Novembre non è assolutamente un buon mese per la salute. Può capitare che il giorno della partita si abbia contemporaneamente raffreddore, nausea e ossa a pezzi ma, per qualche motivo legato alla mia mente bacata, decido che è comunque il caso di andare a vedere questo Lugano-Losanna di serie A svizzera di hockey su ghiaccio. Ovviamente ai bordi di una pista ghiacciata. Il top. Potrei anche rinunciare e pazienza, ma dopo Ambrì-Losanna col settore ospiti vuoto (di cui ho già raccontato), la sicurezza di vedere i Vodesi sicuramente sugli spalti mi ha fatto da Aulin. Così ho preso la macchina e sono partito per la vicinissima Lugano. Com’è bella, sotto questo punto di vista, la vita di frontiera.

Arrivo alla Resega circa un’ora prima della partita. Passo in sala stampa dove prendo la mia pettorina e, senza molti convenevoli, decido subito di andare a bordo pista, dove le squadre si stanno già riscaldando. Più volte ho elogiato la maestosità e la grandiosa vetustà della Valascia di Ambrì però, devo pur ammettere che anche la pista di Lugano, moderna e molto più confortevole, è ben lontana dal cliché dell’impianto ultramoderno fatto di luccichii e lustrini: si tratta di un posto a misura d’uomo, con un’ottima visuale sul campo, con due curve non grandissime ma comunque spaziose, e dove è facile muoversi senza mai perdersi, sin dalla prima volta che ci si va.

L’affluenza non sembra assolutamente delle più abbondanti, la pista a 45 minuti dal via si presenta ancora semi-vuota, e solo la Curva Nord, come sempre, fa capire che va verso il pieno. La situazione in classifica dei bianconeri non è delle più buone ma, da qualche settimana a questa parte, con alcuni tagli di giocatori eccellenti ma necessari, il Lugano ha notevolmente risalito la china, vincendo soprattutto in trasferta, persino nella tana della capolista Davos (fatto che però ha concesso agli odiati cugini dell’Ambrì il primato solitario in classifica). Parlando di giocatori c’è chi, invece, resta ed è una colonna: è il caso di capitan Hirschi, che proprio oggi raggiunge quota 400 presenze con la maglia del Lugano. Ora i bianconeri sono di nuovo a ridosso dei play-off, l’ambiente è tornato ad essere più ottimista, la squadra inizia a convincere. Deve però iniziare a vincere anche in casa, e questo è il grande cruccio dei tifosi. Di contro un Losanna neopromosso che, pur non esaltando, si mantiene costantemente in zona play-off, anche se ai biancorossi, dopo un buon inizio di stagione, manca continuità nei risultati.

I minuti scorrono. In curva del Lugano posso ammirare uno stendardo che dice “Inioranti presenti” che, non so perché, non verrà alzato durante la partita. La Nord si può già definire piena quando cominciano ad entrare gli ultras del Losanna, armati di tamburo, bandiere e megafono, fra l’indifferenza del pubblico. I francofoni si posizionano dietro la pezza del gruppo principale, la “Section Ouest”, più quella per gli “Interdits” (diffidati) e uno stendardo “Ultras”, più un altro molto fantasioso dove, tra l’altro, spicca un pallone da calcio.

La solita presentazione all’americana oscura le luci, e gli ospiti accolgono l’ingresso in campo con una sciarpata che, a dirla tutta, non si nota molto nel buio dell’impianto. Dalla parte opposta, invece, si onora Fabio, un ultras bianconero scomparso troppo presto: la sua curva lo ricorda con uno stendardo che ne riproduce la foto, un grande striscione sulla vetrata col suo nome, più vari striscioni di carta (“Con noi”, “Presente”, “Ovunque”, “Vive”, “Canta con noi”, “Nel cuore”). Un coro, un applauso spontaneo da parte di tutti i presenti, le luci si accendono e la partita comincia.

Un’osservazione sui Losannesi la posso fare da subito: non sono molti, circa una cinquantina di ultras più un’altra ventina di persone normali, ma danno l’idea di essere molto ben organizzati, compatti, colorati e con una gran voglia di sostenere la propria squadra. Tutti gli effettivi sono ben raggruppati, fanno degli ottimi battimani, l’unico “problema” è un po’ quello di sentirli. Già, perché qua non siamo nel calcio con le mille pause che spesso si vedono tra un coro e l’altro. Questo è l’hockey e le tifoserie sostengono la loro squadra quasi sempre dal primo all’ultimo minuto. Se calcolate una sfida di 50 contro una curva piena, col sottoscritto molto vicino proprio alla curva di casa, capirete perché per me sia un’impresa abnorme sentire i cori della Section, anche se si capisce che pure loro tifano e lo sanno fare bene. Si sono fatti una loro fama e ne sono all’altezza, calcolando che i due centri non sono proprio vicini (sempre “elveticamente parlando”).

Se c’è qualcosa su cui discutere poco è la partita. Come dice un coro caro ai bianconeri, c’è “Grande Lugano”, e la supremazia dei padroni di casa è netta e chiara sin dal primo secondo di gioco. Il Losanna appare imbambolato, quasi fermo e sorpreso della velocità dei Luganesi. In poco più di tre minuti prima Dal Pian e poi Reuille portano la squadra ticinese sul 2-0, con la Curva Nord che canta unita, compatta e all’unisono. Ad entusiasmare il popolo non è tanto il punteggio in sé, quanto l’idea di una netta superiorità nei confronti dell’avversario. Di sicuro non la possono prendere bene i tifosi del Losanna, ma non lo danno assolutamente a vedere, visto che sostengono sempre i propri giocatori. Solo nel finale di tempo si vede il Losanna un paio di volte di fronte alla porta di Manzato, ma è troppo poco.

Il secondo tempo risulterà forse il peggiore sotto il punto di vista del gioco, con un arrendevole Losanna che produce poco, mentre il Lugano dà l’idea di poter mettere a segno il colpo del KO. Le due curve sono belle da guardarsi, soprattutto quella di casa coi suoi continui battimani e i cori a rispondere che fanno da preludio ad un seguito più melodico. Il pubblico delle tribune partecipa spesso al sostegno ed è un ottimo segnale. A poco più di quattro minuti dal termine del periodo centrale le reti bianconere salgono a tre con Mikflikier. Tra l’esaltazione generale e lo sconforto degli ospiti (che si fanno notare, tra l’altro, per l’abbozzo di una seconda ma non fitta sciarpata) le squadre tornano negli spogliatoi per l’ultima pausa.

Nella parte iniziale del terzo e ultimo periodo c’è un margine di illusione per gli ospiti, grazie al 3-1 firmato da Genoway con un bel tiro, imprendibile per l’estremo bianconero. Esultano i tifosi biancorossi ma senza esagerare, non danno l’idea di crederci molto. La curva del Lugano non fa neanche mezza piega e continua a cantare come nulla fosse. E fa bene, visto che al minuto 48 Kostner, a porta spalancata, firma il definitivo 4-1. La festa bianconera ha già inizio: tutti cantano in Nord, c’è chi alza le sciarpe, le bandiere sventolano con continuità, sia nella parte centrale che nel settore della Fossa. Non poteva mancare, nel finale, la classica scazzottata tra giocatori, in una partita che, rispetto agli standard, è stata veramente tranquilla e caratterizzata persino da una certa correttezza.

La sirena fischia e la festa bianconera è ora completa: il Lugano sbarca in zona play-off, il Losanna perde colpi. Vedendo l’entusiasmo e l’atteggiamento di qualche fotografo più scafato di me, oso e, con le mie scarpe inidonee al 100%, provo a camminare sul ghiaccio, vincendo la ritrosia e la paura di far figure pietose di fronte a 5.000 spettatori. In realtà va benino, il ghiaccio è raschiato dai tanti giri dei giocatori coi pattini e non è liscio, rischio una caduta soltanto ma nessuno se ne accorge. Faccio degli scatti molto belli alla curva bianconera e ai giocatori che vanno sotto a esultare coi tifosi più fedeli e caldi. Mi giro e vedo che gli ultras del Losanna osano l’inosabile per questo sport, ovvero accendono due torce, nonostante la sconfitta. Spero che la cosa passi abbastanza inosservata, viste le ultime disavventure in tema anche per i tifosi di questa disciplina, anche se non posso negare di essere felice nel vedere il colore e il tipico fumo di questi “temibilissimi” artifizi pirotecnici. La serata è ora completa, posso abbandonare il mio ghiaccio e tornare ai miei malanni, messi da parte per quasi tre ore.

Stefano Severi.