“Classico di lusso”. Così il più popolare quotidiano locale trentino definisce la sfida odierna tra Trento e Padova. E da qui inizia un vortice di pensieri e di ricordi: quelli degli anni Ottanta, quelli del Trento in C1, quelli che muovono gli sparuti animi legati alle aquile postare ciclicamente sui social le figurine delle vecchie formazioni di quelle annate, o dei pochi grandi passati di qui, ovvero Signori, Toldo, Taibi… Certo, dietro a questo titolo c’è una giusta recriminazione: perché noi no? Perché si è vissuto un buco calcistico di 20 anni, con una terza serie riagguantata solo due anni fa? Evitando di cercare risposte, anche perché evidentemente estremamente complesse, mi avvio verso lo stadio, parcheggiando l’auto e trovandomi davanti a gesti a cui ancora sono poco abituato, come quello di un signore che, una volta posteggiato, prende la sciarpa dal sedile posteriore e si incammina verso il Briamasco. Questa semplicità è un qualcosa che, ribadisco, a Trento non si vedeva da anni e anni.

Faccio un giro in centro, per vedere le facce in giro, per sentire magari qualche accento forestiero, ma Piazza Duomo e buona parte della zona posteriore al Museo Diocesano sono chiuse per permettere lo svolgersi di una gara podistica; penso che sia difficile far rinascere una passione popolare del tifo quando in contemporanea ad uno dei match clou dell’anno l’attenzione della piccola città alpina è concentrata su altro. Riprendo quindi il mio cammino verso lo stadio. Lo stadio, altro capitolo scottante… Si parla di spostarlo fuori città, forse per poi autoassolversi se è vuoto, forse per dare lavoro all’edilizia, forse perché dividere il mondo in buoni e cattivi è semplice, e i buoni, qui da noi, pare vadano al palazzetto, a vedere la A di Volley e Basket. Di sicuro c’è che mancano i campi di allenamento per gli aquilotti, ma da qualche mese sul tema si è glissato.

In zona stadio si nota un ampio spiegamento di forze dell’ordine, sintomatico di come sia in arrivo una tifoseria di alta caratura. Luci blu ovunque, automobilisti perplessi, code al botteghino: manca poco all’inizio e mi sistemo in Tribuna Nord. Se qualcuno ha parlato di un classico, vuol dire che l’invitato è importante, e la cosa si conferma innegabilmente. Il tifo dei circa 500 biancoscudati soddisfa le mie aspettative: cori lunghi tenuti vivi anche per vari minuti e due bandieroni sempre alti, si nota una innegabile abitudine al tifo e al saper tifare, ovvero al saper creare qualcosa in uno spazio che sia la curva o il settore ospiti. Il messaggio che passa è semplice: divertiamoci e dimostriamo al Padova calcio il nostro affetto.

Oggi nessuna coreografia, solo la voce e qualche bandierone ad abbellire il settore dei tifosi aquilotti. Con cori meno strutturati ma indubbiamente con impegno e voglia forse anche di dimostrarsi all’altezza del match. Va reso loro onore, davanti ad uno stadio ben lontano dal tutto esaurito. Perché comunque in questi 20 anni di vuoto calcistico a Trento ci sono sempre stati, anche se talvolta pochi, gli ultras. Con talvolta anche loro poca voglia di mettersi in mostra e spesso con quello spirito molto trentino del farse i cazi soi. Ma davanti ad un Briamasco in cui gli spettatori dichiarati dalla società sono ben lontani dai presenti effettivi, il loro settore dimostra vita, anche se, come risaputo, i due gruppi organizzati sono in una situazione di scontro. Ad inizio secondo tempo, a dimostrazione di ciò, la sola parte della Nuova Guardia effettua una coreografia, con bandierine gialloblu e telone con logo del gruppo.

La prestazione dell’undici veneto in campo, avanti per due a zero già dopo 20 minuti, aiuta e premia i biancoscudati sugli spalti, che nel secondo tempo e sul finale di partita offrono due sciarpate che coinvolgono tutto il settore. La partita si chiude con i trentini che alzano cori apertamente ostili verso gli ospiti, che rispondo chiedendo loro di offrire da bere. Se la rivalità è così decantata dai giornali, qualcosa di vero ci sarà…

AZ