Qualcuno già sogghignerà al pensiero del mio racconto circa il viaggio sulla Strada Regionale 148, c.d. Pontina. Sì, in effetti è difficile per me cominciare un racconto senza narrare minimamente il viaggio. Penso più che altro si tratti di un retaggio risalente ai tempi delle trasferte, in cui la parte più bella erano forse quelle ore passate insieme sui mezzi su e giù per l’Italia. Ed allora, per non farci mancare nulla, anche oggi vi ammorbo con la partenza.

Stavolta per prendere la macchina devo raggiungere il versante sud-est di Roma, precisamente l’EUR. Un quartiere che certamente non brilla per la sua bellezza e la sua pulizia, ma che per un motivo o per l’altro ritrovo sempre sulla mia strada. Una delle tante bizze del meteo corrente, vuole che dopo alcuni giorni di solleone appesantito dalla tipica afa cittadina, arrivino fastidiosi fenomeni temporaleschi, ovviamente proprio nel momento in cui decido di muovermi dalla città.

Dopo aver prelevato la macchina da mio padre posso incamminarmi verso il capoluogo pontino. Eccolo, il momento che in molti aspettano senza ammetterlo. La Pontina, per l’ennesima volta negli ultimi due mesi, fa da accompagnatrice al mio viaggio. Una lingua d’asfalto che corre per l’intero Agro, favorendone gli spostamenti se sgombra, e complicando fastidiosamente la vita a migliaia di automobilisti in caso di ingorghi o incidenti. Devo dire che di traffico non ce n’è poi molto, ma le secchiate d’acqua che di tanto in tanto colpiscono il mio parabrezza non sono certo un buon viatico per la mia serata al Francioni.

Peraltro, dopo i primi chilometri abbastanza soleggiati, le nubi si ammassano sempre più, facendosi da grigie a nere, per trasformarsi in un vero e proprio zampillio di goccioloni al mio ingresso in quel di Latina. Inoltre stasera ci si mette anche la viabilità. Quando arrivo nei pressi dello stadio, infatti, mi ritrovo nel bel mezzo di una coda massiccia e rumorosa, che dapprima riesco a bypassare infilandomi in una viuzza, ma questa si rivelerà tuttavia una valutazione erra. La strada senza uscita, adiacente all’ingresso accrediti, dove generalmente lascio bellamente la mia macchina, stavolta è già full, e riuscire a fare inversione per uscirne non è solo un’impresa stressante per me, ma anche per gli abitanti di suddetta strada che sciorinano, giustamente, tutto il loro repertorio volgare nei confronti di quelli che a tutti gli effetti sono diventati indebiti invasori settimanali.

Quando finalmente riprendo la via principale sono un po’ interdetto sul dove parcheggiare, ma mentre di fuori l’acqua si fa sempre più intensa, adocchio un altro bel praticello che già è stato adibito a posteggio. Qua di spazio ce n’è a iosa, ed anche per me non c’è alcun problema di sorta. Prendo l’ombrello e la macchinetta, mettendo finalmente piedi in terra, dirigendomi verso lo stadio.

Agli accrediti la fila è corposa, ma già intuisco che le resse di Latina-Bari sono lontane e non ripetibili, sebbene nel capoluogo pontino si sia fatta nottata per accaparrarsi il tagliando di questo avvenimento storico per la città.

Una volta preso il pass, entro volgendo il mio primo sguardo sulla destra, vale a dire verso il settore ospiti. Chiaro che in una partita come questa la tessera, e le scelte dei cesenati a riguardo, influisca in maniera importante. A parte qualcuno che singolarmente ha deciso di sottoscriverla ed il gruppetto che al Manuzzi si posiziona in distinti, la componente ultras infatti non è di molto rilievo tra le fila romagnole. Noto inizialmente un bandierone delle WSB appeso in balaustra, ma poco dopo l’inizio lo stesso scompare. Ipotizzo possa essere stato portato da qualche singolo e poi fatto togliere per rispetto del gruppo che, come ampiamente annunciato in settimana, non avendo aderito a tdt o away, ha accompagnato la squadra fino ad Orte dove l’aspetterà per un’eventuale festa promozione. Ma ripeto, la mia è soltanto un’ipotesi, quindi se qualcuno ne sa di più è libero di rettificare.

La presenza ospite si attesta forse attorno alle mille unità, ed è una tristezza notare come una parte del settore sia vuota, soprattutto pensando alle potenzialità in possesso di una tifoseria come quella cesenate al completo. Almeno quando tornarono in Serie A qualche anno fa, a Piacenza se non erro, vigeva ancora il criterio di concessione della trasferta da parte dell’Osservatorio, ed ai bianconeri fu consentito di spostarsi in toto dando vita ad una bella giornata.

Di contro il pubblico di casa affolla ampiamente le gradinate ed è alquanto palese che la Curva Nord si colorerà con una coreografia: il cuore pulsante del tifo nerazzurro, infatti, appare diviso in varie sezioni con il nastro dei lavori in corso, tipico segnale di quando bolle in pentola qualcosa dal punto di vista del tifo. I motori si scaldano sul tormentone del momento, quel Totalmente dipendente che sembra coinvolgere anche gli spettatori della tribuna scoperta.

Nel frattempo in campo fa il proprio ingresso la banda della Marina Militare, per inscenare una sorta di manifestazione in ricordo della situazione di prigionia dei Marò in India. Iniziativa voluta dalla Lega di Serie B. Ognuno può pensarla come vuole, ci mancherebbe. Ma su questo argomento mi riesce difficile essere solidale ed approvare tali esternazioni. Innanzi tutto perché ho sempre l’impressione si tratti di quel nazionalismo indotto e non spontaneo, che a volte fa leva sul pietismo e sul luogo comune, e poi perché anche andando ad analizzare i fatti, beh, potremmo dire che se si è punito chi invocava attraverso una t-shirt la libertà di Speziale, che è già in carcere e probabilmente ci rimarrà per molti anni, nonostante sulla sua reale colpevolezza gravi più di qualche ombra, allora non si può chiedere la liberazione di chi dei morti ce l’ha davvero sulla coscienza, a prescindere dalle dinamiche dolose o colpose.

Tornando a ciò che più ci compete, vale a dire la mera cronaca ultras, all’ingresso in campo delle due squadre, le due tifoserie mettono in mostra le rispettive coreografie. Su sponda latinense tutto lo stadio si colora con cartoncini arancioni, neri e blu con l’aggiunta di parecchie torce accese in Nord, dove viene anche esposto lo striscione “Solo coloro che tentano l’assurdo raggiungeranno l’impossibile”. Molto ben riuscita e d’impatto. I cesenati, di contro, sventolano tante bandierine con i colori sociali cantando il loro celebre inno “Dal mare alla montagna, c’è tutta la Romagna…”.

In campo la squadra di Breda parte subito forte e dopo soli 12’ Bruno colpisce con un gran gol in mezza rovesciata ed il boato dei tifosi pontini è a dir poco assordante. Persino a pochi metri da me, in tribuna, si fatica a respirare per quanto gli spettatori siano attaccati tra loro, molti dei quali in piedi proprio come in curva.

La tensione è nell’aria ed è forse per questo che la Nord si concede qualche pausa tra un coro e un altro. Su sponda romagnola, tutto sommato il tifo è abbastanza costante, anche se, come detto, manchevole di una vera e propria compattezza tipica dell’organizzazione degli ultras. Molto buoni un paio di cori a rispondere e qualche manata. Si va negli spogliatoi sull’1-0, tra gli applausi del Francioni.

L’ottimo Latina visto nella prima frazione di gioco, che per il momento ha ribaltato il risultato sfavorevole della gara d’andata, ha dato la carica ai propri tifosi che già pregustano un traguardo davvero storico, sia a livello cittadino che regionale. Eppure, quando il gioco riprende, s’intuisce che i nerazzurri hanno perso qualcosa in lucidità mentre il Cesena appare più motivato e reattivo.

Così dopo soli 120’’ arriva il pareggio di Defrel, bravo ad approfittare di una clamorosa dormita della difesa avversaria. È il pari che manda in visibilio i tifosi ospiti, tirando un colpo basso alla formazione di casa che, nei minuti successivi, rischia in più di un’occasione di capitolare per la seconda volta.

Le due tifoserie continuano a tifare con discreta continuità, non lesinando insulti reciproci, rimarcati dai cori anti bresciani, amici dei cesenati, scanditi dalla curva di casa.

In campo le emozioni sono davvero poche e, salvo qualche folata nerazzurra negli ultimi minuti, si arriva al 45’ senza sussulti. Nei minuti di recupero la difesa di Breda ne combina un’altra, concedendo un penalty agli avversari: dal dischetto va Cascione che non sbaglia e regala la promozione ai suoi. L’esultanza con i tifosi giunti dalla Romagna è di quelle da immortalare e da lì alla fine sarà soltanto una festa scandita dal boato di gioia al triplice fischio del direttore di gara.

Nelle fila latinensi c’è grande delusione con molti giocatori che si gettano in terra piangendo, consolati però dai tifosi che rimangono all’interno dello stadio per battergli giustamente le mani: qualunque sia stato l’epilogo, si è trattato di un’annata incredibile per tutti a Latina.

Quando decido di tornare verso la macchina, il Cesena è ancora tutto sotto la propria curva, con giocatori e staff che festeggiano a suon di gavettoni e lancio di maglie ai tifosi. Per i bianconeri si tratta di un ritorno nella massima serie dopo solo due anni di purgatorio, una promozione insperata e che, per quanto emozionante, dovrà certamente suggerire alla società un intervento massivo in fase di mercato.

Il ritorno a casa porta con sé la consapevolezza che forse si è trattato dell’ultimo evento di questa stagione sportiva. Da una parte è un peccato, ma dall’altra anche un gran toccasana per riempire, d’ora in avanti, le mie domeniche con mari, laghi, montagne. L’importante è che stadi e palazzetti non siano poi troppo lontani.

Simone Meloni.