Vallo a capire, il clima torinese: quando arrivo di buon mattino, alla stazione di Porta Nuova c’è un sole che spacca le pietre, in pieno stile primaverile. Poi, mano a mano che ci si avvicina alla partita, ecco il cielo peggiorare progressivamente, fino al disastro ad un’ora o poco più dal fischio d’inizio: pioggia e freddo, più un gelo complessivo che fa assomigliare questo inizio di maggio ad un novembre sotto mentite spoglie.

Del resto il mio amico “torinese” (cioè un bulgnais trasferitosi ad Augusta Taurinorum per lavoro) mi aveva lasciato ben poche illusioni: piove da una settimana di fila, il clima qui è tremendo. E anche nel giorno della partita, dopo un’iniziale illusione, il registro non cambia. Pazienza. Almeno l’Olimpico è al coperto, piccola soddisfazione: perché il vento, comunque, non lascia scampo. Dicevamo però del pre-partita: agnolotti e grissini, per calarsi nella parte. E sì, anche un bicerìn che lascia sconvolti per il prezzo (cinque euro per un bicchierino di latte, cioccolato e caffè? Ma dai…). 

Poi, un dovuto omaggio al Grande Torino: sotto la Mole Granata sono i giorni di un rito laico che sconfina nel sacro, uno di quelli che rende il calcio ben più di un semplice sport. Il ricordo di quella squadra mitica, e passata per direttissima alla leggenda, dopo quell’incidente aereo che cambiò per sempre la storia. Allo stadio Filadelfia, giusto pochi chilometri dall’Olimpico, c’è una commemorazione che dà il via alla due giorni del ricordo, che avrà l’apice nella funzione di Superga. Impossibile, rimanerne estranei a livello emotivo.

All’Olimpico, chiaramente, tutto è organizzato per il Ricordo: maglia speciale per i granata in campo, e pubblico delle grandi occasioni. La squadra di Juric va a sprazzi, come da norma in era Cairo, ma nonostante tempo e risultati avversi, sugli spalti non si può proprio mancare; a completare il quadro poi, ci sono i duemila bolognesi che riempiono il settore ospiti, esaurito nel giro di poche ore: l’ennesimo risultato di un anno straordinario, sul campo e sugli spalti, dove la tifoseria felsinea sta facendo registrare numeri impensabili fino ad un anno fa. Poi certo: il sogno Champions aiuta, specie per una squadra abituata al massimo al nono posto. Ma insomma, bisogna essere onesti: di venerdì sera, a Torino, il settore ospiti così è un bel vedere. 

Capitolo Toro: la contestazione va avanti ad oltranza, Maratona e Primavera si presentano prive di pezze, ma non di cori. Un peccato vedere uno stadio e una tifoseria così storiche, ed importanti, prive di colore e segni distintivi; ma insomma, ci sono certe battaglie che vengono prima di tutto. Coerenza e mentalità, diceva qualcuno. Il sostegno comunque non manca, e pure la contestazione: quella al presidente Cairo, bersagliato dall’inizio alla fine. E qui ci si chiede: ma perché l’editore più potente d’Italia (La7, Corriere della Sera, Gazzetta dello Sport) s’accontenta di questo grigiore? Non si capirà mai. In mezzo lo spettacolare show dell’intervallo, quando tutto lo stadio si unisce nel ricordo del Grande Torino, alzando i cellulari al cielo e cantando una storica canzone (“Quel giorno di pioggia”, che casca proprio a pennello). Forse l’unico raggio sole, in una serata buia. 

Sulla partita, che dire? Tanta attesa per nulla. Le due squadre confermano la pareggite, non riuscendo a segnare all’avversario. 0-0, che certo fa più comodo al Bologna, deciso a mettere un ulteriore tassello verso la meta. Per il Toro invece, l’aggancio alla zona Conference resta utopia. Alla fine, il manifesto dei due umori contrapposti: il Bologna va sotto il settore ospiti a cantare coi tifosi, perché il sogno Champions s’avvicina sempre di più. Dall’altra parte fischi, ed una generale freddezza. Quanto tempo ci vorrà, per rivedere un Grande Torino? Tutta una tifoseria continua a chiederselo. Rifugiandosi nel passato, per non pensare al futuro. 

Testo e Foto di Stefano Brunetti