoto assoluto, solamente tre ragazzi presenti senza striscioni, bandiere o insegne riconducibili al tifo organizzato ginevrino. La Curva Sud si presenta come sempre piena e vogliosa di tornare alla vittoria, dopo due sconfitte consecutive di cui una maturata in maniera abbastanza pesante (7-1) nel derby di Lugano.

A metà del primo tempo ecco entrare gli ultras ospiti, una ventina in totale. La nota di colore, se così possiamo definirla, è che oltre a sventolare un paio di bandiere e fatta eccezione per un paio di cori, non tiferanno praticamente mai. Seguendo la gara in piedi ma in religioso silenzio. Ora, che la sfiga mi perseguiti in questo genere di cose non avevo dubbi, comunque in questi casi mi pongo sempre un interrogativo: macinare 700 km tra andata e ritorno e non tifare, come è possibile? Senza voler dare lezioni di niente a nessuno, ci mancherebbe. Però risulta alquanto bizzarra come cosa, soprattutto considerando che di questi Irreductibles avevo sempre sentito parlar bene, cosa confermata anche da Stefano che li aveva visti lo scorso anno in quel di Lugano. Sarò stato sfortunato io.

Sul fronte casalingo, dopo un primo tempo a corrente alternata, gli ultimi due periodi sono nettamente migliori. La Gioventù, infatti, spinge sull’acceleratore e l’Ambrì in breve sequenza trova sia il vantaggio che il raddoppio, provocando l’esultanza della curva. Se con gli ospiti mi è andata chiaramente male, almeno posso rifarmi con i tifosi leventinesi: dopo aver assistito a due sconfitte della loro squadra (rispettivamente contro Zug e Lugano) posso finalmente gustarmi una vittoria dei biancoblu, seppur sofferta e striminzita. Difatti nell’ultimo tempo il Servette dimezza le distanza e costringe l’Ambrì a stringere i denti fino alla fine. La curva di casa capisce il momento e non fa mancare il proprio apporto. Magari la loro prova, come mi ha detto Stefano, non sarà stata brillante e sopra le righe come in occasione di incontri di cartello, ma è tuttavia di assoluto valore. La voce c’è, i colori ci sono e la continuità pure. Infine posso finalmente gustarmi la sciarpata eseguita sulle note de La Montanara. Posso dire che era uno dei motivi principali per i quali avevo scelto di venire a vedere l’Ambrì. E non sono rimasto deluso. C’è anche tempo per entrare sul ghiaccio della pista laddove per evitare figure barbine mi muovo come un bradipo potrebbe muoversi al Circolo Polare Artico.

Dopo aver realizzato gli ultimi scatti è giunto il momento di riporre obiettivi e macchinetta e raggiungere nuovamente la stazione. Uscire dalla pista è a dir poco traumatico, con ventate gelide che si infrangono contro le nostre facce. L’entrata in stazione è controllata dagli steward che tastano una ad una le borse dei tifosi, onde evitare l’introduzione di alcolici sul treno. Che poi onestamente questa non l’ho proprio capita, all’andata tutti salivano con ogni ben di dio sotto gli occhi della polizia, al ritorno non fanno passare neanche una bottiglietta di Caffè Borghetti. Stranezze del mondo elvetico.

Ci accomodiamo sul nostro treno che dopo venti minuti parte, destinazione Bellinzona. Un’oretta di viaggio nella quale commentiamo la giornata e ci gustiamo nuovamente l’atmosfera del treno. Una volta giunti nella città dei Bellinzona Boys proviamo a prendere il più veloce Intercity chiedendo al controllore se con il nostro biglietto della partita può fare uno strappo alla regola, lui prima fa finta di non capire e poi, con modi tutt’altro che simpatici, ci invita a prendere il regionale fermo là di fianco. Così facciamo. Un’altra ora di viaggio ci separa da Chiasso, non ci facciamo mancare nulla ritirando fuori vecchi aneddoti chiusi nei cassetti dei ricordi.

La mia prima giornata “nordica” sta per concludersi e così, dopo aver preso nuovamente la macchina fino a casa, mi godo il meritato riposo, almeno per qualche ora. Queste sono le giornate che almeno per un po’ mi riconciliano col mondo, a prescindere dalle tifoserie e da tutto il resto. Forse perché mi riportano indietro a quel clima di qualche anno fa, quando la domenica mi alzavo di buona leva, sempre pronto a partire con gli altri per le trasferte o per le partitelle da fotografare in giro per lo Stivale. In fondo la cosa più bella che mi ha insegnato il movimento ultras è l’essere dei veri e propri zingari, sempre pronti a stare in giro senza alcun problema di sorta. Quindi per me, abituato spesso a viaggiare da solo, dormire in aeroporti e stazioni o attendere i più improbabili mezzi di trasporto, poter tornare a condividere anche una sola partita con chi la pensa alla stessa maniera e guarda almeno questa parte di mondo con i tuoi stessi occhi è sempre un qualcosa di piacevole e stimolante. E prima di addormentarsi allora non puoi far altro che pensare al treno, alle birre, agli amici ed al tifo. Scene viste poche ore prima ma vissute per anni. Quando pensavamo che tutto girasse attorno al nostro piccolo mondo antico.

Testo di Simone Meloni.
Foto di Stefano Severi.