Il solo fatto di aver raggiunto Chiavari in treno, nel giorno dello sciopero generale, dovrebbe valermi una medaglia. O, almeno, un bel pezzo di focaccia ligure appena sfornata. Il fatto di aver dovuto cambiare cinque treni, provenendo da Mirandola, avvalora ancor più l’impresa e il mio auto compiacimento. E qui chiudo la finestra sul narcisismo.

Il sole bacia il paesaggio che circonda la valle dello Scrivia mentre i chilometri si consumano sui binari. Dopo due giorni di maltempo e piogge torrenziali, che hanno messo a dura prova parte del Nord Ovest, la calma sembra esser tornata e i raggi asciugano lentamente le pozze visibili qua e là. Giungo in riva al Mar Ligure con la temperatura che è nettamente scesa dalla strana media primaverile che aveva imperato su tutto il Belpaese fino al giorno precedente. Chiavari è una cittadina viva, che si affaccia a picco sulla costa, facendo da perfetta interprete a un paesaggio tanto frastagliato e mozzafiato quanto aspro e spesso spietato con i propri abitanti.

Entella-Spezia è un derby. Non di prim’ordine nella geografia calcistica ligure, ma pur sempre una sfida in grado di richiamare parecchia gente allo stadio. Anche in virtù dell’ottimo campionato disputato finora dai padroni di casa e dalla voglia d’alta classifica dei bianconeri. L’Entella, che prende il nome dall’omonimo torrente posto proprio a pochi metri dallo stadio, nel suo piccolo è una società storica. Ha origini lontane, con la fondazione che risale al 1914, sebbene il club abbia fatto sempre la spola tra categorie dilettantistiche e Serie C.

Come sempre l’aria di provincia mi dà la possibilità di ammirare alcuni aspetti ormai perduti e lontani dai grandi palcoscenici pallonari. Su tutti lo stadio Comunale, incastonato tra i palazzi e caratterizzato da due tribune infinitamente retrò, dotate di finestrelle interne e copertura tipica degli impianti costruiti a inizio secolo. Da fuori sembra addirittura il campo di una qualsiasi squadra di quartiere, conferendo all’ambiente un aspetto genuino e accogliente. A farmi cadere dalle nuvole ci pensa l’ingente schieramento di forze dell’ordine, che già due ore e mezza prima del fischio d’inizio cinge il perimetro delle gradinate, coadiuvato da numerosi steward che, se non avessi una minima conoscenza del tifo, mi farebbero pensare che da lì a poco si disputi la versione italiana del derby di Belgrado.

Ovviamente così non è. E, a parte qualche scaramuccia prettamente legata all’andamento del match, tra le due tifoserie regnerà una sostanziale indifferenza. Per l’occasione la Curva Ferrovia ha deciso di raggiungere Chiavari in treno, sfruttando gli orari favorevoli, la vicinanza (circa 40km) e la revoca (causa allerta meteo) dello sciopero in Liguria e Piemonte. Per questo motivo dopo aver ritirato l’accredito mi riporto nuovamente in stazione, in attesa dell’arrivo del contingente ospite. All’uscita della stessa sono già piazzate diverse camionette e alcuni autobus di linea che trasporteranno i supporter. Intorno alle 19 arrivano gli ultras spezzini, raggiungendo con un mini corteo il piazzale antistante. Tra i cori più gettonati ci sono quelli contro i genoani.

A questo punto posso nuovamente incamminarmi verso lo stadio, decidendo questa volta di tagliare per il centro storico. Sotto i portici del corso principale si notano diverse sciarpe biancocelesti, indossate da ragazzi e signori intenti, come me, a raggiungere le gradinate.

Faccio il mio ingresso in tribuna stampa, quando mancano pochi minuti al fischio d’inizio. La Gradinata Sud, occupata dagli ultras chiavaresi, è intenta a preparare la coreografia, mentre gli spezzini stanno terminando di sistemare le proprie pezze sulla recinzione. Le squadre, ultimata la fase di riscaldamento, abbandonano il terreno di gioco e tutto è pronto per l’inizio della contesa. Purtroppo l’usanza ormai solita in tutti gli stadi italiani di sparare musichette para-americane prima della partita, fa perdere d’intensità i primi cori delle curve, riducendo il tutto a un  mero show business quale il pallone è ormai diventato. Non erano meglio i tempi in cui gli unici sussulti dello speaker erano alla lettura delle formazioni e ai gol? Davvero non si capisce perché ora si senta la necessità di ammorbare il pubblico con Emma, Nek, Alessandra Amoroso, Giusy Ferreri e altra immondizia simile. Gli unici depositari della musica all’interno di uno stadio dovrebbero essere i tifosi con i loro cori e, perché no, i loro improperi.

Alle 20,30 in punto ecco palesarsi la coreografia della Sud, composta da bandierine e dalla rappresentazione di due stemmi sociali (quello vecchio e quello nuovo) con una frase che sottolinea la continuità affettiva legata alla storia dell’Entella. Semplice ma d’impatto, oltre che ben riuscita. A questa si uniscono numerosi bomboni esplosi nel settore. Fortunatamente qua non siamo in un ambiente di educande e quasi nessuno ci fa caso, facendoli rientrare appieno nello spettacolo folkloristico della giornata. Dall’altra parte gli spezzini si limitano a uno striscione di incoraggiamento, puntando sulla voce, con un paio di cori a rispondere che riecheggiano in maniera potente e distinta.

Il match ha inizio. Le tifoserie cominciano a rumoreggiare. I padroni di casa possono sfruttare la presenza di un tamburo e del megafono per coordinare i cori e il loro sostegno. Nel giudicare i chiavaresi non si può non tener conto di alcuni aspetti: i ragazzi che si sbattono a livello attivo non sono certo tantissimi eppure va loro riconosciuto di essere ovunque e provare sempre a sostenere la propria squadra. In una giornata come questa, con tanti tifosi cosiddetti “occasionali” il megafonista si deve dannare ancor più l’anima, ma alla fine il risultato è discreto. Per tutti i 90′ la Sud offrirà una buona prestazione. Certo, a trainare le fila è sempre il gruppo centrale, ma spesso (come nelle fasi che succedono il gol del pareggio casalingo) l’intero settore si anima.

Sul fronte opposto gli spezzini offrono una buona performance, anche forti del buon numero portato in trasferta (su 1.700 posti disponibili a occhio direi che siano stati staccati 1.300/1.400 biglietti). Gli ultras bianconeri si dispongono sulla balaustra in maniera da coinvolgere tutti e soprattutto all’inizio fanno di cori a rispondere e manate un vero e proprio cavallo di battaglia. Il gol di Valentini galvanizza l’ambiente e subito dopo arriva una bella sciarpata che coinvolge tutti i presenti. Mi sento di dire che il tifo organizzato spezzino riesca a esprimere meglio le proprie potenzialità in trasferta. Sicuramente l’assenza di tamburi e megafoni in una curva gigantesca come quella del Picco è a dir poco penalizzanti, mentre in trasferta i bianconeri possono concentrarsi in spazi decisamente più ristretti e in grado di compattare.

In campo finisce 1-1, con Troiano che annulla l’iniziale vantaggio spezzino. Un risultato tutto sommato giusto che permette all’Entella di preservare l’imbattibilità interna. La brezza marina sta cominciando a scendere prepotentemente sulla città. Raccolgo tutte le mie cianfrusaglie e lentamente mi avvio verso le uscite. C’è soddisfazione tra i tifosi biancocelesti che tornando verso le case parlano della partita. Mentre dalla Sud vedo uscire un gruppo di ragazzi facilmente individuabili come il cuore del tifo organizzato. Hanno in mano bandiere, striscioni e tutto ciò che dovrebbe essere consentito in ogni stadio per offrire uno spettacolo degno di questi luoghi pieni di storia, tradizione e vita vissuta.

Non è un derby da bollino rosso o la sfida regionale più accesa. Ma è un match che vale comunque la pena vivere. Anche solo per conoscere nuove realtà e storie inedite.

Simone Meloni.