Vardar-Rosenborg non è stata la partita più bella dell’edizione 2017-18 dell’Europa League. Questa è una doverosa premessa, necessaria nella narrazione calcistica odierna sempre impegnata a far diventare tutto spettacolare e incredibile. È stato un onesto incontro fra due squadre già largamente fuori dalla corsa alla qualificazione. In più il Rosenborg aveva anche finito il campionato norvegese (in testa), quindi l’approccio alla partita assomigliava davvero a un incontro di vecchie glorie, di quelli che andavano di moda negli anni Ottanta.
Dopo questo quadro idilliaco, pieno di premesse interessanti, entriamo nel vivo della gara. Un giovedì sera freddissimo, con il termometro intorno allo zero. In mano gli immancabili semi di girasole che fanno tanto Est Europa e si va. Compro il biglietto da un bagarino (o forse era un ragazzo che aveva commesso un incauto acquisto e voleva rientrare di qualche dinaro) che me lo fa pagare meno del prezzo di listino (grazie soprattutto all’intercessione dei miei compagni di partita).
Lo stadio è molto bello, rinnovato meno di dieci anni fa. Non a caso ha ospitato la finale di Supercoppa Europea in agosto. Siamo in tribuna, dalla parte opposta rispetto a quella stampa. Nella nostra area ci sono un bel po’ di persone, che quasi riempiono il settore. La curva alla nostra destra è chiusa. La tribuna di fronte a noi è quasi completamente vuota. A sinistra c’è la curva occupata dai Komiti che saranno in 500, tifoso più, tifoso meno. Sono presenti anche una cinquantina di sostenitori del Rosenborg. “C’è un volo low cost dalla Norvegia” mi spiega Vladimir, che insieme a Grisha è il mio compagno di tifo per stasera. È un ragazzo di Skopje, parla italiano e tifa Vardar. Sarà lui a svelarmi un po’ di segreti del calcio macedone.
Chi si ricordava il Vardar arrembante dei preliminari di Champions League sarà rimasto molto deluso assistendo alla partita contro il Rosenborg. Eppure i rossoneri sono partiti molto forte, pressando la lentissima retroguardia norvegese. A conferma ulteriore arriva il vantaggio della squadra di casa, su una leggerezza del centrale bianconero, che si è fatto infilare dalla punta, che ha prima difeso palla, aspettando l’uscita del portiere, e poi lo ha preso in controtempo.
“Oggi non c’è molta gente, ma considera che in campionato ce n’è sempre molta meno. Neanche mille persone. Tranne che per i derby e la partita con lo Shkendija”. Il livello del torneo nazionale è veramente basso e la gente preferisce rimanere a casa a vedersi le partite in tv. La rivalità etnica ravviva quella calcistica, anche se le Forze dell’Ordine impongono orari complicatissimi, proprio per prevenire possibili scontri e tensioni.
Nel frattempo i Komiti, che devono il loro nome all’organizzazione di resistenza macedone contro gli Ottomani, cantano e sostengono la squadra, vanno a tempo e fanno molti battimani. Purtroppo lo stadio è enorme, spropositato rispetto ai loro numeri e sentirli non è semplice. La gara procede e il Vardar prova a legittimare più volte un doppio vantaggio, fino a quando il laterale destro di centrocampo prova un dribbling di troppo e poi con un gesto folle, inventa un retropassaggio di trenta metri che mette in porta l’attaccante del Rosenborg. Il portiere potrebbe metterci rimedio, ma si addormenta e ormai in ritardo falcia la punta. Rigore e 1-1. Segna Nicklas Bendtner, vecchia conoscenza del campionato italiano.
Si va negli spogliatoi con questo risultato e calcisticamente la partita finisce qui. Il secondo tempo è una noia mortale. La temperatura è scesa ancora. Il Vardar fa uno sterile possesso palla, ma non impensierisce quasi mai la retroguardia ospite. Le uniche due emozioni degne di essere raccontate non hanno niente a che vedere con il calcio. La prima: un cane invade il terreno di gioco e arriva fino a centrocampo dove incontra il portiere di casa. Lo stadio intero ha un moto vitale e lo acclama. L’estremo difensore si accorge dell’ospite e gli si fa incontro. In un attimo il cane è a terra in attesa delle meritate, secondo lui, coccole. I tifosi esultano ancora di più. Entrano gli steward, lui si alza e scappa via. Diventato una star virale su internet, verrà ritrovato qualche giorno dopo e fotografato a dovere. Chissà che non si sia guadagnato un vitalizio.
Il secondo fatto degno di nota è che nel secondo tempo i Komiti, in barba alle restrizioni Uefa, danno vita ad un discreto spettacolo di pirotecnica. Niente da ricordare negli annali di storia del tifo, ma almeno danno segnali di vita dopo che per tutto il primo tempo si erano limitati solo a cantare dietro al grande striscione che riporta la scritta Komiti Skopje in cirillico. Ma non è finita: a un certo punto un gruppetto di supporter prova ad invadere il campo, mettendo a dura prova gli addetti alla sicurezza con la pettorina dell’Uefa. Presto però si schiera la polizia in antisommossa. Non sembrano tipi con cui poter venire a compromessi e l’idea di entrare in campo decade. Onestamente né io né nessuno nelle vicinanze della mia postazione, ha capito quale fosse l’intento della tifoseria.
La partita si conclude come era finito il primo tempo, con un 1-1 che accontenta entrambe le squadre. Il Vardar muove la classifica che era ancora ferma a zero. Il Rosenborg si assicura il terzo posto, che non porta a niente ma salva la faccia in un girone molto competitivo con Zenit San Pietroburgo e Real Sociedad.
Gianni Galleri – Curva Est